18 giugno 2020

Consigli

L'episodio della cena, al momento dell'ordinazione, conferma un sospetto che ho sul Cammino Primitivo.
E' il cammino più antico, fatto dal re di Spagna prima della Reconquista. Anche perchè più a sud era difficile passare. Turisticamente parlando, invece, è abbastanza recente.
Mentre sul Francese si respirano la storia, le tradizioni e l'accoglienza, qua ho un pò l'idea che ci sia più commercio. Fino ad ora è tutto splendido ed a prezzi popolari ma, rispetto al Francese, sembra mancargli qualcosa.
Se dovessi consigliare un percorso sarebbe sicuramente quello che ha origine in Francia.
Almeno per iniziare.
A chi mi chiede consigli riguardo alle vie per Santiago, rispondo sempre che, a mio parere, la cosa migliore è partire da Saint Jean e arrivare fin dove il tempo a disposizione lo permette.
Chiaramente, questo comporta il dover "ipotecare" le ferie dei futuri due o tre anni per finire tutti gli 800 chilometri. Ai quali, qualcuno aggiunge il tratto che porta sull'oceano, fino a Muxìa e Finisterre.

Berducedo, 14 Agosto 2019

17 giugno 2020

La Ruta

Mi sveglio presto. Al solito.
Oggi, mi attende la Ruta des Hospitales.
Da Campiello, circa 24 chilometri in salita, circondato solo dal vento, fino a Puerto do Palo.
Passo quattro ore in un paesaggio rimasto antico, tra rovine dei luoghi che ospitavano i pellegrini, natura e animali liberi.
Mi fermo per mangiare un mezzo panino.
Mi fermo per evitare di farmela addosso.
Mi fermo mentre il vento soffia ancora.
La bellezza del posto fa andare le gambe in maniera fluida e, mentre il fiato si fa grosso, riempio i polmoni di quella natura primitiva.
Gli occhi si dividono: il vedere di mettere a terra passi sicuri ed il tentativo di immagazzinare lo spettacolo quasi incontaminato di questo percorso antico.
Il cuore si gonfia per le immagini che gli arrivano dagli occhi.
Camminando nella mia meravigliosa solitudine, la fatica cresce parimenti alla gioia che provo.
E come accaduto sui Pirenei: sono sopraffatto da quello che mi circonda e sono grato.
Sono grato a me stesso perchè, ancora una volta, ho vinto delle paura e mi sono rimesso le scarpe.
Mi sono incamminato verso un qualcosa di non conosciuto, con la mia "casa" sulle spalle e la curiosità di saperne di più: sul mondo la fuori e su me stesso.
Riprendo fiato sulla cima e comincio la discesa spaccacaviglie che, da Puerto do Palo, mi porterà a Berducedo.
Il sentiero per scendere, la solita semi-pietraia, è ripido; ho bisogno di grande attenzione per evitare eventuali scivoloni. Una caduta potrebbe avere conseguenze poco piacevoli.
Tipo che magari mi sporco i vestiti.
A Berducedo arrivo con l'albergue ancora chiuso, rischio di farmela sotto (di nuovo) ma alla fine mi viene aperto. Dopo un'attesa di un'ora e mezza...
Mi lavo e lavo i vestiti.
Poi, quando arrivano gli altri, ce ne andiamo a bere birra e riposarci.
A cena, ci sono anche Michele e due signore svizzere.
Una delle due è un pò in la con la vita, la seconda un pò più in forma. Ed il trentenne Michele è invaghito di questa sessantenne che viene dal paese neutrale per eccellenza.
A tavola, lui la guarda con aria sognante, lei gli versa l'acqua come se fosse il figlio o il nipotino.
Esilarante.
Al momento di ordinare, dico alla cameriera che non mangio pesce ma, quando ordino pasta col tonno, si risente come se avessi tradito la grande fiducia che riponeva in me.
Prossima volta dirò che non mangio pesce ma il tonno, si.

Berducedo, 14 Agosto 2019

16 giugno 2020

Fare il punto

Esattamente due anni fa, cominciavo il mio primo cammino, partendo da Saint Jean.
In due estati ho percorso il Francese, inteso come cammino.
Con questa, sono tre estati che decido di avere questa esperienza di vacanza molto particolare.
Anzichè riposarsi, si va a cercare la fatica.
Invece di scaricare la testa, la si riempie di cose meravigliose.
Dopo tre anni, posso di dire di avere una sorta di ricorrenza, o rito estivo.
Questo mi permette di poter fare il punto della situazione sulla mia vita.
La vita lavorativa va bene, sempre meglio.
La vita privata è un rollercoaster con il vento dei ricordi che mi sferza la faccia.
ESSE ed io abbiamo preso strade diverse ma, per me, noi saremo legati indissolubilmente al cammino.
Memorie ed emozioni vecchie e nuove si intrecciano e si confondono; girano formando spirali di pensieri e ricordi che non voglio lasciar andare.
Quando sono in cammino, certe volte, mi prende un pò di malinconia.
Quest'ultima lascia il posto a tutta una serie di "what if" che si concludono, sempre, con la convinzione che un suicidio rituale sia meglio di una lenta agonia. E' veloce, non sporca le cose belle e non logora.
Due anni fa, c'era anche Ale.
Quei giorni l'hanno fatta entrare nel posto speciale che dedico alle persone che, per me, hanno un significato importante.
Ed è lì che la custodisco.

Campiello, 13 Agosto 2019

15 giugno 2020

Avventure

Arrivo a Campiello dopo una tappa in solitaria.
Casa Herminia è un albergue totale: ristorante, tienda, market, bar, circo, opificio, base spaziale e chissà cosa altro.
Sono il primo ad arrivare in camerata e mi godo una doccia in serenità e con la lentezza concessa dal non avere una fila di persone che aspettano.
Mentre stendo i panni, faccio la conoscenza di una ragazzo spagnolo che ci tiene a farmi presente che lui è un camminatore-alpinista-supereroe ma che, camminando con un amico in sovrappeso, va piano per aspettarlo. FilantropMan.
Il clima del paesino è molto piacevole e arrivano anche tutti gli altri conosciuti in precedenza.
In realtà, Campiello è una piazza lungo la via principale. Tipo paese di montagna.
Per pranzo, menu del pellegrino che, ad un costo veramente basso, nutre per almeno due o tre pasti (salterò la cena).
La tavolata è composita, tra spagnoli ed italiani.
Ci sono Vera e Daniela. Quest'ultima, milanese doc, superata una separazione e superati i cinquanta ha deciso di provare quest'avventura.
Per quanto mi riguarda, l'avventura è capire che lavoro fa.
Psicologa? No. Mental coach? No. Aiuta gente a fare cose e vedere gente? Forse...
Pomeriggio e sera passano tra amabili chiacchiere e birrette.
Marco, Dennis, Antonio e gli altri.
Siamo tutti qua.
Domani, sarà la volta della Ruta des Hospitales.Questo tratto è l'antico sentiero in quota dove, per "hospital", si intendeva il luogo atto ad accogliere i pellegrini sulla via per Santiago.
Ne parlano come di un tratto molto impegnativo e, in caso di maltempo, pericoloso.
Dopo O'Cebreiro anche qua abbiamo la nostra "cima Coppi".
Ogni cammino ha il suo spauracchio, il suo pezzo di strada che, ingigantito come nei racconti di un pescatore ballista, assume i contorni dell'avventura epica e sovraumana.
Si sentono cose che spingerebbero anche Ercole a scendere di casa in ciabatte, fermarsi al bar e ritornare a letto dicendo a tutti "oggi non mi sento mica tanto bene..."
All'accoglienza dell'albergue, la signora alla reception ha provato a convincermi a prendere auto per eliminare i primi 7 chilometri della tappa e partire direttamente ai piedi della Ruta. La trovo una proposta quasi offensiva anche se lei si giustifica dicendo che fino a quel punto non c'è niente di interessante da vedere e che avrei risparmiato le forze. Pessima proposta e pessime motivazioni.

Campiello, 13 Agosto 2019

12 giugno 2020

Sensazioni di agosto

Tappa piacevole. Faccio lunghi tratti con Cristian e Cloty.
Parlo parecchio con lui perchè lei non parla inglese.
Con loro, Kike, anche lui di Barcellona. Era sul mio stesso autobus all'aereoporto di Oviedo.
Lungo la salita che porta a La Epsina trovo un fazzoletto per terra. E' pulito e lo raccolgo.
Qualche metro dopo, raggiungo Antonio. Il fazzoletto è suo.
Camminiamo insieme. Sulla cinquantina. Viene da Fiuggi.
Mi racconta della sua famiglia, dei figli che giocano a golf, del suo lavoro. Il tutto con quell'accento tipicamente basso-laziale.
Decido di fermarmi a La Espina.
Lui prosegue ma dopo una mezz'ora ritorna e alloggia dove sono io, all'albergue El Cruce.
Faccio una lavatrice condivisa con altri mentre il posto si riempie.
Arriva anche Dennis e faccio la conoscenza di Marco. E' un ingegnere di Ostuni che vive e lavora, da anni, a Torino.
La prima impressione che ho non è di delle migliori. Mi ricrederò nel giro di una manciata di minuti mentre, seduti su una panchina, parliamo e fumiamo una sigaretta (o due o tre).
Si forma un gruppetto spontaneo di italiani per la cena.
Mentre Carmen, proprietaria di El Cruce e del market al piano strada, è molto gentile, il ristorante dove andiamo è un pò più freddo.
Mangiamo un menu del pellegrino in uno stanzone fermo agli anni settanta: i colori alle pareti, i mobili, le stoviglie.
Non c'è quell'accoglienza che ricordavo sul francese e non percepisco le vibrazioni da cammino: il senso di comunità, il connettersi con i luoghi che mi vedono solo di passaggio.
Ieri sera, a San Juan, è stato molto diverso.
L'albergue piccolo e isolato, la pioggia incessante che non permetteva di stare fuori rendevano una sensazione di vicinanza.

