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3 giugno 2013

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 8

Quella festa, quasi un anno fa, fu solo l'inizio. Quello strano incontro, le botte, i messi successivi a cercare di rimettersi in piedi.
La fatica per costruire, da capo, ogni pezzo senza sapere con certezza se ci sarebbe riuscito.
Non lo ha fatto.
Ancora oggi vaga di festa in festa con un bicchiere sempre diverso in mano.
Pensa, nei pochi barlumi di lucidità, che i momenti nei quali inonda i pensieri di alcol siano quelli nei quali può essere più lucido. Da ubriaco non pensa, o pensa meno o pensa in modo diverso.
Certo, il giorno seguente non tutti i ricordi sono perfettamente allineati ma sul momento, nel presente, tutto sembra apparirgli più facile.
Vaga per locali e stanze private tra gente in preda a divertimenti lisergici. Stringe gli occhi quando intorno viene circondato da genti immerse in felicità postmoderne e forzate.
I suoi occhi lucidi cercano un barlume di bellezza. Di quella bellezza ormai perduta.
Quando l'aveva trovata, era rimasto indifferente, immobile, attonito. Senza afferrarla.
Oggi è così.
Herbert siede su di una panchina nel tepore dell'ora primaverile che precede il pranzo e ripensa ai mesi successivi e agli eventi dei giorni recenti.
L'ha conosciuta solo pochi giorni prima e, dopo più di un incontro, ancora non capisce.
E lui odia non capire chi gli sta davanti. Si chiede se lei abbia questo attegiamento sbeffeggiante per protezione oppure perchè ritiene che lui se lo meriti. Non capisce il motivo della distanza che gli sembra esserci, del perchè lei la continui ad alimentare ma, paradossalmente, si chiede come mai lei lo cerchi con costanza scientifica. Sembra quasi che lei lo voglia incontrare e conoscere ma poi, una volta insieme, se ne penta, venga assalita dalla noia o chiassà cos'altro. Oppure che lei si aspetti certe prese di posizione che, al contrario, lui pensa di non potersi permettere.
Herbert siede fumando e pensa che odia non riuscire a decifrare gli altri. Non riuscire a capire gli atteggiamenti o quali possano essere le reazioni alle sue azioni o parole.
Così diventa un navigare a vista e lui, senza punti di riferimento, tende ad auto-ammutinarsi. Ad essere del tutto onesti: tende ad auto-ammutinarsi più del solito.
(...continua...)

15 marzo 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 7

Rimasto solo sulla terrazza, non trova di meglio da fare se non buttare di sotto i bicchieri vuoti.
Non c’è una logica a questa azione. Lo fa.
Sente il rumore dei vetri che s’infrangono in basso e gli sembra che sia il suo Io a frantumarsi in mille pezzi.
Poi si volta e raggiunge l’interno con passo svelto.
Viene fermato da un cameriere che, visibilmente irritato e affaticato, chiede spiegazioni per quel gesto così poco cortese.
Avviene tutto in un attimo.
Sente la mano dell’uomo sull’avambraccio sinistro e non riesce a sopportarla, quasi fosse la catena che lo tiene legato a quel posto.
Si sente braccato e sente salire dentro il desiderio di scontro. Il desiderio di sentire male fisico.
Si divincola con uno strattone e colpisce al volto il cameriere con il pugno destro.
Sente rompersi qualcosa. Non sa se è la sua mano o una parte del volto che ha appena colpito.
L’uomo si affloscia a terra. Ha visto nel suo sguardo la sorpresa e subito dopo lo ha visto come svuotato della colonna vertebrale, da quanto velocemente è volato un passo indietro e poi si è come sgonfiato.
Si sente colpire alle spalle da quello che pensa possa essere un calcio. Perde l’equilibrio e si ritrova per terra.
Intorno a lui ci sono numerosi completi neri, probabilmente i colleghi del neo invertebrato ma, mentre cerca di metterli a fuoco, sente rompersi una costola. O forse più di una. Gli occhi gli si riempiono di lacrime. Quello che ritiene sia un calcio lo ha preso fecandogli esplodere i rimasugli del suo cuore. Quel cuore che, negli ultimi tempi, ha così poco curato.
Altri colpi, da tutte le direzioni, centrano vari bersagli invisibili situati sul suo corpo.
Dopo quei momenti, che sembrano durare troppo, viene sollevato di peso, quasi senza conoscenza, e riapre gli occhi al di fuori del portone da cui era entrato poco più di un’ora prima.
È sdraiato sul marciapiede. Gli gira la testa ma si alza lo stesso. Gli fa male tutto ma riesce a mettersi in piedi.
Sente fitte alla faccia, alla testa, al busto mentre la gamba sinistra sembra cedere ad ogni passo sotto il peso degli eventi.
In faccia ed in testa sente qualcosa di liquido.
In bocca sente un sapore che non ha mai sentito prima.
Comincia a camminare verso un nuovo giorno, nel quale dovrà raccogliere parecchi pezzi e dovrà curare la sua anima ferita. Del corpo, al momento, non si interessa…

