24 febbraio 2012

Canzone per Lara

Il mare illuminato dallo sguardo
Limite di occhi tra barche che fan baluardo
E perdere baci rubati da occhi lontani
Voti mai stati in pensieri mai nati

E non servono parole, men che mai questa canzone
E non servono le lacrime che piovono in questa stagione
Solo una culla dove posare un pensiero raccolto nelle mani
Quel che conta alla fine del giorno è restare umani

La mia penna scrive su un cielo di piombo
La pioggia si lava di sangue caldo
Dalle promesse esalano i resti
Di pietà armata e nuda sotto le vesti

Il sole attraverso un mirino
Il vento un grilletto soffio di un cecchino
Uccide in pace il lampo di orda distorta
esplode in fragore: pietà l'è morta

E non servon lacrime, men che mai questa canzone
E non servon le parole che si strozzan nelle gole
Tornare a casa e trattenere nelle tue mani la
curiosità sospesa di entusiasmo nel domani
3 marzo 2012

21 febbraio 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 4

Così, nel cuore della notte, una domanda rimbalza nella testa di Herbert: chi lo ha detto che non si può tornare indietro?
Esiste una regola scritta, in una qualsiasi legislazione dell'universo spazio-temporale, che vieti di cambiare idea?
Spesso si era trovato a ridere con gli amici, i poschi rimasti, della massima autolesionista secondo la quale solo gli idioti non cambiano mai idea. E giù risate per coprire con il rumore quella giustificazione posticcia e di bassa lega intellettuale.
Volendo prenderla sul serio, appare chiaro che non lo si può fare in continuazione, il mutare la propria opinione. Sarebbe schizofrenia e si entrerebbe in un campo alquanto melmoso.
Restando alla vita quotidiana, Herbert, sa bene che nella vita si possono prendere decisioni errate ma vi si può porre rimedio.
Era solito usare, nei serrati e poco proficui colloqui con se stesso, la metafora scontata della corda. Il passaggio repentino e continuato tra il bianco ed il nero, tra accensione e spegnimento di una volontà, è sempre una corda che viene tirata. Sostanzialmente elastica ma sottoposta al rischio materiale del lacerarsi e lasciarti con il culo per terra.
Il suo ego ha sempre sostenuto che gente come loro ha innumerevoli possibilità di sbagliare e di cambiare, di ritornare sui propri passi, di ricalpestarli in continuazione, anche se con leggere deviazioni.
Lui, invece, teme che a volte le occasioni siano contate e che la corda possa spezzarsi.
Il timore si accompagna alla consapevolezza di aver fatto bene. In totale contrapposizione.
Nella sua testa si aggirano questi rapinatori neuronici di pace che fanno scempio del gusto che si prova nell'assaporare il momento.
Dualismi che lo dilaniano.
Paradossi poco zenonici e sempliciotti sui quali tenta di costruire un propria filosofia del quieto vivere.
Giusto o sbagliato?
Possibile o non possibile?
(Sopratutto) Accettato realmente da altri oppure rifiutato?
Bonnie e Clyde...

18 febbraio 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 3

"Cosa hai pensato appena sveglia questa mattina?"
Non sentendo risposta. Sapendo di non poterne avere una, Herbert apre la serranda di camera.
Fuori piove. Mi sembra il minimo, si sorprende a pensare, il mio mondo ha bisogno di essere lavato.
Cerca di capire se stesso perchè da un pò di tempo non ci riesce.
Così come non ha chiara la volontà della società in cui vive.
Il comportamento dei suoi simili, negli ultimi decenni, era diventato intollerabilmente insopportabile.
Politica e scambio di favori erano la moneta quotidiana con la quale faceva le transazioni della sua anima. Ogni volta ne perdeva un pezzo. Ogni volta si sentiva più povero dentro.
Avesse potuto, almeno, barattararla per un pò di felicità. E poi?
Ci sono persone, come lui, che non sono avvezze alla felicità. Non perchè siano tristi, anzi. Il problema è che un forte realismo lo spinge, da sempre, a sapere che la felicità non dura per sempre; che prima o poi lascia il posto ad altro; che la vera gioia sta nella ricerca.
Quella ricerca lunga e faticosa che porta avanti da sempre, accompagnata dal rifiuto di una qualsiasi stabilità. O di quella normalità non banale che teme tanto.
Fuori continua a piovere e si accende una sigaretta.
Espira in una nuvola di fumo un altro pezzo di se e si ritrova a fissarsi le mani e a riflettere su quanto sembrino perfette per accogliere il suo viso.
Quel viso che era stata la prima immagine appena sveglio.