31 marzo 2012

Gusci di noccioline

Intanto, da qualche parte nel mondo...
“Ciao Charles”
“Ciao! Come te la passi?”
“Bene. Torno adesso da trovare mio fratello. Ora vive lontano e, quando si sente solo, io sono l’unica che gli da sicurezza”
“Mi ricordo quando andava in giro con quella coperta pensando che lo avrebbe protetto”
“Già! Fossi stata meno irascibile e stronza forse non gli sarebbe servita…E tu? Come stai? Come è finita poi con la ragazzina dai capelli rossi?”
“Alla fine mi sono dichiarato e siamo anche stati insieme per un periodo. Poi  ho mandato tutto all’aria. Ricordi quando eravamo piccoli e pensavo di essere sbagliato? La penso ancora così”
“Non è vero. Sei una delle persone migliori che abbia mai conosciuto anche se non lo davo a vedere. O, forse, non lo capivo e, di sicuro, ero troppo presa da me stessa. Oggi sono diversa. Per fortuna. Mia e degli altri. È successo tutto in un attimo. Quando, con la famiglia, ci siamo trasferiti, Schroeder si è accorto di cosa stava perdendo e si è dichiarato, ho avuto come un’illuminazione”.
“Ah Ah! Anni e anni appoggiata a quel pianoforte e lui se n’è accorto solo quando ti sei alzata per andare via”.
“Si. Mi sono resa conto che non gli piacevo per il tipo di persona che ero in quel momento. Mi ha detto che sarebbe bastato che io fossi cambiata perché dentro avevo cose belle da donare. Purtroppo era tardi. Sono anni che non lo vedo ma so che, alla fine, è riuscito a diventare un musicista affermato. Leggo di lui ogni tanto sulla stampa nazionale”.
“L’ho incontrato un paio di anni fa. Stava bene. Sempre concentrato su quelle sette note. Anche se, nei suoi occhi, ho intravisto il segno delle occasioni perse. A dirla tutta, ho il sospetto che ritenga che tu sia stata la sua più grande occasione persa…”
“È  capitato, purtroppo”.
“Adesso ti saluto. Devo rimuovere la cuccia di Snoopy. Da quando è morto, non ne ho mai avuto il coraggio ed è diventata un rifugio per gli uccelli”.
“E perché la togli?”
“Con mia sorella, abbiam deciso di vendere il terreno intorno alla casa e non voglio che venga gettata tra i rifiuti. È sempre stata il simbolo della nostra infanzia”.
“Ti capisco. Le cose importanti vanno tenute di conto. A presto allora”
“Ciao, Lucy…”.

29 marzo 2012

Così vanno le cose, così...

A volte si fanno progetti.
A volte, non si realizzano.
A volte, ci si chiede perchè.
Sempre, si capisce tardi che vanno condivisi, che era cosa buona spiegarsi meglio, che non si "calano dall'alto".
O, forse, non sarebbe servito lo stesso.
O, forse, si è troppo avanti perchè gli altri capiscano.
Si!
Sono così avanti che, se mi guardo indietro, vedo il futuro!

E tu scrivi, scrivi se ti viene la voglia...

E allora scrivila sui muri questa tua felicità.
Come sempre. Come fai sempre quando cerchi la convinzione nelle tue scelte.
Applica equazioni finchè puoi. Sottrai quello che non vuoi e tieni quello che reputi importante.
E lascialo inciso sul bianco del foglio.
Siamo persone che hanno studiato, che hanno imparato come si usano le parole. Usale e lascia il tuo segno sulla parete.
Siamo persone che hanno capito come si formula un pensiero, una frase.
Purtroppo, però, siamo persone che non hanno capito come si formula un sentimento, come lo si nutre, come lo si perdona quando ci tradisce. Come lo si debba mostrare e non metterlo da parte.
Invece, andiamo per esclusione e nascondiamo paure dietro la semplicità delle sicurezze banali.
Teniamo la testa dentro chè la fuori è un brutto mondo.
Ma tu scrivi pure, che ti vien più facile...
Ogni giorno s'imparano nuove lezioni
Quella di oggi non mi piace


I changed but not changing at all, small town predicts my fate
Perhaps that's what no one wants to see
I just want to scream...hello...
My god it's been so long, never dreamed you'd return
But now here you are, and here I am
Hearts and thoughts they fade...away...