(continua…)

6 marzo 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 6


Al ritorno la trova appoggiata con la schiena rivolta al giardino sottostante e gli occhi fissi su di lui.
Avanza lentamente perchè ha sempre avuto problemi a portare più di un bicchiere pieno. Sempre stato più facile svuotarli, i bicchieri. Per non parlare delle tazzine da caffè.
"visto che si è interessata, approfitterei di questa sua curiosità per vedere se riesco a far chiarezza".
Lei gli sorride come se, il fatto che avesse deciso di aprirsi, fosse la cosa più bella che potesse capitare.
Sotto sotto, Herbert sa che potrebbe essere la sua unica occasione prima di tornare a nascondersi.
Maya, come ha detto di chiamarsi la signora, sorseggia lentamente il cocktail che le è stato consegnato e lo fissa. Ancora una volta con l'aria di chi sa, della persona a cui è inutile mentire.
Herbert le racconta tutto, soffermandosi su particolari che lui stesso ritiene superflui. La sua interlocutrice, invece, sembra trovare tutto interessante. Al minimo dubbio sul fatto che possa fingere, la luce nei suoi occhi risponde smentendo inequivocabilmente il sospetto.
Ogni tanto lo interrompe e fa domande, come per farsi un'idea più chiara.
Andando avanti nel racconto, H. ha quasi l'impressione che potrà ricevere la soluzione, la chiave per capire, il raggiungimento della felicità. Ha anche lo strano sospetto che lei conosca già ciò che sta sentendosi raccontare.
"e questo è quanto è successo. Anche se, raccontare due anni in poco tempo non è facile"
Si aspetta una risposta, una frase risolutrice, un consiglio. Addirittura che lei gli scoppi a ridere in faccia.
Invece, all'improvviso, con un guizzo che pareva impensabile, lei lascia cadere a terra il bastone e lo abbraccia.
Lo stringe a se senza alcuna malizia.
E lui inizia a piangere...sente come se tutto fluisse via...inarrestabile...
Sente che quello è un abbraccio familiare; e capisce che  tutto quello di cui aveva bisogno era di essere abbracciato per sentirsi nuovamente sicuro.
La guarda di sfuggita e riconosce per una frazione di secondo il viso di chi lo sta tenendo al sicuro. Haq l’impressione che non sia la prima volta perché vede un viso che ha già visto più volte e che affiora, sotto i segni del tempo, dal volto di quella persona anziana. E, senza pensare di esser diventato matto, sa che quella stessa faccia la rivedrà fanciulla.
In quel volto, tra le lacrime, sta vedendo il suo passato, il presente ed il suo futuro.
Si stacca per asciugarsi le lacrime e quando torna a posare lo sguardo su Maya, vede solo uno spazio vuoto.
Non prova nemmeno a cercarla.
E' scomparsa lasciandogli molto più di quello che pensava: consapevolezza.
La consapevolezza data dallo sguardo d'insieme, dalla prospettiva che spinge al di la del giorno dopo; un filo rosso che lega il suo passato con l'oggi e che servirà da guida per il futuro che lo aspetta.
Tutto legato insieme.
La consapevolezza di voler esser parte di una cosa unica...
E rientra dentro perché non abbandonerà la festa fino a quando non sarà finita.
Non si arrenderà di fronte a qualche difficoltà.

(continua...)

