18 giugno 2020

Consigli

L'episodio della cena, al momento dell'ordinazione, conferma un sospetto che ho sul Cammino Primitivo.
E' il cammino più antico, fatto dal re di Spagna prima della Reconquista. Anche perchè più a sud era difficile passare. Turisticamente parlando, invece, è abbastanza recente.
Mentre sul Francese si respirano la storia, le tradizioni e l'accoglienza, qua ho un pò l'idea che ci sia più commercio. Fino ad ora è tutto splendido ed a prezzi popolari ma, rispetto al Francese, sembra mancargli qualcosa.
Se dovessi consigliare un percorso sarebbe sicuramente quello che ha origine in Francia.
Almeno per iniziare.
A chi mi chiede consigli riguardo alle vie per Santiago, rispondo sempre che, a mio parere, la cosa migliore è partire da Saint Jean e arrivare fin dove il tempo a disposizione lo permette.
Chiaramente, questo comporta il dover "ipotecare" le ferie dei futuri due o tre anni per finire tutti gli 800 chilometri. Ai quali, qualcuno aggiunge il tratto che porta sull'oceano, fino a Muxìa e Finisterre.

Berducedo, 14 Agosto 2019

17 giugno 2020

La Ruta

Mi sveglio presto. Al solito.
Oggi, mi attende la Ruta des Hospitales.
Da Campiello, circa 24 chilometri in salita, circondato solo dal vento, fino a Puerto do Palo.
Passo quattro ore in un paesaggio rimasto antico, tra rovine dei luoghi che ospitavano i pellegrini, natura e animali liberi.
Mi fermo per mangiare un mezzo panino.
Mi fermo per evitare di farmela addosso.
Mi fermo mentre il vento soffia ancora.
La bellezza del posto fa andare le gambe in maniera fluida e, mentre il fiato si fa grosso, riempio i polmoni di quella natura primitiva.
Gli occhi si dividono: il vedere di mettere a terra passi sicuri ed il tentativo di immagazzinare lo spettacolo quasi incontaminato di questo percorso antico.
Il cuore si gonfia per le immagini che gli arrivano dagli occhi.
Camminando nella mia meravigliosa solitudine, la fatica cresce parimenti alla gioia che provo.
E come accaduto sui Pirenei: sono sopraffatto da quello che mi circonda e sono grato.
Sono grato a me stesso perchè, ancora una volta, ho vinto delle paura e mi sono rimesso le scarpe.
Mi sono incamminato verso un qualcosa di non conosciuto, con la mia "casa" sulle spalle e la curiosità di saperne di più: sul mondo la fuori e su me stesso.
Riprendo fiato sulla cima e comincio la discesa spaccacaviglie che, da Puerto do Palo, mi porterà a Berducedo.
Il sentiero per scendere, la solita semi-pietraia, è ripido; ho bisogno di grande attenzione per evitare eventuali scivoloni. Una caduta potrebbe avere conseguenze poco piacevoli.
Tipo che magari mi sporco i vestiti.
A Berducedo arrivo con l'albergue ancora chiuso, rischio di farmela sotto (di nuovo) ma alla fine mi viene aperto. Dopo un'attesa di un'ora e mezza...
Mi lavo e lavo i vestiti.
Poi, quando arrivano gli altri, ce ne andiamo a bere birra e riposarci.
A cena, ci sono anche Michele e due signore svizzere.
Una delle due è un pò in la con la vita, la seconda un pò più in forma. Ed il trentenne Michele è invaghito di questa sessantenne che viene dal paese neutrale per eccellenza.
A tavola, lui la guarda con aria sognante, lei gli versa l'acqua come se fosse il figlio o il nipotino.
Esilarante.
Al momento di ordinare, dico alla cameriera che non mangio pesce ma, quando ordino pasta col tonno, si risente come se avessi tradito la grande fiducia che riponeva in me.
Prossima volta dirò che non mangio pesce ma il tonno, si.