La Espina, 12 Agosto 2019

11 giugno 2020

Compartir

Non riesco a non ripensare a due anni fa.
Alle sensazioni passate.
A chi c'era, a chi ci sarebbe potuto essere e a chi non c'è più.
Rifuggo con forza l'idea di una ricerca che mi porti al volere una copia di ciò che è stato.
Sarebbe una replica sbiadita.
Tengo il passato ben saldo dentro di me e mi rendo conto che questo cammino servirà per andare oltre.
Voglio costruire un futuro che mi possa donare un ulteriore nuovo passato. 
Voglio vivere il presente come la somma dei vari istanti, come un  ponte verso quello che sarà.
Arrivo all'albergue di San Juan de Villapanada.
Piccolo ed isolato, come piace a me.
Conosco Cristian e sua madre, Cloty. Sono di Barcellona e dal Cammino de El Salvador sono arrivati sul Primitivo.
Anche Nurya è catalana, di Girona. Parliamo e ci scambiamo i numeri di telefono anche se abbiamo programmato tappe diverse e non so se riusciremo a ritrovarci. Viaggia con un'amica, istruttrice in palestra, che l'accompagnerà solo per le prime due tappe. Per farle coraggio.
L'hospitalero, un signore tarchiatello sui sessanta, è la vera superstar.
Si comporta come una mamma dietro ai propri figli.
Appoggio le scarpe nell'ingresso e lui le riporta fuori.
Stendo un filo tra i letti per i panni, lui arriva e lo toglie.
Ci fa una lavatrice comune e sostiene che potremo stendere fuori.
Dopo dieci minuti si scatena un diluvio...
Il fatto è che non sei superstar per niente: prende i panni bagnati, li mette in un sacco e li porta in paese per asciugarli in una secadora.
La sua gentilezza è direttamente proporzionale alla probabilità di calzini orfani del proprio omologo.
La superstar ci informa che non è prevista cena ma che si può prendere vino e birra. Ed i prezzi sono molto popolari.
Tutti mangiano quello che hanno nello zaino e ce lo offriamo l'un l'altro.
Dividiamo bottiglie di vino e birre.

San Juan de Villapanada, 11 Agosto 2019


10 giugno 2020

Opposti

Parto molto presto. Tipo le 5.
Esco da una Oviedo semideserta.
In giro, ci sono io e persone che rientrano dalla serata precedente. Taxi in fila che aspettano di iniziare la loro giornata fatta di chilometri e sconosciuti.
Il contrasto tra me che inizio e gli altri che finiscono è abbastanza affascinante.
Loro sono alla fine di una notte che gli lascerà in dono il mal di testa alcolico del day after; io, invece, sto compiendo i primi passi di questa nuova avventura.
Ieri, fuori dall'aereoporto, ho conosciuto Dennis, romagnolo.
Ci siamo salutati per raggiungere i rispettivi albergue e ci siam ritrovati per ora aperitivo/cena.
Abbiamo preso confidenza con la sidra asturiana. Leggermente gassata e dal sapore docleamaro (più dolce, in verità).
Chi la serve tiene il bicchiere ad altezza coscia e versa con il braccio quasi disteso sopra la testa.
Inutile dire che un parte finisce per terra o sui loro pantaloni.
La procedura serve per liberare il gas dalla bottiglia e rendere la sidra più "ferma".
Andiamo a dormire presto, augurandoci buen camino.
Sono riuscito a lasciare Oviedo non senza difficoltà. All'interno della città, le conchas (conchiglie) sono un inserto bronzato nei marciapiede. Questo mi porta a stare molto attento perchè non sono poi così visibili.
Mentre la città dorme, o torna a casa, raggiungo il quartiere Florida e la periferia, quindi mi inoltro in un bosco.
Accompagnato dalla pioggerella asturiana: fine ma non sgradevole.
L'asfalto si alterna con i boschi; il terreno duro si scambia di posto con la scivolosa morbidezza della natura.
Finalmente, ritrovo la meravigliosa solitudine del camminare.
Sono solo ma posso stare con me stesso, con i miei pensieri. Ed un occhio a dove metto i piedi.
Intanto ritorna la memoria fisica del camminare, dei suoi dolori leggeri, della sua fatica sopportabile dovuta ai continui saliscendi.
Arrivo a Grado nel pieno del suo mercato settimanale. Ed io non amo i mercati. Mangio un panino, scalzo, di fronte ad una chiesa. Io sono senza scarpe, non il panino.
Riposato il corpo e con lo spirito leggero, decido di non fermarmi in questa cittadina (che sarebbe una delle tappe "da guida").
Faccio la spesa in un supermercato e riparto verso San Juan de Villapanada.

Grado, 11 Agosto 2019

9 giugno 2020

Aereoporti

All'imbarco del volo per Barcellona, fanno accedere per gruppi: prioritario, prioritario bagaglio in stiva, prima le donne e bambini, i biondi, quelli da Pavia in su...
Come nella vita, non siamo tutti uguali. Inutile negarlo: non partiamo tutti alla pari.
Triste? Probabilmente si ma è così.
Intanto, grazie alle mie grandi doti investigative, capisco che il volo è in ritardo. In effetti, dovevamo essere partiti da cinque minuti.
Due anni fa, ero partito con l'idea che si nasce, si cammina e si muore soli.
L'incontro con ESSE aveva cambiato la mia prospettiva.
Ho pensato sul serio che potesse esistere un vivere diverso; un vivere socialmente più "strutturato" e inquadrato.
Le mie nuove convinzioni sono state rafforzate dalla seconda parte del Cammino Francese, fatta lo scorso anno.
Incontri su incontri, condivisione di momenti, noi ancora insieme.
Insieme per camminare fianco a fianco, per concludere quanto iniziato l'estate precedente e poi andare oltre.
Poi, il cammino condiviso si è interrotto, lasciando sentimenti e ricordi.
Rimpianti o rimorsi? Non credo. Resta la consapevolezza che vivere è fatto anche di questi accadimenti e delle eredità che gli incontri e gli addii lasciano.
Una storia nata "in cammino" che ha continuato a camminare fino a quando è stato possibile.
Legata al Cammino, inevitabilmente. Anche lo zaino, immobile e fedele ai miei piedi, lo ricorda, in un guazzabuglio elettrico di scintille che aprono squarci sul passato.
Intanto, anche il secondo volo è in ritardo.
Comincio ad incrociare qualche pellegrino ma, questo già lo so, fino a quando non compirò il primo passo, i miei canali di comunicazione saranno ancora in modalità "normale". 
Fino a quando non inizierò a camminare, me ne sto per conto mio.

Barcellona, 10 Agosto 2019

8 giugno 2020

Si riparte!

Inizia sempre così: in un aereoporto.
Questa volta sono in quello Firenze.
Il bus mi ha lasciato qua davanti e sono al gate che attendo.
Inizia sempre così: le stesse sensazioni.
Emozione e timore.
Il Cammino Primitivo, tra Asturie e Galizia, ha il grosso dilemma della qualità del tempo.
Ho modificato un pò l'equipaggiamento: scarpe in gore-tex, ghette, poncho.
Non so cosa lascio a casa ma mi sembra di lasciarci qualcosa. Di indefinito.
Cosa o chi non lo so.
Sembra che abbia un'immagine sfuocata impressa negli occhi e so che solo i giorni in viaggio la renderanno nitida.
Ad ogni modo, da domani si cammina.
Di nuovo.
Passo dopo passo.
Metro dopo metro.
Chilometro dopo chilometro.
Esperienza dopo esperienza.
Cercando di alleggerire cuore e testa con l'incedere vagabondo del pellegrino.
ULTREYA!

Firenze, 10 Agosto 2019

6 giugno 2020

Verso la fine - Parte Seconda

Leon - San Martin del Camino - El Ganso - Ponferrada - Villafranca del Bierzo - La Faba - A Balsa - Ferreiros - Ligonde - Melide - O Pedrouzo - Monte Do Gozo - Santiago.

Questi i posti posti dove ci siamo fermati sulla via per Santiago.
Proverò a scrivere due note per ogni tappa. In base alla memoria.

Monte do Gozo
Il primo posto da cui si vede, finalmente, Santiago.
Negli anni 90, la Xunta de Galizia ha investito parecchi soldi in tutta la regione per implementare il Cammino.
Ci hanno visto una fonte inesauribile per il turismo e così è stato.
A Monte do Gozo c'è un monumento che ricorda il Cammino di GiovanniPaoloSecondo. Proprio qua hanno scavato la montagna e creato un luogo che può accogliere 4000 pellegrini (1000 per la questura di Roma).
Decidiamo di dormire li per partire presto la mattina dopo e fare gli ultimi 5 chilometri.
Sono tutte strutture messe in fila lungo una discesa. Saranno almeno venti ma, al momento, di sperte ce ne sono solo 2.
Più in basso, i resti dell'investimento.
Una piccola zona commerciale abbandonata.
Un mega anfiteatro all'aperto.
Una piscina ottagonale (o esagonale) gratuita ed in funzione.
Pare che nell'anfiteatro si svolgano ancora concerti.
Regna ovunque l'aspetto spettrale simil-MilanoExpo.
Il giorno seguente percorriamo, sotto una pioggerella fine, gli ultimi chilometr e siamo a Santiago!