26 marzo 2012

Future's chimes Serenade

Ormai non ci vediamo da tanti anni e incrociarti per strada non ha più nessun sapore.
Da quella mail che ti ho mandato anni fa, tutto è finito.
O meglio, non è ricominciato.
Il silenzio dei giorni seguenti è stato un rombo nelle orecchie. La tua assenza una miniera scavata in profondità.
Poi, piano piano, la vita è ripresa normalmente.
Qualche mese dopo ho incontrato una persona e, passato circa un anno, abbiamo deciso di vivere insieme.
Purtroppo non è durata e i piatti volati per aria sono stati la colonna sonora di quel fallimento.
Dopo di lei, è seguito un periodo di calma fino a quando non ho incontrato la futura madre di mio figlio Edoardo (come il cantante del gruppo che mi faceva impazzire quando ero più giovane).
Non è stato facile perchè lei era una cantautrice mediamente nota e spesso eravamo lontani per le sue turnè, quando io non potevo seguirla. Almeno sono finito nelle note di alcuni suoi cd e una manciata di sue canzoni erano dedicate o ispirate a me. Come in "Alta fedeltà" il sogno del protagonista si era avverato.
Non ho mai fatto bungee jumping come mi ero ripromesso perchè, a forza di rimandare, l'idea è sfumata.
Sono però stato a New York e nelle capitali della musica del Nord America: Chicago, New Orleans, Cleveland, San Francisco, Los Angeles e Seattle. E' in quest'ultima che l'ho conosciuta.
Mi ero appostato fuori dagli studi della band di cui sopra e, dopo un'ora, mi sono accorto che non ero solo. Dopo una serie di sguardi di nascosto, lei mi ha chiesto in inglese, di dove fossi. Aveva circa dieci anni meno di me ma i tratti del volto erano già quelli di una donna che sa cosa vuole e cosa, invece, vuole evitare.
Fortunatamente, io non rientravo nella seconda lista.
Abbiamo passato un paio di giorni insieme tra concerti, negozi di vinili e negozi di strumenti musicali.
In uno di questi, ci siamo accorti di volere la stessa chitarra e, senza sapere bene perchè, l'abbiamo comprata a metà. Quella chitarra, oggi, fa bella mostra di se nell'ingresso di casa nostra.
Al ritorno in Italia, ci siamo rivisti ed ho scoperto che lavoro facesse. Non seguivo più le novità musicali da un pò ed il suo nome o il suo volto mi erano ignoti. Quando mi ha detto cosa faceva per vivere, mi sono sentito come se avessi conosciuto la persona che avrei voluto essere: per il tipo di attività ma anche per il carattere e l'intelligenza.
Abbiamo cominciato a frequentarci nei week-end: a volte veniva lei da me, altre io la raggiungevo nelle città dove teneva i concerti.
Una sera, dopo quello che avevo scoperto essere il suo pezzo più famoso (una ballad elettrica sulle scoperte piacevoli dell'esser vivi) ha introdotto il pezzo successivo con parole che non scorderò mai: "tra le miglori scoperte e incontri ce n'è uno che mi porto dentro ora e per sempre. Questa è per lui. Si chiama Seattle's chimes serenade".
E la sua band ha attaccato una furiosa cavalcata sui sentimenti, sulle occasioni, sul caso e...su di me... .
In quel momento ho capito cosa saremmo stati nel futuro. Una famiglia.
E' successo tutto in fretta: la casa insieme, la gravidanza, la nascita.
Siamo sempre riusciti a trovare un equilibrio tra il suo nomadismo lavorativo e la vita insieme. Non so come mai ma è successo.
Ed eccomi qua a scriverti dopo anni solo per augurarti di stare bene e che i tuoi desideri si possano essere realizzati. E forse, se non ti avessi vista oggi, non lo avrei mai fatto, ma lo sappiamo bene che la vita è un gioco fatto di casualità, occasioni perse e occasioni date, immerse nel tempo che mette tutto in ordine.
Prima o poi...