Berducedo, 14 Agosto 2019

16 giugno 2020

Fare il punto

Esattamente due anni fa, cominciavo il mio primo cammino, partendo da Saint Jean.
In due estati ho percorso il Francese, inteso come cammino.
Con questa, sono tre estati che decido di avere questa esperienza di vacanza molto particolare.
Anzichè riposarsi, si va a cercare la fatica.
Invece di scaricare la testa, la si riempie di cose meravigliose.
Dopo tre anni, posso di dire di avere una sorta di ricorrenza, o rito estivo.
Questo mi permette di poter fare il punto della situazione sulla mia vita.
La vita lavorativa va bene, sempre meglio.
La vita privata è un rollercoaster con il vento dei ricordi che mi sferza la faccia.
ESSE ed io abbiamo preso strade diverse ma, per me, noi saremo legati indissolubilmente al cammino.
Memorie ed emozioni vecchie e nuove si intrecciano e si confondono; girano formando spirali di pensieri e ricordi che non voglio lasciar andare.
Quando sono in cammino, certe volte, mi prende un pò di malinconia.
Quest'ultima lascia il posto a tutta una serie di "what if" che si concludono, sempre, con la convinzione che un suicidio rituale sia meglio di una lenta agonia. E' veloce, non sporca le cose belle e non logora.
Due anni fa, c'era anche Ale.
Quei giorni l'hanno fatta entrare nel posto speciale che dedico alle persone che, per me, hanno un significato importante.
Ed è lì che la custodisco.

Campiello, 13 Agosto 2019

15 giugno 2020

Avventure

Arrivo a Campiello dopo una tappa in solitaria.
Casa Herminia è un albergue totale: ristorante, tienda, market, bar, circo, opificio, base spaziale e chissà cosa altro.
Sono il primo ad arrivare in camerata e mi godo una doccia in serenità e con la lentezza concessa dal non avere una fila di persone che aspettano.
Mentre stendo i panni, faccio la conoscenza di una ragazzo spagnolo che ci tiene a farmi presente che lui è un camminatore-alpinista-supereroe ma che, camminando con un amico in sovrappeso, va piano per aspettarlo. FilantropMan.
Il clima del paesino è molto piacevole e arrivano anche tutti gli altri conosciuti in precedenza.
In realtà, Campiello è una piazza lungo la via principale. Tipo paese di montagna.
Per pranzo, menu del pellegrino che, ad un costo veramente basso, nutre per almeno due o tre pasti (salterò la cena).
La tavolata è composita, tra spagnoli ed italiani.
Ci sono Vera e Daniela. Quest'ultima, milanese doc, superata una separazione e superati i cinquanta ha deciso di provare quest'avventura.
Per quanto mi riguarda, l'avventura è capire che lavoro fa.
Psicologa? No. Mental coach? No. Aiuta gente a fare cose e vedere gente? Forse...
Pomeriggio e sera passano tra amabili chiacchiere e birrette.
Marco, Dennis, Antonio e gli altri.
Siamo tutti qua.
Domani, sarà la volta della Ruta des Hospitales.Questo tratto è l'antico sentiero in quota dove, per "hospital", si intendeva il luogo atto ad accogliere i pellegrini sulla via per Santiago.
Ne parlano come di un tratto molto impegnativo e, in caso di maltempo, pericoloso.
Dopo O'Cebreiro anche qua abbiamo la nostra "cima Coppi".
Ogni cammino ha il suo spauracchio, il suo pezzo di strada che, ingigantito come nei racconti di un pescatore ballista, assume i contorni dell'avventura epica e sovraumana.
Si sentono cose che spingerebbero anche Ercole a scendere di casa in ciabatte, fermarsi al bar e ritornare a letto dicendo a tutti "oggi non mi sento mica tanto bene..."
All'accoglienza dell'albergue, la signora alla reception ha provato a convincermi a prendere auto per eliminare i primi 7 chilometri della tappa e partire direttamente ai piedi della Ruta. La trovo una proposta quasi offensiva anche se lei si giustifica dicendo che fino a quel punto non c'è niente di interessante da vedere e che avrei risparmiato le forze. Pessima proposta e pessime motivazioni.