Santiago
Dal cartello all'ingresso della città e pizza della Cattedrale ci sono ancora due o tre chilometri.
Li facciamo nel buio di una cittadina che ancora dorme.
Passando sotto una porta, accediamo alla piazza. Il clima è molto strano. Deserto.
Ancora oggi mi rendo conto di non essermi reso conto (scusate il gioco di parole) che il viaggio era finito.
Ancora oggi, ho il sospetto che la fine di quell'esperienza possa essere stata l'inizio della fine di altro.
Voglio pensare che possa essere stato un nuovo inizio per tutti e due.
Un inizio lento come il muoversi a piedi attraverso la Spagna.
Un inizio dilatato come lo stare insieme separati da due treni e trecento chilometri.
Un inizio di una fine che, nel profondo, non ci sarà mai e che, probabilmente, ci legherà per sempre. Anche se non lo sappiamo.
La fine di un cammino fisico che ci ha fatto scoprire il nostro cammino più bello.

(Il Cammino continua nel 2019...)

4 giugno 2020

Verso la fine - Parte Prima

Leon - San Martin del Camino - El Ganso - Ponferrada - Villafranca del Bierzo - La Faba - A Balsa - Ferreiros - Ligonde - Melide - O Pedrouzo - Monte Do Gozo - Santiago.

Questi sono i posti dove ci siamo fermati sulla via per Santiago.
Proverò a scrivere due note per ogni tappa. In base alla memoria.
L'uscita da Leon è, come tutte le partenze ed accessi ai grandi centri, orrenda. Sbagliare strada è un attimo ma alla fine la natura torna padrona.

El Ganso
Piccolo albergue e piccolo market. Tutti gestito, in piccolo, dalle stesse persone.

Ponferrada
Una tappa lunghissima ci porta a Ponferrada.
Dopo una discesa terrificante, l'idea era di fermarsi prima. A El Acebo.
Avevo una caviglia messa malissimo e faticavo a camminare.
Erano le 11 del mattino. L'albergue avrebbe aperto alle 13. Abbiamo deciso di proseguire per arrivare a Ponferrada. Dopo 40 chilometri.
Nell'albergue municipal ci sono le cimici dei letti. Alloggiamo in una albergo affollatissimo di pellegrini. Sembra Riccione in agosto. File bibliche per lavare i panni e stenderli (in ambiente senza finestre e con tasso di umidità livello Tokio in agosto).
Troppo stanchi per fare qualsiasi cosa, ci rifugiamo in una pizzeria gestita da italiani e poi letto.

Villafranca del Bierzo
Albergue splendido e gestito splendidamente. Cena comunitaria. Hospitalero inglese in pensione che mi racconta di come la sua vita sia arrivata lungo il cammino.
A pranzo mangio una roba che pareva essere carne di qualcosa chiusa nell'intestino di altri. Me ne sono accorto con il piatto in tavola.

La Faba e A Balsa sono albergue privati gestiti da italiani.
Il primo è a pochi chilometri da O'Cebreiro. Spezziamo la salita e decidiamo di partire presto per vedere l'alba dal punto più alto del Cammino Francese.
Rischiamo di perderla perchè ci fermiamo prima di arrivare, convinti di essere arrivati.
A Balsa è un albergue ecosostenibile. Immerso nel verde, con il sapone bio ed i prodotti bio.
Bellissimo. Anche il topino che attraversa la camerata prima di cena. Quando la natura vince su tutto.

Ligonde
Albergue da 20 posti, gestito a turno da gruppi di volontari. Cena comunitaria. Riflessione spirituale dopo cena. Mi scelgono per fare da traduttore: dall'inglese, all'italiano, al siciliano, allo spagnolo...ed un pò mi perdo...

Melide e O Pedrouzo
Siamo negli ultimi 100 km. Quando il cammino diventa più turistico. Non voglio essere snob. Evidenzio solo un dato di fatto.
Li chiamano "turistini". Sono gite organizzate che fanno gli ultimi chilometri. Partono tardi, riempiono i bar lungo la via, sono profumati.
Dopo giorni, è strano trovare in giro persone che si svegliano, fanno la doccia e si mettono in cammino. Non che il pellegrino medio puzzi ma l'atto di improfumarsi non gli appartiene.
Questi "turistini" danno un pò fastidio ma, alla fine, mi rendo conto che ognuno ha il proprio cammino e non può esser giudicato.
Ad onor del vero, ci ho messo almeno due giorni per placare il fastidio che mi provocavano.
Il pulpo di Melide sembra plastica.

Riflessi filmati

Sarò onesto. Dopo Leon non ho più scritto niente.
Quindi tutto è affidato ai ricordi e ai video giornalieri che registro e monto.
Ho iniziato lo scorso anno senza un'idea precisa e sono diventati una routine quotidiana dei miei cammini.
Se siete interessati, li trovate su Facebook
Cammino Francese (2018, parte seconda) https://www.facebook.com/watch/mr.phil.trainer/1150158658498339/

Al prossimo link, ci sono quelli dell'anno precedente.
Cammino Francese (2017, parte prima) https://www.facebook.com/watch/mr.phil.trainer/387486671832139/

3 giugno 2020

Le parole sono importanti

Mi sveglio presto mentre Leon ancora dorme.
Le strade, ieri sera brulicanti di persone e alcol, sono vuote.
In giro, solo i furgoni che riforniscono i locali di birra.
Vado in cerca di un podologo perchè ho un fastidio sulla sinistra della pianta del piede destro.
Ipotizzo sia quella roba chiamata occhio di pernice.
Armato di gambe e gugolmeps, ne trovo tre o quattro.
Sono ancora chiusi. Del resto è ancora presto. Tipo le 10...
Prendo appuntamento in una Clinica del Piè (così si chiamano in Spagna) per le 12.
Arrivo bello puntuale alle 11:55 e mi dicono che l'appuntamento era per le due (dos) e non le dodici (doze).
Mi rendo conto che basterebbe ascoltare bene le parole che mi vengono dette per evitare figure di mota.
Leon è l'ultima grande città del Cammino Francese e decido di girare per negozi in cerca di una maglia a maniche lunghe.
Ho solo una felpa ma, la mattina presto, fa effettivamente fresco ed ho bisogno di uno strato aggiuntivo.
Condivido la ricerca con Russel Claudio Crowe.
Alla fine prendiamo tutti e due una maglietta finto-tecnica della joma. Cinque euro per un giallo fosforescente visibile da Marte.
Pranzo con i partenti del gruppo pre-Sahagun.
Verso le 18 vado alla stazione dei pullman perchè arriva ESSE.
Domani, ricomincia il cammino. Insieme a lei.
Come lo scorso anno anche se è tutto diverso.
Il nostro rapporto non è più quello tra due sconosciuti che si sono incontrati per caso nella mattina buia di Roncisvalle.
Ho una sensazione strana. Questi sei giorni in solitaria mi hanno fatto scoprire un modo diverso di approcciarsi a questa esperienza. Totalmente senza legami. Questo mi porta qualche preoccupazione ma so che sarà solo con lei che potrò concludere questa avventura.

Leon, 16 Agosto 2018

1 giugno 2020

Leon

Oggi, ancora Leon.
Fermandomi qui per due notti, ieri ho fatto il turista.
Ho visitato la Cattedrale (La Pulchra Leonina), Casa Botines, la Real Basilica de San Isidoro, il museo de Leon.
La città è stata sede di una legione romana.
Durante la conquista araba era una roccaforte della cristianità.
Per come stanno andando le cose, sarebbe stato meglio si fossero dedicati ad altro.
Mi sono ritrovato per cena con Claudio, i ragazzi incontrati alle porte si Sahagun ed altri che non conoscevo.
Eravamo 14.
Avete presente cosa vuol dire trovare un ristorante che possa ospitare tutti?
Non solo. Trovarne uno che vada bene a tutti. Livello di difficoltà: parcheggiare a Roma.
Alla fine il gruppo si è diviso in due. Chiaramente.
Ho mangiato un piatto con patate fritte, peperoni, pancetta cotta nell'olio e un'altra roba a metà tra il sugo per i crostini ed il risultato della masticazione di qualcuno.
Dopo aver girato un paio di posti per bere, ci siamo salutati e dati appuntamento, con alcuni di loro, per il pranzo del giorno dopo. Con quelli che finiranno il cammino domani.
Già! Perchè, come capitato a me lo scorso anno, non tutti arriveranno a Santiago.
Almeno con il corpo.

