12 dicembre 2015

Ci sono molti modi (?)

Io conosco un solo modo: il mio.
Chiaramente, ognuno ha il proprio ma molti riescono a smussarne certi aspetti, in virtù di benefici. Sociali, interpersonali, lavorativi, economici, edonistici e così via.
Ma io conosco un solo modo. Le nuove generazioni, quelle fast & furious, direbbero "gas in fondo".
Io conosco solo un modo di fare le cose: fino in fondo.
Non riesco a concepire le mezze misure, le sfumature, gli equilibri forzati.
Provare e sbagliare è una delle cose in cui son più bravo. Ma almeno non ho rimpianti. A questi preferisco i rimorsi, le ipotesi a posteriori, l'accettazione del fallimento. La resurrezione dalle ceneri dei miei sbagli.
Negli anni ho solo iniziato a dosare e miscelare un pò di pazienza, per cercare di domare l'impulsività che mi ha portato a sbagliare strada più di una volta.
Anche adesso, scrivo di getto, non penso più di tanto alle parole che imbrattano il bianco della schermata.
Io conosco solo un modo anche se, con ogni probabilità, ce ne sono tantissimi.

"...I can accept failure, everyone fails at something. But I can't accept not trying..." (MJ #23)

24 ottobre 2015

Quello che non è

Rivedo una versione più giovane di me. 
Sono sempre io con qualche anno in più ma per il resto è tutto uguale. 
Bicchierate di ghiaccio ed un accenno di alcol, musica con troppi bassi e gente vestita a festa. 
Sarà ma il luogo non mi appartiene. Non mi includeva 20 anni fa, figuriamoci oggi che ho una consapevolezza di me maggiore. 
Ascelle pezzate e trucco tipo il joker di Batman sono padroni della festa. Inchiodati a fingere di esser quello che non sono.
Non ballo. Al massimo, mi muovo. La gente balla ma io no. Come in quel film di qualche anno fa, io ballo da solo. Non mi omologo, non mi unisco alla massa. Questo non vuol dire che abbia "ragione" io...ma, probabilmente, neanche loro. Loro, con questa tendenza a pretendere di essere altro da quel che si cela sopra i tacchi/trampoli.
Almeno oggi ho abbandonato quegli sguardi di traverso che dicono: son qua! Potremmo divertirci insieme. 
Oggi so che, tu ed io, non ci divertiremo mai. So che viaggiamo su strade diverse e, sulla mia, non ti ci voglio. 

Ed il dj continua a metter musica, fingendo di essere quello che non è. 

23 luglio 2015

Sociologia: La settimana della normalizzazione

Tempo fa ho preso una decisione ed ho inaugurato quello che potrebbe diventare un rito peridodico.
Spesso, ho la sensazione di avere dei sospesi con le persone. Per motivi diversi tra loro come diversi sono i rapporti che ci legano. Non necessariamente niente di grave o gravoso.
Questa è una cosa che, sinceramente, mi è sempre riuscita difficile da accettare, quando si tratta di persone di cui mi importa qualcosa.
Quindi, ecco la grande idea: La settimana della normalizzazione
In cosa consiste?
Dopo avere deciso quali sono le persone con le quali vale la pena chiarire, mi sono preso una settimana per farlo. Sette giorni nei quali ho programmato incontri per esporre i dubbi su determinati rapporti che coinvolgessero me e l'interlocutore.
Non è detto che possa portare a miglioramenti sensibili nei rapporti ma, di sicuro, serve per metter sul tavolo le carte e proseguire con la mano successiva.
Ho tentato di normalizzare con la ex, diventata amica, perchè pensavo che, dopo anni, non le bastasse.
La settimana è proseguita con l'eterna indecisa per capire da che parte volesse andare e se ci saremmo andati insieme.
La sette giorni si è conclusa con un'altra ex che sistematicamente mi evitava (suppongo perchè spaventata) e questo non ha mai permesso di costruire un (post) rapporto da persone adulte.
Diciamo che l'esperimento normalizzatore è da provare anche se i risultati non sono stati particolarmente incoraggianti.
Con l'amica tutto ok. Chiarito e avanti tutta.
La ex sfuggente, in piena sindrome "carissimo Pinocchio", ha sostenuto che non fosse vero, anzi, solo il destino cinico e baro non ci permetteva di avere un rapporto amichevole e maturo.
L'indecisa è rimasta indecisa e, per quanto mi riguarda, persone che non hanno le palle di scegliere non le voglio intorno.
Concludendo, consiglio la settimana della normalizzazione.
Mal che vada, berrete qualche birra in compagnia.