Campiello, 13 Agosto 2019

12 giugno 2020

Sensazioni di agosto

Tappa piacevole. Faccio lunghi tratti con Cristian e Cloty.
Parlo parecchio con lui perchè lei non parla inglese.
Con loro, Kike, anche lui di Barcellona. Era sul mio stesso autobus all'aereoporto di Oviedo.
Lungo la salita che porta a La Epsina trovo un fazzoletto per terra. E' pulito e lo raccolgo.
Qualche metro dopo, raggiungo Antonio. Il fazzoletto è suo.
Camminiamo insieme. Sulla cinquantina. Viene da Fiuggi.
Mi racconta della sua famiglia, dei figli che giocano a golf, del suo lavoro. Il tutto con quell'accento tipicamente basso-laziale.
Decido di fermarmi a La Espina.
Lui prosegue ma dopo una mezz'ora ritorna e alloggia dove sono io, all'albergue El Cruce.
Faccio una lavatrice condivisa con altri mentre il posto si riempie.
Arriva anche Dennis e faccio la conoscenza di Marco. E' un ingegnere di Ostuni che vive e lavora, da anni, a Torino.
La prima impressione che ho non è di delle migliori. Mi ricrederò nel giro di una manciata di minuti mentre, seduti su una panchina, parliamo e fumiamo una sigaretta (o due o tre).
Si forma un gruppetto spontaneo di italiani per la cena.
Mentre Carmen, proprietaria di El Cruce e del market al piano strada, è molto gentile, il ristorante dove andiamo è un pò più freddo.
Mangiamo un menu del pellegrino in uno stanzone fermo agli anni settanta: i colori alle pareti, i mobili, le stoviglie.
Non c'è quell'accoglienza che ricordavo sul francese e non percepisco le vibrazioni da cammino: il senso di comunità, il connettersi con i luoghi che mi vedono solo di passaggio.
Ieri sera, a San Juan, è stato molto diverso.
L'albergue piccolo e isolato, la pioggia incessante che non permetteva di stare fuori rendevano una sensazione di vicinanza.

La Espina, 12 Agosto 2019

11 giugno 2020

Compartir

Non riesco a non ripensare a due anni fa.
Alle sensazioni passate.
A chi c'era, a chi ci sarebbe potuto essere e a chi non c'è più.
Rifuggo con forza l'idea di una ricerca che mi porti al volere una copia di ciò che è stato.
Sarebbe una replica sbiadita.
Tengo il passato ben saldo dentro di me e mi rendo conto che questo cammino servirà per andare oltre.
Voglio costruire un futuro che mi possa donare un ulteriore nuovo passato. 
Voglio vivere il presente come la somma dei vari istanti, come un  ponte verso quello che sarà.
Arrivo all'albergue di San Juan de Villapanada.
Piccolo ed isolato, come piace a me.
Conosco Cristian e sua madre, Cloty. Sono di Barcellona e dal Cammino de El Salvador sono arrivati sul Primitivo.
Anche Nurya è catalana, di Girona. Parliamo e ci scambiamo i numeri di telefono anche se abbiamo programmato tappe diverse e non so se riusciremo a ritrovarci. Viaggia con un'amica, istruttrice in palestra, che l'accompagnerà solo per le prime due tappe. Per farle coraggio.
L'hospitalero, un signore tarchiatello sui sessanta, è la vera superstar.
Si comporta come una mamma dietro ai propri figli.
Appoggio le scarpe nell'ingresso e lui le riporta fuori.
Stendo un filo tra i letti per i panni, lui arriva e lo toglie.
Ci fa una lavatrice comune e sostiene che potremo stendere fuori.
Dopo dieci minuti si scatena un diluvio...
Il fatto è che non sei superstar per niente: prende i panni bagnati, li mette in un sacco e li porta in paese per asciugarli in una secadora.
La sua gentilezza è direttamente proporzionale alla probabilità di calzini orfani del proprio omologo.
La superstar ci informa che non è prevista cena ma che si può prendere vino e birra. Ed i prezzi sono molto popolari.
Tutti mangiano quello che hanno nello zaino e ce lo offriamo l'un l'altro.
Dividiamo bottiglie di vino e birre.