22 marzo 2012

Apro gli occhi e...

Ed un pomeriggio apro gli occhi e mi sveglio. E mi accorgo che sono un uomo.
Mi rendo conto che è arrivato il momento delle scelte definitive e che la lotta tra ragione e sentimenti ha un vincitore.
L’ho sempre saputo chi fosse ma, per capire, mi devo svegliare dal torpore.
Il cuore non ha mai sbagliato. La mente, si. La mente trova giustificazioni, snocciola spiegazioni razionali. Tende ad aggiustarsi la verità.
L’opinabilità del reale si allea con il cervello per riscrivere le regole delle emozioni.
In realtà, le emozioni che si provano sono l’unica cosa tangibile e sono il solo metro di misura da applicare agli eventi che incontro.
Andando oltre gli errori, i rimpianti ed i rimorsi. Il mio tempo, come sempre, è adesso.
È un tempo interiore, virtuale, scandito dalle accelerazioni del cuore. È unità di misura ben diversa.
La razionalità, invece, vive nel passato, staziona in un futuro ipotetico costruito su voli pindarici elucubrati a lavagna pulita.
Le frasi, anche interrogative, che contengono i vari “e se…” non hanno le risposte e quelle che hanno sono probabilmente sbagliate.
I pensieri spontanei dati dalle sensazioni sono la casa della verità. Soggettiva, di sicuro, ma cucita addosso da un sarto chiamato “pacificazione”.
È il momento delle decisioni definitive. È il momento di prendere coscienza dei tasselli importanti da incastrare nella mia vita.
Alcuni troveranno alloggio, altri sfuggiranno e sarà impossibile metterli al posto giusto.
Ciò nonostante l’uomo non cadrà.
Non andrò in pezzi. Avrò dei vuoti ma saranno finestre per far entrare luce nelle stanze più profonde.
È tempo che il viandante emozionale che dimora in me si fermi e ascolti il proprio cuore.

Surrealtà

"Come ci vedi tra dieci anni?"
"Insieme..."
"E tra un mese?"
"Tra un mese, no..."
E' come un vegano che ti chiede di surgelargli la bistecca perchè la mangerà il giorno dopo...

19 marzo 2012

Wishlist

Vorrei avere un programma alla radio e mettere solo canzoni che mi scuotono
Vorrei scrivere versi e melodie che vengano da dentro e condividerle
Vorrei avere una famiglia meno disfunzionale anche se diversa da quella del mulinobianco
Vorrei poter giocare a basket come facevo prima
Vorrei avere la costanza di andare a correre ogni giorno senza pensare che sia una cosa alienante
Vorrei la macchina del tempo e tornare indietro a vedere cosa c'è che non va nella mia personale storia chiamata vita
Vorrei la bacchetta magica ma non gli occhiali di erripotter
Vorrei non aver perso di vista tante persone del passato solo perchè è successo
Vorrei che almeno ci fosse stato un motivo
Vorrei cercare di essere coerente con me stesso, anche negli errori
Vorrei non devermi giustificare ma incedere sempre a testa alta
Vorrei essere qualcun altro ma mi rendo conto che preferisco essere me
Vorrei capire perchè la vita è fatta di pieni e di vuoti
Vorrei capire perchè, spesso, ci costringiamo ad accettare i secondi e a non cercare i primi
Vorrei poter evitare la diplomazia
Vorrei prendere a calci in culo un pò di gente ma sono contraio all'uso della violenza
Vorrei non essere contrario all'uso della violenza
Vorrei tollerare come il Drugo
Vorrei poter non giocare di sabato come Walter
Vorrei non avere mai dubbi e, in loro presenza, prenderla come viene
Vorrei essere il riflesso della luna piena sul tetto della tua auto

18 marzo 2012

I'm still here...