Leon, 15 Agosto 2018

28 maggio 2020

Fino al tramonto

Reliegos è un paesino di, forse, 20 case.
La bottega è gestita da un signore in canotta.
Per accedere bisogna suonare un campanello, lui si affaccia dalla finestra del primo piano e scende ad aprire.
Il concetto di "casa e bottega" assume un senso totalmente nuovo e più calzante.
Naturalmente, essendo in situazione di monopolio, Er Canotta ha prezzi leggermente più alti del solito. Ma se lo può permettere, vista la situazione.
Ritrovo Miguel ed altri.
Passo il pomeriggio all'Elvis Bar.
Una casa tutta azzurra con le pareti esterne piene di scritte.
Riconoscibile e famosa lungo il cammino.
L'Elvis di Reliegos è circa un metro e settanta, pelato e con i baffoni a manubrio.
Peso con vestiti addosso: 45 chili scarsi.
Bagnato: poco sotto i cinquanta.
All'interno non si possono fare foto e video.
Le pareti sono addobbate con un'accozzaglia di foto, ritagli, poster, mensole ed oggetti che è difficile ricordare.
Insieme a Claudio, ci beviamo una birra dietro l'altra. Lui è di Crema e ricorda vagamente il Russell Crowe de Il Gladiatore, un pò meno in forma, con il cappello di paglia ed un gilet multitasche.
Sul bancone del bar c'è un prosciutto da affettare ormai a fine corsa.
Ne fanno guardia mosche ovunque.
L'odore del locale è alquanto particolare; credo sia dovuto alla morte del suddetto prosciutto.
Elvis si muove affabile dietro il bancone. Sempre se, per affabilità, accettiamo l'accezione di "non sorridere, dire due parole a mezza bocca e sembrare piuttosto scocciato".
Dopo un paio di ore, arriva il nuovo prosciutto. Lo mettono sulle staffe e portano via il cadavere.
Miguel è già ubriaco, la moglie non si vede. Probabilemente, sarà da qualche parte a imprecare contro questo marito vagamente assente.
Cominciano ad arrivare gli abitanti di quei luoghi. Deve essere l'unico posto "giovane" nel raggio di qualche chilometro.
Elvis alza la musica, serve da bere a due amiche, si accende una canna e si accende pure lui.
Inizia a ballare dietro il bancone.
Scomposto ma con una certa dignità anche se credo stia ballando una canzone che ha in cuffia perchè non va a tempo con quella che esce dalle casse del bar.
Adesso è più aperto con il prossimo. Non entusiasta. Diciamo che, forse, comincia a tollerare gli stranieri.
Sono in mezzo alla Spagna, in un micro paese senza niente, all'esterno di un bar tipo "Dal tramonto all'alba", con amici appena conosciuti e penso che non vorrei essere da nessuna altra parte.
La via verso Santiago mi fa entrare in contatto con piccole realtà che, un turista normale, non vedrebbe mai.
In questo pellegrinaggio, invece, si attraversano borghi che, snobbati dalle strade turistiche canoniche, si animano di pellegrini.
Sembra sempre di essere fuori dal mondo mentre, con ogni probabilità, una cittadina più grande è solo a pochi chilometri.
Il fatto di doverli fare a piedi, questi chilometri, cambia la prospettiva e le distanze.
Essere lontani da tutto e tutti diventa uno stato mentale e non un'effettivo stato fisico.
Il sole tramonta, finisco la birra e vado a dormire
Lascio gli altri alla Noche de Elvis.
Domani arriverò a Leon, con un giorno di anticipo rispetto all'arrivo di ESSE.

Reliegos, 14 Agosto 2018



27 maggio 2020

Massaggi per la birrra

Il pomeriggio, a Sahagun, lo passo con Miguel.
Viene dal Ciudad de Mexico ed è partito con la moglie.
Uso il termine partito perchè, ogni volta che l'ho incrociato, era sempre con altra gente.
Ho incrociato anche lei e le ho chiesto dove lui fosse.
Il suo "no se" ringhiato mi ha fatto capire tante cose.
Quando lo trovo, andiamo a prendere la Compostela di metà Cammino.
Questo foglio stampato è un ricordo da prendere anche se, oggettivamente, è un'iniziativa oltremodo turistica. Insomma, tre euro e passa la paura.
Ho i polpacci parecchio indolenziti e Miguel si offre di farmi un massaggio in cambio di una birra.
Ah! Il baratto ai tempi del Cammino!
Sul marciapiede, davanti a dove dormiamo, mi fa sdraiare su di un tappetino e, mentre massaggia mi dice di buttare fuori i brutti pensieri, di concentrarmi sul respiro, rilassarmi.
Finito mi porta in un supermarket per la birra perchè, anche se offerta, preferisce che si spenda il meno possibile.
Mentre camminiamo gli chiedo se fa il massaggiatore e mi risponde che, in realtà, è psicologo.
Meno male che non si è offerto di operarmi in artroscopia al ginocchio.
Mentre beviamo mi illumina con un'osservazione, secondo me, per niente banale.
Mi dice che, quando ci troviamo di fronte ad una difficoltà, quindi ad un quesito o decisione da prendere, se non riusciamo a trovare una risposta, dobbiamo cambiare domanda.
Me lo dice in messicano ma credo che il senso fosse centrato sul cambiare punto di vista di fronte ai problemi per risolverli.
Ci salutiamo e concludo la giornata facendo due chiacchiere con una ragazza italiana che viaggia con il padre. Sta leggendo. Parliamo di libri. Facilmente prevedibile.
Infine, mi dirigo verso il letto perchè domani si ricomincia.
Il Viaggio prosegue.

Sahagun, 13 Agosto 2018

26 maggio 2020

Cammino, che Sorpresa!

Lasciata Calzadilla, mi metto in cammino verso Sahagun, il centro geografico del Cammino Francese.
Ho deciso di allungare le tappe e arrivare prima a Leon.
Alle porte di Sahagun, trovo un gruppo di persone che si riposano.
Mi fermo per fare due parole.
Provengono un pò da tutta Italia e, per la legge dei grandi numeri, inizia una sorta di Carramba, che sorpresa!
Massimo è di Montelupo Fiorentino.
Gli racconto che una volta ho suonato in un locale del paese e scopriamo che lui si ricorda benissimo della mia band perchè quella sera lavorava al bar.
Con lui, ripercorro uno dei momenti memorabili donati dal poter suonare nei locali.
Quella sera, con la mia tribute dei Pearl Jam, arrivammo al locale, montammo gli strumenti e facemmo il soundcheck.
Subito dopo, il titolare ci disse che, per colpa della crisi, avrebbe chiuso nel giro di un mese (indizio numero 1).
La cena offerta si rivelò un piatto di pasta e, su richiesta, del prosciutto che aveva visto molte lune (indizio numero 2).
Il gestore pubblicizzò poco la serata e poca gente venne a sentirci (indizio numero 3).
Ricordo che tre indizi fanno una prova.
A fine serata, sempre il gestore, ci disse che ci avrebbe pagato un decimo di quanto pattuito, anche in virtù del fatto che avevamo preso da bere.
Prendo in giro Massimo, ricordandogli che avrebbe un debito con me.
Scherzo perchè, chiaramente, lui lavorava nel locale e non era suo.
Danilo, invece, lo scopro esser parente di una ragazza che alleno settimanalmente.
E' di Napoli ma ha parenti anche in Toscana.
Arrivato a Sahagun rifletto sul fatto che il Cammino è lungo, le persone sono tante ma può capitare di ritrovare tracce di casa lungo la via.
In un bar, davanti a dove alloggio, ritrovo anche Antonio con il quale vivo la stranezza di festeggiare gioiosamente il ritrovarsi con chi, fino al giorno prima, era un perfetto sconosciuto.
E scatta il bicchiere di vino delle unidici e trenta del mattino...
Incontro, chiaramente nei pressi di una farmacia, Zoe.
E' arrivata col bus e spedirà lo zaino per provare a terminare il cammino.
Adesso sta per prenderne un altro che la porterà direttamente a Leon. Cerca di preservare le gambe ma di andare avanti per vedere se le sue condizioni, migliorando, le permetteranno di concludere il Cammino.
Questo cominciare a ritrovare facce conosciute è una delle cose che preferisco.
Tendo a camminare da solo ma, una volta fermo, poter condividere l'esperienza con altri la trovo una delle essenze di questo Viaggio.
Davanti ad una birra, of course.

Sahagun, 13 Agosto 2018

25 maggio 2020

Hermanos y Americanos

Il senso del cammino?
Non lo so.
Ognuno ha il proprio.
Ma sono certo che per tutti, una porzione fondamentale della ritualità verso Santiago, sia il lento scorrere del tempo davanti ad una birra (o cerveza y lemon, o quel che piace) insieme agli altri.
Raccontarsi la giornata, raccontarsi chi siamo, parlare dei giorni a venire.
Chiedere e ricevere consigli. Ascoltare le storie degli altri e narrare le proprie.
E cazzeggiare.
Componente fondamentale di questo stare insieme senza orari ed obblighi.
Oltre a Zoe, a Calzadilla, faccio la conoscenza di Alessandro, runner bergamasco, e di un ragazzo bresciano che, a posteriori, scoprirò esser titolare di un canale Youtube di trekking piuttosto seguito.
Ma la persona che mi "rapisce" completamente è Alberto.
Originario di Algeciras, il porto più vicino al Marocco, ha circa 50 o 60 anni.
E' al suo quarto cammino.
Brizzolato e con i capelli raccolti in una piccola coda.
Decine di braccialetti, catenine e ciondoli.
Qualche tatuaggio.
L'aria è quella del viaggiatore che sa le cose.
Dopo la prima birra, siamo già amici.
Mi racconta dei motivi che lo hanno spinto a fare i cammini, di posti nei quali consiglia di pernottare.
Andiamo a cena e proseguiamo la chiacchierata.
Si unisce a noi anche Zoe, che partecipa alla conversazione, e tre americani che si distinguono per scarsa educazione ed un tasso alcolico da chiusura dell'OktoberFest.
Per esperienze passate, ammetto di essere un pò prevenuto nei confronti dei nordamericani.
Vero è che loro non fanno niente per smentire miei eventuali preconcetti.
Bevono tantissimo per il gusto di ubriacarsi.
Sono rumorosi.
Maleducati con chi lavora nel ristorante che ci ospita.
Lo sguardo di Alberto nei loro confronti mi fa capire che, lui ed io, siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
Arrivata l'ora di andare a letto, finita l'ultima cerveza, ci abbracciamo con un "Buen Camino, Hermano" e, davanti all'ingresso dell'albergue Casa Rural, affidiamo alla sorte la possibilità di incontrarci nuovamente lungo la strada.