San Juan de Villapanada, 11 Agosto 2019


10 giugno 2020

Opposti

Parto molto presto. Tipo le 5.
Esco da una Oviedo semideserta.
In giro, ci sono io e persone che rientrano dalla serata precedente. Taxi in fila che aspettano di iniziare la loro giornata fatta di chilometri e sconosciuti.
Il contrasto tra me che inizio e gli altri che finiscono è abbastanza affascinante.
Loro sono alla fine di una notte che gli lascerà in dono il mal di testa alcolico del day after; io, invece, sto compiendo i primi passi di questa nuova avventura.
Ieri, fuori dall'aereoporto, ho conosciuto Dennis, romagnolo.
Ci siamo salutati per raggiungere i rispettivi albergue e ci siam ritrovati per ora aperitivo/cena.
Abbiamo preso confidenza con la sidra asturiana. Leggermente gassata e dal sapore docleamaro (più dolce, in verità).
Chi la serve tiene il bicchiere ad altezza coscia e versa con il braccio quasi disteso sopra la testa.
Inutile dire che un parte finisce per terra o sui loro pantaloni.
La procedura serve per liberare il gas dalla bottiglia e rendere la sidra più "ferma".
Andiamo a dormire presto, augurandoci buen camino.
Sono riuscito a lasciare Oviedo non senza difficoltà. All'interno della città, le conchas (conchiglie) sono un inserto bronzato nei marciapiede. Questo mi porta a stare molto attento perchè non sono poi così visibili.
Mentre la città dorme, o torna a casa, raggiungo il quartiere Florida e la periferia, quindi mi inoltro in un bosco.
Accompagnato dalla pioggerella asturiana: fine ma non sgradevole.
L'asfalto si alterna con i boschi; il terreno duro si scambia di posto con la scivolosa morbidezza della natura.
Finalmente, ritrovo la meravigliosa solitudine del camminare.
Sono solo ma posso stare con me stesso, con i miei pensieri. Ed un occhio a dove metto i piedi.
Intanto ritorna la memoria fisica del camminare, dei suoi dolori leggeri, della sua fatica sopportabile dovuta ai continui saliscendi.
Arrivo a Grado nel pieno del suo mercato settimanale. Ed io non amo i mercati. Mangio un panino, scalzo, di fronte ad una chiesa. Io sono senza scarpe, non il panino.
Riposato il corpo e con lo spirito leggero, decido di non fermarmi in questa cittadina (che sarebbe una delle tappe "da guida").
Faccio la spesa in un supermercato e riparto verso San Juan de Villapanada.

Grado, 11 Agosto 2019

9 giugno 2020

Aereoporti

All'imbarco del volo per Barcellona, fanno accedere per gruppi: prioritario, prioritario bagaglio in stiva, prima le donne e bambini, i biondi, quelli da Pavia in su...
Come nella vita, non siamo tutti uguali. Inutile negarlo: non partiamo tutti alla pari.
Triste? Probabilmente si ma è così.
Intanto, grazie alle mie grandi doti investigative, capisco che il volo è in ritardo. In effetti, dovevamo essere partiti da cinque minuti.
Due anni fa, ero partito con l'idea che si nasce, si cammina e si muore soli.
L'incontro con ESSE aveva cambiato la mia prospettiva.
Ho pensato sul serio che potesse esistere un vivere diverso; un vivere socialmente più "strutturato" e inquadrato.
Le mie nuove convinzioni sono state rafforzate dalla seconda parte del Cammino Francese, fatta lo scorso anno.
Incontri su incontri, condivisione di momenti, noi ancora insieme.
Insieme per camminare fianco a fianco, per concludere quanto iniziato l'estate precedente e poi andare oltre.
Poi, il cammino condiviso si è interrotto, lasciando sentimenti e ricordi.
Rimpianti o rimorsi? Non credo. Resta la consapevolezza che vivere è fatto anche di questi accadimenti e delle eredità che gli incontri e gli addii lasciano.
Una storia nata "in cammino" che ha continuato a camminare fino a quando è stato possibile.
Legata al Cammino, inevitabilmente. Anche lo zaino, immobile e fedele ai miei piedi, lo ricorda, in un guazzabuglio elettrico di scintille che aprono squarci sul passato.
Intanto, anche il secondo volo è in ritardo.
Comincio ad incrociare qualche pellegrino ma, questo già lo so, fino a quando non compirò il primo passo, i miei canali di comunicazione saranno ancora in modalità "normale". 
Fino a quando non inizierò a camminare, me ne sto per conto mio.