"Preparati, perché quando passo [...] ti prendo e ti porto via"

16 marzo 2012

Vecchi amici
Nuovi amici
Note, toni e stoni
L'insostituibile ti sbatte in faccia la verità

15 marzo 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 7

Rimasto solo sulla terrazza, non trova di meglio da fare se non buttare di sotto i bicchieri vuoti.
Non c’è una logica a questa azione. Lo fa.
Sente il rumore dei vetri che s’infrangono in basso e gli sembra che sia il suo Io a frantumarsi in mille pezzi.
Poi si volta e raggiunge l’interno con passo svelto.
Viene fermato da un cameriere che, visibilmente irritato e affaticato, chiede spiegazioni per quel gesto così poco cortese.
Avviene tutto in un attimo.
Sente la mano dell’uomo sull’avambraccio sinistro e non riesce a sopportarla, quasi fosse la catena che lo tiene legato a quel posto.
Si sente braccato e sente salire dentro il desiderio di scontro. Il desiderio di sentire male fisico.
Si divincola con uno strattone e colpisce al volto il cameriere con il pugno destro.
Sente rompersi qualcosa. Non sa se è la sua mano o una parte del volto che ha appena colpito.
L’uomo si affloscia a terra. Ha visto nel suo sguardo la sorpresa e subito dopo lo ha visto come svuotato della colonna vertebrale, da quanto velocemente è volato un passo indietro e poi si è come sgonfiato.
Si sente colpire alle spalle da quello che pensa possa essere un calcio. Perde l’equilibrio e si ritrova per terra.
Intorno a lui ci sono numerosi completi neri, probabilmente i colleghi del neo invertebrato ma, mentre cerca di metterli a fuoco, sente rompersi una costola. O forse più di una. Gli occhi gli si riempiono di lacrime. Quello che ritiene sia un calcio lo ha preso fecandogli esplodere i rimasugli del suo cuore. Quel cuore che, negli ultimi tempi, ha così poco curato.
Altri colpi, da tutte le direzioni, centrano vari bersagli invisibili situati sul suo corpo.
Dopo quei momenti, che sembrano durare troppo, viene sollevato di peso, quasi senza conoscenza, e riapre gli occhi al di fuori del portone da cui era entrato poco più di un’ora prima.
È sdraiato sul marciapiede. Gli gira la testa ma si alza lo stesso. Gli fa male tutto ma riesce a mettersi in piedi.
Sente fitte alla faccia, alla testa, al busto mentre la gamba sinistra sembra cedere ad ogni passo sotto il peso degli eventi.
In faccia ed in testa sente qualcosa di liquido.
In bocca sente un sapore che non ha mai sentito prima.
Comincia a camminare verso un nuovo giorno, nel quale dovrà raccogliere parecchi pezzi e dovrà curare la sua anima ferita. Del corpo, al momento, non si interessa…

(continua…)

