10 maggio 2010

And THE radio plays...

In un paese dal cuore nero, averlo rosso non rende le cose facili. Una schiatta di sangueblu marcia incontrastata verso il dominio dei corpi, delle mani e delle menti.
Una voce che parla come radio a onde anomale.
Una voce che scoperchia vasi da non aprire e mette in piazza quel che mai si pensava sarebbe stato reso visibile.
Il pensiero di quel ragazzo era anche il verbo di quel ragazzo ed il messaggio doveva arrivare a cento passi da casa sua o a centomilioni di falcate di distanza. Non importava come, importante era che quella voce potesse essere udita. Importante era che orecchie, più o meno addestrate, cogliessero l'essenziale, capissero.
La denuncia, troppo spesso, è un lamento di Cassandra che il vento spazza come la scopa fa con la polvere.
La denuncia, troppo spesso, ha effetti che l'uomo ancora oggi non è in grado di concepire come appartenenti al suo essere umanità.
Questo voleva essere un racconto, voleva sembrar metafora ma certi episodi non possono esserlo. Certi episodi sono realtà. Certe vite sono già, di per se, romanzi e, quindi, non romanzabili. Sono romanzi massacrati a sassate e fatti saltare in aria come marmo in miniera, come se la vita non avesse valore o anima.
Orecchie, si diceva. Alcune l'hanno inteso. Altre hanno capito e avuto paura. Quelle stesse orecchie hanno armato il braccio di chi, dalla sua montagna di merda, in una notte di maggio, ha deciso di spengere per sempre quella radio.
E non conta tutta la pioggia che laverà le lacrime versate. Ogni cazzo di goccia salata portata via, verrà sostituita da una nuova, perchè ricordare è l'unica strada.
Una strada che in soli cento passi riuscirà a non far dimenticare che, una radio spenta, conta più di mille accese ma che non hanno più niente da dire.
Ciao G.