Barcellona, 10 Agosto 2019

8 giugno 2020

Si riparte!

Inizia sempre così: in un aereoporto.
Questa volta sono in quello Firenze.
Il bus mi ha lasciato qua davanti e sono al gate che attendo.
Inizia sempre così: le stesse sensazioni.
Emozione e timore.
Il Cammino Primitivo, tra Asturie e Galizia, ha il grosso dilemma della qualità del tempo.
Ho modificato un pò l'equipaggiamento: scarpe in gore-tex, ghette, poncho.
Non so cosa lascio a casa ma mi sembra di lasciarci qualcosa. Di indefinito.
Cosa o chi non lo so.
Sembra che abbia un'immagine sfuocata impressa negli occhi e so che solo i giorni in viaggio la renderanno nitida.
Ad ogni modo, da domani si cammina.
Di nuovo.
Passo dopo passo.
Metro dopo metro.
Chilometro dopo chilometro.
Esperienza dopo esperienza.
Cercando di alleggerire cuore e testa con l'incedere vagabondo del pellegrino.
ULTREYA!

Firenze, 10 Agosto 2019

6 giugno 2020

Verso la fine - Parte Seconda

Leon - San Martin del Camino - El Ganso - Ponferrada - Villafranca del Bierzo - La Faba - A Balsa - Ferreiros - Ligonde - Melide - O Pedrouzo - Monte Do Gozo - Santiago.

Questi i posti posti dove ci siamo fermati sulla via per Santiago.
Proverò a scrivere due note per ogni tappa. In base alla memoria.

Monte do Gozo
Il primo posto da cui si vede, finalmente, Santiago.
Negli anni 90, la Xunta de Galizia ha investito parecchi soldi in tutta la regione per implementare il Cammino.
Ci hanno visto una fonte inesauribile per il turismo e così è stato.
A Monte do Gozo c'è un monumento che ricorda il Cammino di GiovanniPaoloSecondo. Proprio qua hanno scavato la montagna e creato un luogo che può accogliere 4000 pellegrini (1000 per la questura di Roma).
Decidiamo di dormire li per partire presto la mattina dopo e fare gli ultimi 5 chilometri.
Sono tutte strutture messe in fila lungo una discesa. Saranno almeno venti ma, al momento, di sperte ce ne sono solo 2.
Più in basso, i resti dell'investimento.
Una piccola zona commerciale abbandonata.
Un mega anfiteatro all'aperto.
Una piscina ottagonale (o esagonale) gratuita ed in funzione.
Pare che nell'anfiteatro si svolgano ancora concerti.
Regna ovunque l'aspetto spettrale simil-MilanoExpo.
Il giorno seguente percorriamo, sotto una pioggerella fine, gli ultimi chilometr e siamo a Santiago!