6 marzo 2012

Out of order...again

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 6


Al ritorno la trova appoggiata con la schiena rivolta al giardino sottostante e gli occhi fissi su di lui.
Avanza lentamente perchè ha sempre avuto problemi a portare più di un bicchiere pieno. Sempre stato più facile svuotarli, i bicchieri. Per non parlare delle tazzine da caffè.
"visto che si è interessata, approfitterei di questa sua curiosità per vedere se riesco a far chiarezza".
Lei gli sorride come se, il fatto che avesse deciso di aprirsi, fosse la cosa più bella che potesse capitare.
Sotto sotto, Herbert sa che potrebbe essere la sua unica occasione prima di tornare a nascondersi.
Maya, come ha detto di chiamarsi la signora, sorseggia lentamente il cocktail che le è stato consegnato e lo fissa. Ancora una volta con l'aria di chi sa, della persona a cui è inutile mentire.
Herbert le racconta tutto, soffermandosi su particolari che lui stesso ritiene superflui. La sua interlocutrice, invece, sembra trovare tutto interessante. Al minimo dubbio sul fatto che possa fingere, la luce nei suoi occhi risponde smentendo inequivocabilmente il sospetto.
Ogni tanto lo interrompe e fa domande, come per farsi un'idea più chiara.
Andando avanti nel racconto, H. ha quasi l'impressione che potrà ricevere la soluzione, la chiave per capire, il raggiungimento della felicità. Ha anche lo strano sospetto che lei conosca già ciò che sta sentendosi raccontare.
"e questo è quanto è successo. Anche se, raccontare due anni in poco tempo non è facile"
Si aspetta una risposta, una frase risolutrice, un consiglio. Addirittura che lei gli scoppi a ridere in faccia.
Invece, all'improvviso, con un guizzo che pareva impensabile, lei lascia cadere a terra il bastone e lo abbraccia.
Lo stringe a se senza alcuna malizia.
E lui inizia a piangere...sente come se tutto fluisse via...inarrestabile...
Sente che quello è un abbraccio familiare; e capisce che  tutto quello di cui aveva bisogno era di essere abbracciato per sentirsi nuovamente sicuro.
La guarda di sfuggita e riconosce per una frazione di secondo il viso di chi lo sta tenendo al sicuro. Haq l’impressione che non sia la prima volta perché vede un viso che ha già visto più volte e che affiora, sotto i segni del tempo, dal volto di quella persona anziana. E, senza pensare di esser diventato matto, sa che quella stessa faccia la rivedrà fanciulla.
In quel volto, tra le lacrime, sta vedendo il suo passato, il presente ed il suo futuro.
Si stacca per asciugarsi le lacrime e quando torna a posare lo sguardo su Maya, vede solo uno spazio vuoto.
Non prova nemmeno a cercarla.
E' scomparsa lasciandogli molto più di quello che pensava: consapevolezza.
La consapevolezza data dallo sguardo d'insieme, dalla prospettiva che spinge al di la del giorno dopo; un filo rosso che lega il suo passato con l'oggi e che servirà da guida per il futuro che lo aspetta.
Tutto legato insieme.
La consapevolezza di voler esser parte di una cosa unica...
E rientra dentro perché non abbandonerà la festa fino a quando non sarà finita.
Non si arrenderà di fronte a qualche difficoltà.

(continua...)