Calzadilla de La Cueza, 12 Agosto 2018

23 maggio 2020

Adesso si comincia

Decido di partire più tardi.
Mi metto in marcia alle sette e non alle 5/6.
Partire presto ha il pregio del fresco ma, con distanze brevi da coprire, arriverei a metà mattina. Anche prendendomela comoda e girando intorno ad ogni albero che incontro.
Anche per questo, mi sembra un'esperienza diversa.
Cammino ma mi devo quasi trattenere.
Sembra tutto più statico.
Oggi ho da fare un tratto di Mesetas che, Terre di Mezzo, definisce privo di tutto.
Circa 18 chilometri senza niente.
In realtà, incontro una roulotte con due ragazzi che vendono da bere e da mangiare.
Hanno l'estrattore della Coop!!!
Due con ciabattoni e pantaloni bracaloni, che vivono alla giornata, che vivono in giro ed hanno l'estrattore disegnato da Pininfarina.
Le concatenazioni della vita sono qualcosa di imprevedibile. Gli incroci oggettivi di elementi distanti,  rendono il vivere mediamente sorprendente.
A tratti, interessante; a volte, ridicolo.
Arrivo verso mezzogiorno. Ho raggiunto Calzadilla de La cueza.
Comincio a respirare aria di cammino.
Intanto, ritrovo la solita piscina pozzanghera (piscinghera?).
Poi, primi gruppi di pellegrini che socializzano al termine della giornata.
Sono arrivati tutti dopo di me (per i motivi che ho già espresso e sui quali vorrei evitare di ritornare).
Al mio arrivo, sono praticamente solo.
I bagni sono appena stati puliti, posso scegliere il letto con calma e mi posso lavare senza eventuali code.
Vantaggi miseri rispetto ad una piccola dose di noia che mi accompagna.
A bordo piscinghera c'è solo una ragazza croata con la tendinite. E' ferma qua da ieri perchè non può camminare.
Negli albergue, vige la regola di una notte sola ma, se si sta male, si può rimanere più notti.
Zoe è mora, parla italiano ed è alta pure da seduta. Carina e azzoppata.
Facciamo due chiacchiere e mi racconta che vive in Italia per lavoro, per il lavoro che aveva prima di partire.
Dopo pranzo, arrivano gli altri pellegrini.
Le voci ed il sano disordine della camerata mi annunciano che il cammino è ufficialmente iniziato.
Mi dicono che si può ripartire con i giri di birra e radler tutti insieme.
Mi comunicano che, anche quest'anno, sarà una cosa da vivere in pieno.

Calzadilla de la Cueza, 12 Agosto 2018

22 maggio 2020

Essere leggeri

Mi rendo conto, fin dalla prima tappa, che ho calcolato, in eccesso, i giorni necessari per arrivare a Leon.
I giorni sarebbero 6 ed i chilometri, 120.
Questo comporta il camminare per 20 chilometri al giorno.
Farei quasi in tempo a tornare alla partenza, nel caso mi fossi scordato le ciabatte.
Ho portato un libro che ho già finito.
Decido, quindi, di lasciarlo qua.
In cammino, ogni grammo in più nello zaino fa la differenza.
Lo zaino sarà la mia casa, per ogni passo che andrò a fare. E dovrà essere una casa abbastanza leggera.
Lo scorso anno, avevo portato molta roba.
Al ritorno, avevo fatto tre mucchi: le cose utilizzate, quelle utilizzate poco e quelle mai usate.
Il terzo gruppo l'ho lasciato a casa; dal secondo ho selezionato poche cose.
Del primo fanno parte le cose indispensabili. Per me.
Quindi, escluse le cose che indosso, ho un cambio solo e pantaloncini da ginnastica per la sera.
Sacchetto da bagno ridotto al minimo. Ciabatte e asciugamano. Sacco-lenzuolo. K-Way (o come diavolo si chiama).
Tutto scelto in base al peso.
Per il libro avevo fatto una scelta in base al peso ed alla lunghezza.
Ne avevo selezionati quattro e portato uno.
Da adesso, mi cimenterò nella lettura da Kindle, via cellulare.
Perderò il fascino discreto della carta in favore della praticità e dell'invasività della lettura da strumento tecnologico.

Carrion de Los Condes, 11 Agosto 2018

20 maggio 2020

Le apparenze ingannano ma le mosche rompono i coglioni

Dopo la sveglia alle 5 e la colazione, mi sono messo nuovamente in cammino.
Fromista è deserta. Sento risuonare i miei passi per la via principale. Torno a vedere l'ombra delle  mie gambe che mi precede.
Cammino in solitudine, cercando qualcosa.
Sento che sarà un cammino di ricerca. Una nuova ricerca del senso che ancora mi è oscuro.
Avendo giorni in abbondanza, mi limito ad una ventina di chilometri ed arrivo a Carrion de Los Condes (la "Cluny Spagnola", pare).
E' molto presto. Saranno circa le dieci del mattino e gli albergue sono ancora chiusi.
Mi dirigo verso il Monasterio de Santa Clara ed attendo che arrivi l'ora nella quale faranno accedere i pellegrini della giornata.
Alla fine, mi accoglie Ignacio.
Ripete ad ognuno, singolarmente, una sorta di mantra di benvenuto:
- posa lo zaino
- siediti pure
- prepara passaporto e credencial
- i costi sono questi
E così via...
Mi da l'idea che sia stato "adottato" dal monastero. Pacchetto completo: il suo modo di fare altalenante e la sua cantilena.
Lo sento parlare anche in inglese. A me, ha dedicato un ottimo spagnolo stretto. Per rendermi agile la comprensione anche dei concetti più basilari.
Scelgo una tripla.
Siamo nel chiostro e per accedere alla porzione di edificio dove sono le camere, si deve usare una chiave, "nascosta" sopra ad un davanzale. Non proprio Fort Knox, mi dico. La chiave va presa, usata e rimessa li, precisa Er Cantilena.
Mi spiega come farla girare nella toppa. E' un'operazione che richiede mano ferma e due movimenti precisi. 
Provo.
Non riesco.
Lo fa lui ed apre.
Riprovo.
Porta chiusa.
Lui apre in un secondo.
Molto meglio di Fort Knox. Mi correggo.
Mi lascia solo a giocare con la porta e, dopo 10 minuti, capisco.
Bisogna usare la mano sinistra.
Il palmo parte rivolto verso l'alto.
Da quella posizione è una passeggiata.
Solo adesso comprendo perchè continuava a insistere su questa storia del palmo.
Vecchia volpe, Er Cantilena.
Entro in camera e scelgo il letto.
Ci sono mosche.
Non alcune mosche. La stanza è letteralmente abitata da mosche che svolazzano.
Sui muri, le compagne cadute sotto i colpi dei pellegrini che son stati qua prima di me.
Immagino lotte notturne a suon di ciabatte, mani, piedi, o chissà cos'altro.
Sono mosche tenaci.
Se la scacci, tornano.
Se ne uccidi una, temo possano arrivare i parenti in città a chiedere soddisfazione.

Carrion de Los Condes, 11 Agosto 2018

19 maggio 2020

Attese

Aereoporto.
Attendo il volo.
La vita è fatta di attese, di arrivi, partenze. Spesso sono di più le seconde ma me ne faccio una ragione.
Sta per cominciare la seconda parte del MIO Cammino: il Francese.
Quest'anno non sarà solo mio ma nostro fin dall'inizio, dalle intenzioni.
ESSE arriverà a Leon. Io avrò circa 120 chilometri in solitaria. Da fare in sei giorni.
Ancora 450 chilometri per giungere a Santiago. A quella meta che mi ha tenuto la testa occupata per tutti e dodici i mesi passati.
Molti dicono che ogni cammino sia diverso. Non per morfologia del percorso, distanze o roba simile. Dicono sia diverso perchè le sensazioni non saranno le stesse del precedente.
Forse, lo riconoscerò nei dolori.
Attendo questi ultimi così come aspetto nuove sensazioni.
In testa ho la speranza di lasciare a casa le tensioni, le preoccupazioni, quelle quotidianità costruite sul banale.