Santiago
Dal cartello all'ingresso della città e pizza della Cattedrale ci sono ancora due o tre chilometri.
Li facciamo nel buio di una cittadina che ancora dorme.
Passando sotto una porta, accediamo alla piazza. Il clima è molto strano. Deserto.
Ancora oggi mi rendo conto di non essermi reso conto (scusate il gioco di parole) che il viaggio era finito.
Ancora oggi, ho il sospetto che la fine di quell'esperienza possa essere stata l'inizio della fine di altro.
Voglio pensare che possa essere stato un nuovo inizio per tutti e due.
Un inizio lento come il muoversi a piedi attraverso la Spagna.
Un inizio dilatato come lo stare insieme separati da due treni e trecento chilometri.
Un inizio di una fine che, nel profondo, non ci sarà mai e che, probabilmente, ci legherà per sempre. Anche se non lo sappiamo.
La fine di un cammino fisico che ci ha fatto scoprire il nostro cammino più bello.

(Il Cammino continua nel 2019...)

4 giugno 2020

Verso la fine - Parte Prima

Leon - San Martin del Camino - El Ganso - Ponferrada - Villafranca del Bierzo - La Faba - A Balsa - Ferreiros - Ligonde - Melide - O Pedrouzo - Monte Do Gozo - Santiago.

Questi sono i posti dove ci siamo fermati sulla via per Santiago.
Proverò a scrivere due note per ogni tappa. In base alla memoria.
L'uscita da Leon è, come tutte le partenze ed accessi ai grandi centri, orrenda. Sbagliare strada è un attimo ma alla fine la natura torna padrona.

El Ganso
Piccolo albergue e piccolo market. Tutti gestito, in piccolo, dalle stesse persone.

Ponferrada
Una tappa lunghissima ci porta a Ponferrada.
Dopo una discesa terrificante, l'idea era di fermarsi prima. A El Acebo.
Avevo una caviglia messa malissimo e faticavo a camminare.
Erano le 11 del mattino. L'albergue avrebbe aperto alle 13. Abbiamo deciso di proseguire per arrivare a Ponferrada. Dopo 40 chilometri.
Nell'albergue municipal ci sono le cimici dei letti. Alloggiamo in una albergo affollatissimo di pellegrini. Sembra Riccione in agosto. File bibliche per lavare i panni e stenderli (in ambiente senza finestre e con tasso di umidità livello Tokio in agosto).
Troppo stanchi per fare qualsiasi cosa, ci rifugiamo in una pizzeria gestita da italiani e poi letto.

Villafranca del Bierzo
Albergue splendido e gestito splendidamente. Cena comunitaria. Hospitalero inglese in pensione che mi racconta di come la sua vita sia arrivata lungo il cammino.
A pranzo mangio una roba che pareva essere carne di qualcosa chiusa nell'intestino di altri. Me ne sono accorto con il piatto in tavola.

La Faba e A Balsa sono albergue privati gestiti da italiani.
Il primo è a pochi chilometri da O'Cebreiro. Spezziamo la salita e decidiamo di partire presto per vedere l'alba dal punto più alto del Cammino Francese.
Rischiamo di perderla perchè ci fermiamo prima di arrivare, convinti di essere arrivati.
A Balsa è un albergue ecosostenibile. Immerso nel verde, con il sapone bio ed i prodotti bio.
Bellissimo. Anche il topino che attraversa la camerata prima di cena. Quando la natura vince su tutto.

Ligonde
Albergue da 20 posti, gestito a turno da gruppi di volontari. Cena comunitaria. Riflessione spirituale dopo cena. Mi scelgono per fare da traduttore: dall'inglese, all'italiano, al siciliano, allo spagnolo...ed un pò mi perdo...

Melide e O Pedrouzo
Siamo negli ultimi 100 km. Quando il cammino diventa più turistico. Non voglio essere snob. Evidenzio solo un dato di fatto.
Li chiamano "turistini". Sono gite organizzate che fanno gli ultimi chilometri. Partono tardi, riempiono i bar lungo la via, sono profumati.
Dopo giorni, è strano trovare in giro persone che si svegliano, fanno la doccia e si mettono in cammino. Non che il pellegrino medio puzzi ma l'atto di improfumarsi non gli appartiene.
Questi "turistini" danno un pò fastidio ma, alla fine, mi rendo conto che ognuno ha il proprio cammino e non può esser giudicato.
Ad onor del vero, ci ho messo almeno due giorni per placare il fastidio che mi provocavano.
Il pulpo di Melide sembra plastica.