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 5

La cosa peggiore, pensa Herbert, è che devo fingere di essere allegro.
Era stato sempre così. In mezzo agli altri non riusciva a mostrare quello che sentiva nei momenti di tristezza.
Una volta, gli avevano detto che non lo potevano vedere triste. Che non era accettabile.
Ha sempre avuto un pregio, in effetti: una grande forza d'animo.
Ma in quel momento, affacciato al balcone, sapeva di non potercela fare.
Dentro, il salone era pieno di gente in festa. Vestita a festa.
Si era costretto ad abbigliarsi elegante e ad uscire. Pensava che uscire dal nascondiglio di casa sua lo avrebbe fatto sentire meglio.
Circondato dalla gente, aveva resistito non più di dieci minuti.
Aveva avuto la sensazione fortissima di non essere mai uscito dal luogo dove era stato rintanato nelle ultime ore.
Era consapevole del fatto che non poteva uscire da se stesso, che non poteva fare finta di niente.
Sopratutto che non poteva abbandonare.
Spesso, in passato, aveva mollato. Aveva chiuso strade perchè non sapeva dove lo portavano.
Ce n'era una, però, che era rimasta sempre aperta, malgrado tutto quello che era successo, malgrado il presente che stavano vivendo in quel momento. O quello che avevano vissuto.
"disturbo?" una voce alle sue spalle
Si gira e si trova di fronte una signora di una certa età. Diciamo intorno ai settanta. Si muove lentamente ed ha uno strano modo di fissarlo. Nota che è ancora dotata di fascino, al di la delle rughe che le solcano il volto e dell'evidente difficoltà nel camminare, anche se aiutata da un bastone.
"è un paese libero" risponde lui secco, pentendosi subito del modo brusco in cui lo ha fatto.
"la vedo pensieroso, signor?"
Dicendo il suo cognome, si rende conto di quanto siano effimeri i nomi che ci diamo o che diamo alle cose. Di quanto sia affannosa la corsa a definire le cose. Per non parlare dei sentimenti. Quanto sia ridicolo cercare sempre un perchè.
"Mi scuso ma stavo riflettendo e non amo essere interrotto. Ma capisco che se non si vuole che succeda, i compleanni non siano il miglior posto nel quale farlo"
La signora, lo guarda di traverso e si avvicina fino ad appoggiarsi alla balaustra del balcone, proprio accanto a lui.
"non si deve scusare. Ho il brutto vizio di voler capire la gente. L'ho vista entrare e muoversi a disagio, fino a quando non mi è parso, letteralmente, fuggire verso la terrazza. Mi sono chiesta cosa potesse muoversi dentro un giovane come lei per spingerla a non notare gli sguardi di ammirazione delle donne e d'invidia da parte degli uomini"
Herbert resta a bocca aperta. Non capisce come un'estranea possa permettersi di ficcare il naso dentro di lui. La cosa strana è che non ne è per niente infastidito.
Sono giorni che cerca di capire a chi potrebbe rivolgersi per fare chiarezza dentro di se ma non ha trovato un candidato adatto tra i suoi amici o conoscenti.
Quindi, si dice, tanto vale fidarsi di questa sua nuova amica ignota.
"Le posso prendere da bere?" chiede con un barlume di galanteria.
visto che lei accetta, s'incammina verso l'interno, intenzionato a essere di nuovo fuori nel minor tempo possibile...
(continua…)

Giorno due: Like Dylan in a movie

Sto correndo.
Come in ogni film di quel regista giovanilista italiano, serve una scena di corsa.
Corro.
Il cuore mi scoppia, i piedi appoggiano alternati per una frazione di secondo. Per andare il più veloce possibile, ogni appoggio deve durare il tempo della spinta in avanti. Senza indugi, senza bisogno di pensare a quale sarà il prossimo passo.
Prima ho imparato a camminare, col tempo, a correre.
Il mio corpo non si chiede mai come si faccia. Lo fa e basta.
La corsa è un sentimento. È dentro. C’è. Non ha altro da aggiungere e non deve convincere l’asfalto a venirgli incontro.
Corro perché temo che sia tardi e che possano essere prese decisioni che mi taglieranno fuori dalla vita che vorrei, per sempre.
So solo che più forte corro e più vento riuscirò ad alzare intorno a me.
Potrebbe portarmi dove voglio andare o spazzarmi via.
Spero nella prima ipotesi…

Giorno uno: ho questa foto di pura gioia...

E' notte ma il giorno uno inizia adesso.
Azzero l'orologio e riparto da zero.
La fiducia è un muro crepato da ristrutturare.
I rampicanti ne deturpano la superficie liscia.
Intanto devo strapparli via e poi mettermi al lavoro.
E non sarà una cosa facile.
Riguardo questa foto che tengo in uno dei miei romanzi adolescenziali preferiti. Il libro parla di una strana storia di amore, amicizia, punk rock e arrivederci.
Non addii ma arrivederci...
Cosa vedo in questa foto?
Vedo un bianco e nero...vedo sfumature di grigi allungate dall'alcol. Ci sono sguardi e parole intuite, ci sono promesse non dette perchè troppo presto. Ci sono cose non ancora comprese.
Sembrano passati anni ma il ricordo è ancora vivo.
Questa foto serve per cominciare a chiudere la crepa

4 marzo 2012

His Airness

"...Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, oltre diciasette volte a meno di 10 secondi dalla fine.
Ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite.
Ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato.
Nella vita ho fallito tante volte...ed è per questo che alla fine ho vinto tutto..."