Aereoporto Orio al Serio, 10 Agosto 2018

18 maggio 2020

Dedicato a noi

E' passato circa un anno dal mio primo Cammino.
Ho preso il treno e sono venuto a Milano.
L'ho fatto spesso nelle ultime quattro stagioni. Almeno un paio di volte al mese.
Con Esse, avevamo detto di provarci e ci stiamo riuscendo.
Mi sembra molto strano ma, anche se lontani, siamo molto più vicini da quanto potessi sperare.
Ho la sensazione che questa storia resterà con me. Comunque vada.
La sua alba comincia dal Viaggio dello scorso anno.
Il suo tramonto non mi interessa; fa parte dei pensieri distanti da quello che voglio e che sento.
In mezzo, la nostra è una lunga giornata di sole che, ancora oggi, prosegue.
Domani prenderò l'aereo per Madrid perchè dopodomani inizierò a finire il Cammino Francese.
L'avevo abbandonato a Fromista. Da li ripartirò.
ESSE, avendo più giorni di ferie, si era spinta fino a Leon. Ed è li che, tra qualche giorno, il nostro Cammino riprenderà insieme.
In verità, non si è mai interrotto.
Abbiamo avuto la fortuna di cominciare a camminare insieme, da Roncisvalle, ed abbiamo proseguito. Tra treni, attese, abbracci liberatori, arrivederci imbarazzati tra la folla di Stazione Centrale.
Abbiamo costruito i nostri ritmi sulla distanza; inventato alcuni riti che ci tenessero legati il più possibile.
Senza fatica. Senza programmare. Senza paura.
Il sole tramonta, dietro il campanile della chiesa di Hontanas.
Davanti ci siamo noi. Abbracciati. Che ci vogliamo e che vogliamo stare insieme.
Il sole tramonta, dietro il campanile della chiesa di Hontanas, in una foto incorniciata che mi ha regalato e che nasconde una dedica che porto con me.
Sempre.
Una dedica che svela il suo essere ed il suo esserci, per me.
Come io ci sono, per lei.
Come voglio esserci.
Presente anche se fisicamente lontano.
Presente per colmare quelle tristezze passeggere che la mancanza di noi due ci fa provare.
Presente quando è il momento di ritrovarci.
Lei.
Io.
NoiDue.

Milano, 9 Agosto 2018



17 maggio 2020

Per te

In Cammino

Ho fatto dei progetti allo specchio
Preso scelte e un indirizzo
che ormai è vecchio

Ho fatto i conti per finire sempre in pari
Ho preso a calci anche le mie paure
per non dover aver paura di volare

E mi addormento stanco e mi sveglio con te
E faccio incubi ma la paura non c'è 
Schiaccio insetti su letti sfatti
di uomini pavidi e cuori inetti

Ho separato la strada in tappe
tra vie sbagliate e insoddisfatte 
Ho preso calci e stonato canzoni,
quella più bella per tempi migliori 

E faccio sogni che vegliano su di te
Dormo leggero e la paura non c'è 
Percorro strade con gambe dolenti
ma il cuore è pieno di dolci intenti

Sono gli incontri che fermano il tempo                                                               
Sono le emozioni che rendono il viaggio intenso
È la mancanza che posso colmare
Basta il tempo, è ora di andare

Sono gli incontri che ferman l’andare
in un istante che posso colmare
Ogni momento per averti vicino
E’ ora di andare y Buen Camino!

Spagna, Cammino Francese 2017

16 maggio 2020

Avere il Cammino dentro

Ho disdetto il volo da poche ore.
Simbolo definitivo di una resa.
Mi arrendo. So che, ad agosto, non sarà possibile tornare in Spagna, tornare sul mio amato e necessario Cammino di Santiago.
Per tre anni è stato il centro nevralgico dell'anno. Il momento tanto atteso per poter lasciar tutto e partire, ignaro di cosa e chi avrei potuto trovare.
Ma, adesso, siamo in una situazione insolita e totalmente inaspettata. Pare propio che, in questa fase storica, tutto il mondo sia paese. Sul serio.
Siamo tutti chiusi in casa per evitare contagi dovuti a questo CoronaVirus.
Che nome del cazzo!
Ho iniziato a scrivere dei vecchi cammini su questo blog per ricordare, per fissare, per mettere nero su bianco.
Spero, fino ad ora, di essere riuscito a far capire, anche in minima parte, che tipo di esperienza sia.
Esteriore e faticosa.
Interiore ed eterna.
Questa estate, dopo tre anni, non partirò e la tristezza mi affossa.
Non credo di riuscire a spiegare questa cosa a parole. E non ci proverò.
Sopporto l'isolamento casalingo, non mi interessa di uscire per aperitivi e altre amenità, posso sopportare una flessione temporanea del lavoro.
Ma chiedere il rimborso del volo e dover accettare che non ci sarà Cammino mi uccide dentro.
Mi consola il fatto che, quello che ho vissuto nelle ultime tre estati, me lo porto dentro.
Sempre.
Anche adesso che questa sensazione di vuoto sale dallo stomaco e mi stritola il cuore, annebbiandomi la vista ed i pensieri.
Devo ripensare alle cose successe in Spagna. Devo continuare a scriverne.
Devo tirare fuori, per quanto mi possa riuscire, tutto il bello che si è sedimentato dentro di me.


15 maggio 2020

Love vuol dire parità

Mi scuso se, in questi ultimi mesi, non sono stato un virologo.
Se non ho pontificato su virus, sue evoluzioni e soluzioni.
Mi scuso se non ho dato sfogo alle mie intuizioni politiche, esponendo teorie dietrologiche sulla gestione della crisi.
Mi perdonerete se non ho fatto sfoggio delle mie numerose competenze in materia di economia; se ho tenuto per me le soluzioni per contrastare la crisi presente e imminente.
Mi scuso se non ho partecipato a Masterchef Casa.
Il format sarebbe anche valido: isolati in casa, cuciniamo come mai prima ed il giudizio sarà affidato a prove fotografiche.
In generale, mi scuso se non ho abusato dei social per far sapere il mio pensiero su qualunque argomento fosse inerente alla situazione.
Se non vi ho deliziati con lamentele da 130 caratteri; o con foto di torte, pizza e pane o animali che fanno...beh...gli animali.
Mi scuso se me ne sono stato quieto e tranquillo, cercando di interiorizzare questo momento per riuscire ad essere sereno.
Mi scuso se non ho reagito come un bambino, gridando di una libertà negata perchè non mi è stato concesso di correre, fare aperitivi, vedere gli amici.
Non mi scuso, invece, perchè sono riuscito a restare allegro anche se solo e fisicamente isolato dal resto. Se, per due mesi, ho cercato di essere forte per i miei congiunti (ho trovato il modo di utilizzare questa parola!!!) ma anche per me stesso.
Non mi scuso se son riuscito a programmare la mia giornata come se fosse normale, dedicandomi a formazione professionale ed hobby. Se mi sono preso cura del mio corpo e, sopratutto, della mia mente.
Se ho fatto tante dirette nelle quali ho cantato e suonato, letto Pinocchio per i bambini e improvvisato.
Non posso chiedere scusa se ho trasformato le mie IG Stories in 30 secondi durante i quali raccontarmi la giornata trascorsa, come se fosse stata piena di consuetudini e normalità, al pari di quelle di tre mesi fa.
Però, esiste sempre un "però".
Quindi...
Vorrei le scuse di chi, in diretta, finge che tutto sia pianificato.
Vorrei che si scusasse chi ci ha sedato con "fase 1", "fase 2" e succedanei.
Le scuse da parte di chi snocciola disponibilità economiche erogate dallo stato. Per tutti ma senza spiegare se ci saranno coperture o se, cosa peggiore, si creerà un debito che ci annichilirà in un secondo momento.
Mi dovrebbero porgere le scuse quelli che  ci hanno fatto i complimenti perchè siamo stati disciplinati. Dovrebbero scusarsi perchè non siamo, in toto, un popolo di scemi.
Alcuni di noi riescono a riconoscere quale sia il proprio dovere.
E questo DOVERE è l'essere cittadino responsabile.
E' vivere come cittadino ATTIVO quando la situazione ti chiede di non "attivarti" per vivere la quotidianità a cui si è abituati.
Per concludere, vorrei ringraziare chi mi è stato di supporto senza saperlo. Non siete tantissimi ma siete in numero sufficiente.
Chi, forse, ha capito che il mio non far pesare sugli altri miei pensieri negativi non voleva dire che non ne avessi.
Infine, mi ringrazio. Perchè so di non essermi inaridito, di esser migliorato (anche se di poco), di essere rimasto semplicemente ME.

Non mi scuso, mi scuso, chiedo scuse e ringrazio.
Facciamo che siam pari e ognuno a casa propria.
Questa mi è uscita male...



14 maggio 2020

Che ore sono? E' ora di cerveza y lemon!