Riflessi filmati

Sarò onesto. Dopo Leon non ho più scritto niente.
Quindi tutto è affidato ai ricordi e ai video giornalieri che registro e monto.
Ho iniziato lo scorso anno senza un'idea precisa e sono diventati una routine quotidiana dei miei cammini.
Se siete interessati, li trovate su Facebook
Cammino Francese (2018, parte seconda) https://www.facebook.com/watch/mr.phil.trainer/1150158658498339/

Al prossimo link, ci sono quelli dell'anno precedente.
Cammino Francese (2017, parte prima) https://www.facebook.com/watch/mr.phil.trainer/387486671832139/

3 giugno 2020

Le parole sono importanti

Mi sveglio presto mentre Leon ancora dorme.
Le strade, ieri sera brulicanti di persone e alcol, sono vuote.
In giro, solo i furgoni che riforniscono i locali di birra.
Vado in cerca di un podologo perchè ho un fastidio sulla sinistra della pianta del piede destro.
Ipotizzo sia quella roba chiamata occhio di pernice.
Armato di gambe e gugolmeps, ne trovo tre o quattro.
Sono ancora chiusi. Del resto è ancora presto. Tipo le 10...
Prendo appuntamento in una Clinica del Piè (così si chiamano in Spagna) per le 12.
Arrivo bello puntuale alle 11:55 e mi dicono che l'appuntamento era per le due (dos) e non le dodici (doze).
Mi rendo conto che basterebbe ascoltare bene le parole che mi vengono dette per evitare figure di mota.
Leon è l'ultima grande città del Cammino Francese e decido di girare per negozi in cerca di una maglia a maniche lunghe.
Ho solo una felpa ma, la mattina presto, fa effettivamente fresco ed ho bisogno di uno strato aggiuntivo.
Condivido la ricerca con Russel Claudio Crowe.
Alla fine prendiamo tutti e due una maglietta finto-tecnica della joma. Cinque euro per un giallo fosforescente visibile da Marte.
Pranzo con i partenti del gruppo pre-Sahagun.
Verso le 18 vado alla stazione dei pullman perchè arriva ESSE.
Domani, ricomincia il cammino. Insieme a lei.
Come lo scorso anno anche se è tutto diverso.
Il nostro rapporto non è più quello tra due sconosciuti che si sono incontrati per caso nella mattina buia di Roncisvalle.
Ho una sensazione strana. Questi sei giorni in solitaria mi hanno fatto scoprire un modo diverso di approcciarsi a questa esperienza. Totalmente senza legami. Questo mi porta qualche preoccupazione ma so che sarà solo con lei che potrò concludere questa avventura.

Leon, 16 Agosto 2018

1 giugno 2020

Leon

Oggi, ancora Leon.
Fermandomi qui per due notti, ieri ho fatto il turista.
Ho visitato la Cattedrale (La Pulchra Leonina), Casa Botines, la Real Basilica de San Isidoro, il museo de Leon.
La città è stata sede di una legione romana.
Durante la conquista araba era una roccaforte della cristianità.
Per come stanno andando le cose, sarebbe stato meglio si fossero dedicati ad altro.
Mi sono ritrovato per cena con Claudio, i ragazzi incontrati alle porte si Sahagun ed altri che non conoscevo.
Eravamo 14.
Avete presente cosa vuol dire trovare un ristorante che possa ospitare tutti?
Non solo. Trovarne uno che vada bene a tutti. Livello di difficoltà: parcheggiare a Roma.
Alla fine il gruppo si è diviso in due. Chiaramente.
Ho mangiato un piatto con patate fritte, peperoni, pancetta cotta nell'olio e un'altra roba a metà tra il sugo per i crostini ed il risultato della masticazione di qualcuno.
Dopo aver girato un paio di posti per bere, ci siamo salutati e dati appuntamento, con alcuni di loro, per il pranzo del giorno dopo. Con quelli che finiranno il cammino domani.
Già! Perchè, come capitato a me lo scorso anno, non tutti arriveranno a Santiago.
Almeno con il corpo.