                                                                                                         MJ #23

3 marzo 2012

I'm not leaving here

Oggi non è un buon giorno.
Come non lo sarà domani.
Ed il giorno dopo domani.
Una costante alla quale abituarsi.
Così come resterà costante un'altra cosa:

IO

SONO

QUI

E un giorno chi lo deve capire lo capirà.
E un giorno certe cose perderanno opacità e riacquisteranno il loro naturale splendore
E un giorno torneranno a riempire stanze interiori adesso troppo vuote.
Insopportabilmente vuote...

E' notte alta e sono sveglio...

Tempo fa, scrivevo che rispondere alla domanda "sei felice?" era cosa ben difficile.
Questa notte ho la risposta.
Non la darò in pasto alla rete, come se fosse un tonno. Io la conosco e questo mi basta. La sento dentro di me, la vedo riflessa nello specchio, la ascolto nella canzoni che suona lo stereo, la annuso nell'umidità di questa ora tarda.
Una cosa la posso dire: essere felici non è facile. E' una strada in salita che necessita di allenamento per vederne la fine. E' un percorso ad ostacoli che richiede grande forza di volotà perchè lo "stare bene" non viene servito su vassoi pregiati. Vuole essere costruito. Vuole pazienza, sincerità con se stessi e con gli altri. Vuole che ci si prenda cura di lui, che non gli si risolva la vita ma che si cerchi di essere un appoggio sicuro.
Ancora prima, scrivevo che ogni uomo è un isola. Frase dalla banalità evidente ma reale. Il problema è che ogni isola, in un mondo idealmente moderno ha molteplici possibilità di avere contatti con il resto del globo. O meglio, su di un'isola non c'è posto per una persona sola. Quindi, mi correggo: ogni uomo abita su di un'isola. Io ci ho sempre vissuto, avendo solo l'intuizione dell'arcipelago di opportunità che mi circondava. 
E' anche capitato che mi arrivassero segnali del tipo "ehi! non sei solo se vuoi".
Ma, non c'è peggior sordo di chi...no va bene...basta pensare per modi di dire e frasi fatte.
Passiamo ad un altro dei miei passatempi preferiti: la metafora.
Prendiamo un paese industrializzato, con un potenziale enorme ma sull'orlo della rovina. Questo paese ha perso credibilità, la forbice del grado di affidabilità rispetto ad altri paesi si apre sempre di più. In questo paese il servizio ferroviario non funziona bene. Perdere una coincidenza può non essere colpa del passeggero. Quindi, maestri nell'arte di arraggiarsi tipica del proprio popolo, i cittadini, sanno che avranno sempre la possibilità di porvi rimedio. Finchè non si accorgono che, cambiando paese, e quindi prospettiva, perdere un treno, laddove il servizio è assicurato e funzionante, equivale a perdere sul serio una possibilità.
Mi rendo conto che tali pensieri possano sembrare presi e incollati insieme a caso ma, non riuscendo a dare una logica alla situazione attuale, mi devo accontentare.
Esattamente dieci anni fa, scrivevo una canzone mai finita e con questa concludo questa giornata sapendo ancora una volta che, da domani, la vita degli altri continua.

"Sto sul mio albero e vivo in alto
con la testa piena e i pensieri tra le nuvole
Mi affaccio e guardo il mondo in affanno
la vita che muore lontana da me
Respiro e fuggo odori lontani
da luoghi dove non sono mai

Coltelli nella testa e tagli nello stomaco
il male che sento è quello che voglio
Una paura che trafigge e che lascia in me
ferite profonde che non so curare

Vivo sul mio albero ma non vivo mai
vivo di vite conosciute che non avrò mai"

Febbraio 2002