Una persona che ha fatto un viaggio a piedi. Fisico e mentale.
Che ha attraversato un paese, mentre la propria testa veniva attraversata da tantissimi pensieri.
Un pellegrino. Questo è il senso che, in maniera riduttiva, voglio dare al termine.
Riduttiva perchè molto ci sarebbe da dire.
Pensieri e riflessioni.
Che mi sono portato a casa.
Sono tornato e niente sembra come prima.
Rifletto sul mio lavoro e sono convinto serva un'azione di rottura, un cambiamento di rotta.
Mi prometto che, entro un anno, proverò a fare un salto in avanti. Nelle modalità, nelle priorità, nei rapporti di forza.
Seduto sul terrazzo di casa, la mia mente non può che andare ad ESSE.
Temo che il ritorno alla "normalità" possa incrinare la magia che si era creata in viaggio; che lei possa cambiare idea; che io possa rovinare tutto.
Ci siamo detti che ci avremmo provato. Così sarà.
Siamo distanti. Fisicamente, per anno di nascita, per educazione sociale.
Ma ci vogliamo provare.
Vogliamo che i nostri due cammini, una volta che si sono incrociati, possano proseguire insieme.
Mi ha scritto "sei il mio cammino più bello".
Non ho niente da aggiungere a quanto ha detto. E' la pura e sola verità e vale anche per me.
In generale, mi sento diverso, rispetto a quando sono partito. Mi sembra di riuscire ad ordinare le cose per importanza.
Mi sento pieno di vita ma ci sono dei buchi. Delle mancanze.
Mi mancano gli incontri con gli altri pellegrini.
Mi manca Ale.
Mi manca il MIO trio.
Mi manca ESSE. Una di quelle mancanze positive, create da un'assenza importante. Mancanze momentanee che renderanno più bello il nostro nuovo incontrarci.
Lei è ancora in cammino ma tra qualche giorno potrò abbracciarla nuovamente, come ho fatto spesso nelle ultime settimane. Come se fosse una cosa che ho sempre fatto.
Mi manca la strada; mi mancano i suoi ritmi.
Alzarsi presto e camminare. Arrivare a destinazione e avere ancora una porzione importante della giornata davanti. Avere, per un momento, la sensazione che il tempo potrebbe passare lentissimo. Invece, come per incantesimo, il tempo statico dell'albergue si impenna. A parte le cose pratiche, ci sono gli altri, ci sono scambi verbali,  ci sono i racconti personali (della propria vita e del Viaggio), ci sono ESSE ed Ale con cui non mi annoio mai.
Un paio di cerveza y lemon più tardi è già ora di cena.
Il tempo, che pareva fermarsi, mi portava direttamente a dormire. Mi depositava tra le braccia delle immagini della giornata. Mi cullava tra i chilometri fatti e quelli che ancora avrei percorso.
Domani, ricomincia la mia vita quotidiana.
Sono pronto a viverla con il cuore che, adesso, è stato riempito di cose belle; il mio animo sembra più forte; i miei pensieri più ariosi.
Cuore, animo e pensieri sono quelli di un pellegrino appena nato.

Toscana, 28 Agosto, 2017

13 maggio 2020

Esser e poter essere

Con ESSE abbiamo deciso di passare un paio di giorni a Madrid. Insieme.
Dopo, lei tornerà sul cammino.
Io prenderò il volo di ritorno.
Dopo soli cinque chilometri siamo arrivati a Fromista, abbiamo preso un paio di bus ed abbiamo raggiunto la capitale spagnola, via Palencia.
Mentre aspettavamo il cambio del bus, ci siamo sorpresi a vicenda, decidendo di farci un tatuaggio appena possibile.
A Madrid alloggiamo in un B&B vicino Puerta del Sol.
Il posto è lussuoso per i canoni del cammino. Ed anche per quelli miei.
Il bagno in camera ha una doccia, tutta in vetro e grande come il bagno di casa mia.
Al piano interrato c'è una lounge room dove si possono consumare, gratuitamente, caffè e simili, succhi, biscotti e frutta.
Una botta di benessere inaspettata.
Giriamo Madrid in maniera confusa, fingendo di sapere dove andare. Mi mancano i segnali del cammino. Frecce e conchiglie che indicano la via.
Malasana e dintorni, senza il buio della notte, sono carini e niente più.
Arriviamo alla Cattedrale ed al Palacio Real.
Facciamo due passi e mangiamo al Parque del Buen Retiro. L'affollamento viene diluito da questo angolo verde che infonde una gran pace.
La Gran Via e Puerta del Sol, invece, vivono del caos turistico.
Ceniamo due volte al giapponese.
Mi rendo conto che, adesso, sto pensando al plurale.
Avevo già abbandonato il singolare ma, se prima eravamo un trio, adesso cosa siamo? Una coppia?
Camminiamo e ridiamo e ci baciamo e parliamo e.
Poter stare con lei mi rende felice.
Entriamo da Tiger e facciamo un gioco: con una spesa massima di 5 euro, dobbiamo farci un regalo, pensando a cosa potrebbe piacere all'altro.
Come deciso, ci tatuiamo e, a me, viene in mente il Diego Abatantuono di Marrakesh Express.
Io scelgo una conchiglia da tatuare sul petto; lei, un girasole sulla caviglia.
Madrid è solo uno scalo prolungato.
Dall'ultima notte a Boadilla, avevo cominciato a sentire che il mio cammino sarebbe finito presto. Sento la vita normale che bussa alla mia finestra.
Non alla porta perchè lo fa come un ospite che si non vuole invitare ad entrare.
Vampe di tristezza vengono sopite solo dalla presenza si ESSE che, per il solo esserci, rende tutto più lieve. Riesce a coccolare il mio animo che sta tornando pesante come prima di partire.
Ormai esiste un prima ed un dopo.
Va oltre il tanto camminare e si ferma sugli avvenimenti che si sono succeduti.
Una carrellata di eventi, volti ed emozioni, che si ferma sul volto di lei. Sempre.
Solo che prima di mettermi in viaggio non conoscevo l'esistenza di questo dopo.
Ripenso alla paura che avevo prima di partire. Ormai, lascia il posto al timore non riuscire a riportare a casa i cambiamenti che sento essere avvenuti in me.
Temo di essere risucchiato, di nuovo, in una vita che possa cancellare il mio nuovo Io-Pellegrino.
Pellegrino: concetto antico che, per me, ha assunto un significato personale.
E' diventato il capire che esiste un modo diverso di vivere, di relazionarsi, di sentire.
E' un "poter essere altro".
Altro da quello che la routine quotidiana permette.
Essere spaventato ma poter essere consapevole.
Essere fallibile ma poter esser capace di fare.
Essere solo ma poter essere in due.
Essere felice e sapere di esserlo.

Madrid, 25 Agosto 2017

12 maggio 2020

Chiedilo al vento

La fine vicina mi spinge a provare a fare un bilancio interiore.
Ho imparato che il dolore fisico e la stanchezza sono due compagni di viaggio molto fedeli.
Loro son sempre stati con me ed io ci ho convissuto.
Un modo diverso per sentirmi vivo.
Sono i miei nuovi fratelli, il mio nuovo canone per approcciarmi alla realtà.
La via per trovare la forza mentale alla resistenza, di qualunque tipo.
La strada è stata la mia via per capire.
Ho compreso perchè mi sono messo in Viaggio.
Sono stato spinto dalla necessità inconscia di allontanarmi dal quotidiano.
Ho superato la paura per l'ignoto che sarebbe arrivato.
Il timore di restare solo superato da una spinta socializzante che solo in queste condizioni ha caratteristiche di normalità.
Ho avuto timore dei miei limiti ma li ho imparati a conoscere e riconoscere per superarli.
Ho sconfitto il me stesso debole ed impaurito, mettendomi alla prova.
Il pregiudizio ed il preventivato sono stati smentiti.
Ho fatto tappe più lunghe del previsto, da Roncisvalle non ho mai camminato da solo. Lungo il Cammino, ho scoperto, non si è mai soli: gli altri, gli autoctoni, il sole ed i propri pensieri.
I tratti in solitaria sono stati momenti di intimità personale profonda, di pensieri in libertà, di ricerca del senso di questa cosa.
Tenere un determinato ritmo, la spinta a raggiungere paesi o altri pellegrini sono stati sana competizione contro me stesso ed i miei supposti limiti.
Tutto è stato un modo per andare avanti, per dirmi "ancora un altro passo"..."ancora un pezzo in più".
Ed oggi, sono ad Boadilla del Camino, con i piedi dentro la piscina dell'albergue e non sono più solo.
Sono con ESSE. Il nostro trovarci ha un qualcosa di magico, per me.
Sono con tutti gli altri compagni di viaggio incrociati, visti e vissuti, anche solo parzialmente.
Sono grato della scelta che ho fatto e felice di come ho vissuto questi giorni insoliti.
Mi trovo a chiedermi se sarebbe potuta andare in modo diverso e mi rispondo che, probabilmente, ci sarebbero stati mille modi, mille strade, mille decisioni, mille incontri possibili.
Ma sarebbe come chiedere al vento se conosce il posto nel quale soffierà via la prossima foglia.

Boadilla del Camino, 23 Agosto 2017

11 maggio 2020

Ultimi Passi

A Hontanas abbiamo ritrovato Fabio di Senigallia ed una cena comune.
A tavola, ho lodato un giapponese per la gentilezza ed ospitalità che ho trovato quando son stato in vacanza nel suo paese.
Mi sono esibito in un lungo monologo in inglese, saltando di palo in frasca, costruendo le frasi con la cura dell'ubriaco.
Pare che mi abbia capito e così anche gli altri commensali.
Poi, a letto presto.
Oggi, lasciamo Hontanas per Boadilla e, praticamente, sono alla mia ultima tappa.
ESSE proseguirà fino a Leon perchè ha il volo di ritorno qualche giorno dopo il mio.
Il Cammino trovato in questa esperienza me lo porterò dentro per sempre.
Il Cammino ritrovato dopo Burgos me lo ha fatto apprezzare ancora di più.
Un pò di tristezza accompagna i miei passi.
Dovrò salutare ESSE, dopo giorni sempre insieme.
Dopo che ci siamo trovati, letteralmente, per strada.
Mi son chiesto, spesso, come sarà al di fuori di questa esperienza.
Che persone saremo, agli occhi dell'altro, quando saremo vestiti di normalità e vita quotidiana.
Ci siamo detti che ci rivedremo e mi chiedo se accadrà.
Le risposte non le conosco ma so che voglio fermamente che i nostri due cammini, adesso che si sono incrociati, possano proseguire paralleli per poi confluire in uno solo.