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 5

La cosa peggiore, pensa Herbert, è che devo fingere di essere allegro.
Era stato sempre così. In mezzo agli altri non riusciva a mostrare quello che sentiva nei momenti di tristezza.
Una volta, gli avevano detto che non lo potevano vedere triste. Che non era accettabile.
Ha sempre avuto un pregio, in effetti: una grande forza d'animo.
Ma in quel momento, affacciato al balcone, sapeva di non potercela fare.
Dentro, il salone era pieno di gente in festa. Vestita a festa.
Si era costretto ad abbigliarsi elegante e ad uscire. Pensava che uscire dal nascondiglio di casa sua lo avrebbe fatto sentire meglio.
Circondato dalla gente, aveva resistito non più di dieci minuti.
Aveva avuto la sensazione fortissima di non essere mai uscito dal luogo dove era stato rintanato nelle ultime ore.
Era consapevole del fatto che non poteva uscire da se stesso, che non poteva fare finta di niente.
Sopratutto che non poteva abbandonare.
Spesso, in passato, aveva mollato. Aveva chiuso strade perchè non sapeva dove lo portavano.
Ce n'era una, però, che era rimasta sempre aperta, malgrado tutto quello che era successo, malgrado il presente che stavano vivendo in quel momento. O quello che avevano vissuto.
"disturbo?" una voce alle sue spalle
Si gira e si trova di fronte una signora di una certa età. Diciamo intorno ai settanta. Si muove lentamente ed ha uno strano modo di fissarlo. Nota che è ancora dotata di fascino, al di la delle rughe che le solcano il volto e dell'evidente difficoltà nel camminare, anche se aiutata da un bastone.
"è un paese libero" risponde lui secco, pentendosi subito del modo brusco in cui lo ha fatto.
"la vedo pensieroso, signor?"
Dicendo il suo cognome, si rende conto di quanto siano effimeri i nomi che ci diamo o che diamo alle cose. Di quanto sia affannosa la corsa a definire le cose. Per non parlare dei sentimenti. Quanto sia ridicolo cercare sempre un perchè.
"Mi scuso ma stavo riflettendo e non amo essere interrotto. Ma capisco che se non si vuole che succeda, i compleanni non siano il miglior posto nel quale farlo"
La signora, lo guarda di traverso e si avvicina fino ad appoggiarsi alla balaustra del balcone, proprio accanto a lui.
"non si deve scusare. Ho il brutto vizio di voler capire la gente. L'ho vista entrare e muoversi a disagio, fino a quando non mi è parso, letteralmente, fuggire verso la terrazza. Mi sono chiesta cosa potesse muoversi dentro un giovane come lei per spingerla a non notare gli sguardi di ammirazione delle donne e d'invidia da parte degli uomini"
Herbert resta a bocca aperta. Non capisce come un'estranea possa permettersi di ficcare il naso dentro di lui. La cosa strana è che non ne è per niente infastidito.
Sono giorni che cerca di capire a chi potrebbe rivolgersi per fare chiarezza dentro di se ma non ha trovato un candidato adatto tra i suoi amici o conoscenti.
Quindi, si dice, tanto vale fidarsi di questa sua nuova amica ignota.
"Le posso prendere da bere?" chiede con un barlume di galanteria.
visto che lei accetta, s'incammina verso l'interno, intenzionato a essere di nuovo fuori nel minor tempo possibile...
(continua…)

21 febbraio 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 4

Così, nel cuore della notte, una domanda rimbalza nella testa di Herbert: chi lo ha detto che non si può tornare indietro?
Esiste una regola scritta, in una qualsiasi legislazione dell'universo spazio-temporale, che vieti di cambiare idea?
Spesso si era trovato a ridere con gli amici, i poschi rimasti, della massima autolesionista secondo la quale solo gli idioti non cambiano mai idea. E giù risate per coprire con il rumore quella giustificazione posticcia e di bassa lega intellettuale.
Volendo prenderla sul serio, appare chiaro che non lo si può fare in continuazione, il mutare la propria opinione. Sarebbe schizofrenia e si entrerebbe in un campo alquanto melmoso.
Restando alla vita quotidiana, Herbert, sa bene che nella vita si possono prendere decisioni errate ma vi si può porre rimedio.
Era solito usare, nei serrati e poco proficui colloqui con se stesso, la metafora scontata della corda. Il passaggio repentino e continuato tra il bianco ed il nero, tra accensione e spegnimento di una volontà, è sempre una corda che viene tirata. Sostanzialmente elastica ma sottoposta al rischio materiale del lacerarsi e lasciarti con il culo per terra.
Il suo ego ha sempre sostenuto che gente come loro ha innumerevoli possibilità di sbagliare e di cambiare, di ritornare sui propri passi, di ricalpestarli in continuazione, anche se con leggere deviazioni.
Lui, invece, teme che a volte le occasioni siano contate e che la corda possa spezzarsi.
Il timore si accompagna alla consapevolezza di aver fatto bene. In totale contrapposizione.
Nella sua testa si aggirano questi rapinatori neuronici di pace che fanno scempio del gusto che si prova nell'assaporare il momento.
Dualismi che lo dilaniano.
Paradossi poco zenonici e sempliciotti sui quali tenta di costruire un propria filosofia del quieto vivere.
Giusto o sbagliato?
Possibile o non possibile?
(Sopratutto) Accettato realmente da altri oppure rifiutato?
Bonnie e Clyde...