Leon, 15 Agosto 2018

28 maggio 2020

Fino al tramonto

Reliegos è un paesino di, forse, 20 case.
La bottega è gestita da un signore in canotta.
Per accedere bisogna suonare un campanello, lui si affaccia dalla finestra del primo piano e scende ad aprire.
Il concetto di "casa e bottega" assume un senso totalmente nuovo e più calzante.
Naturalmente, essendo in situazione di monopolio, Er Canotta ha prezzi leggermente più alti del solito. Ma se lo può permettere, vista la situazione.
Ritrovo Miguel ed altri.
Passo il pomeriggio all'Elvis Bar.
Una casa tutta azzurra con le pareti esterne piene di scritte.
Riconoscibile e famosa lungo il cammino.
L'Elvis di Reliegos è circa un metro e settanta, pelato e con i baffoni a manubrio.
Peso con vestiti addosso: 45 chili scarsi.
Bagnato: poco sotto i cinquanta.
All'interno non si possono fare foto e video.
Le pareti sono addobbate con un'accozzaglia di foto, ritagli, poster, mensole ed oggetti che è difficile ricordare.
Insieme a Claudio, ci beviamo una birra dietro l'altra. Lui è di Crema e ricorda vagamente il Russell Crowe de Il Gladiatore, un pò meno in forma, con il cappello di paglia ed un gilet multitasche.
Sul bancone del bar c'è un prosciutto da affettare ormai a fine corsa.
Ne fanno guardia mosche ovunque.
L'odore del locale è alquanto particolare; credo sia dovuto alla morte del suddetto prosciutto.
Elvis si muove affabile dietro il bancone. Sempre se, per affabilità, accettiamo l'accezione di "non sorridere, dire due parole a mezza bocca e sembrare piuttosto scocciato".
Dopo un paio di ore, arriva il nuovo prosciutto. Lo mettono sulle staffe e portano via il cadavere.
Miguel è già ubriaco, la moglie non si vede. Probabilemente, sarà da qualche parte a imprecare contro questo marito vagamente assente.
Cominciano ad arrivare gli abitanti di quei luoghi. Deve essere l'unico posto "giovane" nel raggio di qualche chilometro.
Elvis alza la musica, serve da bere a due amiche, si accende una canna e si accende pure lui.
Inizia a ballare dietro il bancone.
Scomposto ma con una certa dignità anche se credo stia ballando una canzone che ha in cuffia perchè non va a tempo con quella che esce dalle casse del bar.
Adesso è più aperto con il prossimo. Non entusiasta. Diciamo che, forse, comincia a tollerare gli stranieri.
Sono in mezzo alla Spagna, in un micro paese senza niente, all'esterno di un bar tipo "Dal tramonto all'alba", con amici appena conosciuti e penso che non vorrei essere da nessuna altra parte.
La via verso Santiago mi fa entrare in contatto con piccole realtà che, un turista normale, non vedrebbe mai.
In questo pellegrinaggio, invece, si attraversano borghi che, snobbati dalle strade turistiche canoniche, si animano di pellegrini.
Sembra sempre di essere fuori dal mondo mentre, con ogni probabilità, una cittadina più grande è solo a pochi chilometri.
Il fatto di doverli fare a piedi, questi chilometri, cambia la prospettiva e le distanze.
Essere lontani da tutto e tutti diventa uno stato mentale e non un'effettivo stato fisico.
Il sole tramonta, finisco la birra e vado a dormire
Lascio gli altri alla Noche de Elvis.
Domani arriverò a Leon, con un giorno di anticipo rispetto all'arrivo di ESSE.

Reliegos, 14 Agosto 2018