17 luglio 2015

O paese d'o sole!

Mi è capitato di fare un colloquio per una cooperativa sociale. Proprio in questi giorni.
La cosiddetta posizione aperta riguarda progetti legati ai migranti. Proprio quei migranti di cui sentiamo parlare ogni giorno sui medium.
La cooperativa gestisce, assieme ad altre, un paio di strutture di prima e seconda accoglienza.
Nelle prime arrivano migranti che necessitano di tutto. Nella seconda, dopo avergli dato una ripulita, vengono ospitati alcuni "meritevoli".
Successivamente al colloquio, ho contattato alcune persone che conosco e che lavorano in questo campo.
Il quadro di desolazione lavorativa ed organizzativa che ne è uscito è sconsolante.
In soldoni, si tratterebbe di lavorare in questi parcheggi per esseri umani, ricoprendo una figura che si avvicina a quella del badante.
Chi arriva, fugge da qualcosa. Ma chi arriva non ha assolutamente gli strumenti conoscitivi e/o sociali per vivere una realtà assai diversa da quella d'origine.
La paga: una miseria.
Gli orari: turni con orari che abbracciano anche quei momenti che, di solito, sarebbero dedicati, alla vita privata.
Tutto questo lavoro porterebbe, ed è una delle cose agghiaccianti, a far avere, alle persone che hanno raggiunto il nostro paese sfidando la morte, la negazione di quel permesso di soggiorno/stato di rifugiato politico che è il motivo per cui questo stesso lavoro esiste.
Insomma, questo è il nuovo business!
Alberghi, e simili, che ospitano i migranti ricevono bei quattrini per ogni ospite.
Le cooperative, che gestiscono tali servizi, ricevono fior di quattrini.
Gli operatori ridevono quasi un cazzo.
Risultato: tenere parcheggiate le persone per tempi che superano l'anno e poi dir loro che dovranno tornare da dove vengono.
Risultato 2: piuttosto che tornare al paesello, scappano.
Non ci indignamo per gli aiuti economici dati ai migranti ma per come tutto, in questo paese, serva solo a riempire qualche tasca.
Non ci indignamo perchè agli stranieri concediamo benefici negati agli autoctoni ma perchè le risorse spese sono fini a se stesse e servono per alimentare un sistema.
Non ci indignamo ma aspettiamoli sulla porta e, sorridendo, diciamo a noi stessi: benvenuti in Italia!!!

PS: grazie a chi mi ha chiesto di non chiudere questo blog. Senza non avrei scritto ancora una volta qua sopra.

18 giugno 2015

C'è un tempo...

C'è un tempo per scrivere ed uno per leggere...
C'è un tempo per suonare ed uno per fare silenzio...
C'è un tempo per riflettere ed uno per non pensare...
C'è un tempo per aver tempo ed uno per la fretta...
C'è un tempo per comunicare ed uno per capire...
C'è un tempo per aprire un blog ed uno per chiuderlo...
...a breve...

18 gennaio 2015

Hear the sirens...

"...It’s a fragile thing, this life we lead, if I think too much, I can’t get over
When by the graves, by which we live our lives with death over our shoulders
Want you to know, that should I go, I always loved you, held you high above too
I studied your face, the fear goes away..."