Boadilla del Camino, 23 Agosto 2017

10 maggio 2020

Mesetas vuol dire Cammino

E Mesetas siano!!!
Il tratto tra Burgos e Leon è composto prevalentemente da questo altopiano, a circa 800 metri, sul quale si sente dire di tutto.
Chilometri senza acqua.
Caldo soffocante.
Niente vegetazione e quindi, ombra.
In realtà, qua una volta era tutta campagna e, per inciso, lo è ancora.
ESSE ed io, al solito, partiamo presto.
Abbiamo questi ritmi naturalmente pratici.
Partenza presto, arrivo e doccia. Lavaggio panni. Ozio. Cena.
Il tutto mentre, tendenzialmente, gli altri hanno il tempo solo di levarsi lo zaino dalle spalle.
Già dalla formazione del trio, ci eravamo accordati silenziosamente su questo tipo di modalità.
Sbrigare tutte le incombenze dell'arrivo in fretta, permette di riposarsi ed oziare più a lungo e senza interruzioni.
Partire presto permette di evitare il caldo e di camminare tropo sotto il sole post mezzogiorno.
Diciamo che permetterebbe. Le tappe da circa 40 chilometri, finivano inesorabilmente in un bagno di sole e sudore, pur partendo presto.
Ora che siamo in due abbiamo deciso di fare tappe più brevi.
Il piano sarebbe ottimo se solo non bucassimo il bivio per Arroyo San Bol.
Questo ci porta ad arrivare fino ad Hontanas e dover fare 10 chilometri in più.
Ricordate i discorsi sulle Mesetas?
Abbiamo mangiato un panino sotto un cespuglio alto 50 centimetri che lasciava al suolo giusto un'idea di ombra.
I 10 chilometri aggiuntivi han portato con se la totale mancanza di acqua e luoghi per rifornirsi.
Malgrado tutto, arriviamo ad Hontanas dopo poco più di 30 chilometri. Giusto per mantener fede al proposito "meno chilometri".
All'inizio del paese, c'è una fontanella.
Ma non beviamo. La aggrediamo. Ma senza farle male.
Stasera, camera privata in albergue privato per un minimo di comodità e privacy in più dopo la giornata caliente.
Mesetas, però, vuol dire cammino!
Quel cammino che mi è così mancato nelle 24 ore scarse a Burgos.
Quel cammino che mi sta facendo capire perchè ho scelto di farlo.
Quel cammino che mi ha fatto incontrare persone speciali.
Quel cammino che mi ha reso un pellegrino.
Per sempre.

Hontanas, 21 Agosto 2017



9 maggio 2020

Burgos non vale un borgo

Dopo giorni in mezzo al quasi niente, tra campagna e piccoli paesi, l'impatto con Burgos è deflagrante.
Troppa confusione, troppa gente, troppi non-pellegrini.
Cioè, è una città e le città sono così. Mica lo fanno apposta.
Solo che non ce la faccio. Tutto torna vagamente soffocante.
Dalla partenza, ho sentito come se, un laccio che mi stringeva, si stesse allentando. 
Adesso ricominciava chiudersi.
La partenza di Ale, la città, il fatto che manca poco all'obbligatorio ritorno in a casa sono componenti di malessere. Leggero ma presente.
Sono giorni che la mia casa è questo camminare, che la mia famiglia sono i pellegrini, che natale è ogni volta che arrivo ad una delle destinazioni parziali.
Per fortuna c'è ESSE con la quale, pare, si stia creando una bella intesa. "Chimica" la chiamerebbero nei programmi del marito di Maurizio Costanzo.
Alloggiamo in un ostello (non un albergue...).
Camera da quattro insieme ad un ragazzo tedesco.
Il giovane rientra in camera a sorpresa e, trovando una situazione, diciamo, di "lotta imbarazzante", fa volare tutto quello che ha in mano, chiede scusa mille volte e se la da a gambe. Esilarante.
Per terra lascia, documenti e carta di credito. Per sempre, lascia la capacità di guardarci in faccia senza vergognarsi. Anche quando lo fermo per dargli le sue cose che, ancora oggi, ritengo alquanto essenziali per viaggiare.
Ma il premio "viaggiatore dell'anno" gli viene assegnato all'unanimità quando vediamo come si è preparato per dormire.
Ha rincalzato l'asciugamano tra la rete ed il materasso del letto sopra il suo, creando un separè che lo tenga separato ed al sicuro da questi italiani che fanno la lotta.
Del resto nel suo mondo, probabilmente, api e fiori non fanno il miele.

Burgos, 21 Agosto 2017

8 maggio 2020

Buen Camino

Come ogni mattina, da quando ci siamo incontrati, ESSE mi sveglia.
Ha assunto il ruolo di sveglia umana per due motivi: evitare di mettere troppe sveglie e disturbare gli altri pellegrini; evitare la mia sveglia che ha, come suoneria, un poco rassicurante allarme antiaereo.
Adesso è solo cambiato il modo nel quale lo fa.
Iniziamo una tappa brevissima, solo 15 chilometri, che ci porterà a Burgos, la prima vera città dall'inizio.
E' lunedì mattina e, per arrivare al centro, bisogna attraversare la zona industriale, che si sta vegliando dopo il letargo del fine settimana.
Quasi metà tappa va via tra rotonde, fabbriche, camion, auto, asfalto, clacson, strisce pedonali e semafori.
Mi avevano detto che l'accesso alle città più grandi era orrendo. Confermo.
Abbiamo deciso di fare pochi chilometri ed arrivare a Burgos; da qua, Ale potrà trovare con facilità un mezzo pubblico per proseguire. Il suo obiettivo è quello di saltare una tratta di scarso interesse e guadagnare tempo sul poco tempo che ha a disposizione.
Le prime ore a Burgos sono un Luna Park alla ricerca di informazioni per trovarle un trasporto.
Prima visitiamo la Cattedrale e ci facciamo fare il sello.
Prendo l'audio-guida ma, per la stanchezza, mi trascino come un non-morto, indossando al collo questo simil-cordless che pare un ornamento più che un oggetto che dispensa informazioni.
La voce registrata, in italiano, è monotona e vecchia. Una cosa che uccide la veglia.
Tornati all'aperto, comincia il tour "Leaving Burgos".
Ricerca dell'ufficio informazioni. Chiediamo a voce, usiamo il navigatore del telefono, giriamo in tondo e lo troviamo chiuso. Si parte bene.
Troviamo la stazione dei bus.
E' necessario sapere che, in Spagna, le biglietterie delle numerose compagnie di trasporto su gomme non sono sempre aperte. Restano chiuse fino a circa un'ora dalla partenza. Oltre a questo non c'è traccia di tabellone con arrivi/partenze.
Si può chiedere, sempre se si individua una persona vestita come si potrebbe vestire un impiegato di ALSA (per dirne una).
Ale entra in modalità "ansia"; io in quella "minchiachepalle"; ESSE prova a consolarmi con sguardi ripetuti.
Mi allontano e le lascio a chiedere. Trovo un omarino di ALSA e mi faccio dare orari per Madrid. Mi serviranno tra qualche giorno.
Quando torno, la scena che mi si presenta è la seguente.
ESSE è in piedi in solitaria compagnia del suo zaino.
Ale sta parlando con un signore.
Mi si avvicina e mi dice che lui potrebbe accompagnarla in auto e farle evitare i mezzi pubblici.
Costui è un over 50, con camicia a maniche corte aperta sul petto, pantaloni color scureggia, ciabattoni da passeggio e due buste di plastica che, suppongo, siano la sua versione di trolley.
In più, è in fila alla biglietteria ma ha l'auto.
Mi ritrovo, così, a sconsigliare vivamente questa soluzione alla "The Hitcher".
Il tempo passa e optiamo per un taxi.
Trenta euro e passa la paura.
Adesso è arrivato il momento dei saluti.
Tutta la giornata è stata invasa da un senso di tristezza latente. Sapevamo che con Ale ci saremmo salutati e non avremmo potuto proseguire insieme.
Ci siamo ripromessi che in futuro avremmo fatto Santiago-Fisterre per dare una conclusione comune.
Ci siamo detti che ci saremmo rivisti in Italia.
Ma, adesso, i programmi per il futuro non mi consolano dal fatto che ci stiamo separando.
La abbraccio.
La abbraccio e la sollevo da terra. Forse, per non lasciarla partire e portarla con me.
Abbraccio questa giovane madre coraggiosa.
Abbraccio questa persona che non riusciva a capire come prendere un mezzo pubblico.
Abbraccio questa giovane donna a cui mancano da morire i propri figli.
Abbraccio questa persona che in spagnolo sa dire solo cerveza e jamon y queso.
Abbraccio la prima persona che ho conosciuto in questo cammino.
Eravamo nel cortile della Collegiata di Roncisvalle. In quel piccolo paese, ai piedi dei Pirenei, ci siamo incontrati, abbiamo cenato, abbiamo parlato, abbiamo preso  la benedizione del pellegrino.
Ci siamo augurati Buen Camino, la sera, ma ci siamo ritrovati la mattina dopo.
Oggi, ce lo diciamo di nuovo ed ha tutto un altro senso.
Abbraccio la mia Amica.
Buen Camino
Mi mancherai...

Burgos, 21 Agosto 2017