18 febbraio 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 3

"Cosa hai pensato appena sveglia questa mattina?"
Non sentendo risposta. Sapendo di non poterne avere una, Herbert apre la serranda di camera.
Fuori piove. Mi sembra il minimo, si sorprende a pensare, il mio mondo ha bisogno di essere lavato.
Cerca di capire se stesso perchè da un pò di tempo non ci riesce.
Così come non ha chiara la volontà della società in cui vive.
Il comportamento dei suoi simili, negli ultimi decenni, era diventato intollerabilmente insopportabile.
Politica e scambio di favori erano la moneta quotidiana con la quale faceva le transazioni della sua anima. Ogni volta ne perdeva un pezzo. Ogni volta si sentiva più povero dentro.
Avesse potuto, almeno, barattararla per un pò di felicità. E poi?
Ci sono persone, come lui, che non sono avvezze alla felicità. Non perchè siano tristi, anzi. Il problema è che un forte realismo lo spinge, da sempre, a sapere che la felicità non dura per sempre; che prima o poi lascia il posto ad altro; che la vera gioia sta nella ricerca.
Quella ricerca lunga e faticosa che porta avanti da sempre, accompagnata dal rifiuto di una qualsiasi stabilità. O di quella normalità non banale che teme tanto.
Fuori continua a piovere e si accende una sigaretta.
Espira in una nuvola di fumo un altro pezzo di se e si ritrova a fissarsi le mani e a riflettere su quanto sembrino perfette per accogliere il suo viso.
Quel viso che era stata la prima immagine appena sveglio.

20 settembre 2011

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 2

Tanto per chiarire, Herbert!
"Allora se lo sai dimmelo!
Tu che possiedi la ricetta della felicità, parlamene.
Tu, con la verità in tasca, confessa. Parla!
Scena muta, eh?
Come mai se la conosci non la raggiungi?
Forse perchè perdi tempo ad accusare me ed altri del fatto che il mondo va a puttane.
Perchè ti distrai e colpevolizzi chi commette errori. Grossolani e dolorosi, te lo concedo, ma vivendo si sbaglia.
Almeno non vivo di illusioni.
Almeno so che non c'è futuro.
Che come razza manchiamo completamente di speranza nel domani.
Perchè è il presente che abbiamo ed è li che bisogna agire e decidere.
Perchè un presente dietro l'altro formano un futuro e si lasciano alle spalle un passato.
Perchè un altro mondo è possibile ma non quello che speriamo. Un'alternativa c'è di sicuro ma non esiste una ricetta.
Siediti.
Respira.
E ricomincia da capo..."
Così lo aveva aggredito, davanti a tutti. Nel bel mezzo di quella che sarebbe stata ricordata come la festa rovinata da un pazzo.
Ma lui pazzo non era.
(...continua...)

2 agosto 2010

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 1

Per quanto rifuggisse l'approvazione del prossimo, in realtà ne era fortemente attratto.
Dire o fare cose che potessero anche solo infastidire leggermente gli altri lo repelleva. Doveva, per questo condurre vita morigerata e sana: niente eccessi. Il suo credo.
Lo aveva visto a quella festa. Ritrovo fotocopia di molti altri. In piedi tra la gente, bicchiere in mano, sorriso di presenza e livello alcolemico in crecita esponenziale. Forse un pò lo invidiava. Ammettiamolo: invidiava Herbert per la sua capacità di relazionarsi con gli altri, di essere sempre al posto giusto, di piacere alle donne senza il minimo sforzo.
Era capitato solo in rare occasioni che potessero scambiare due parole ed ogni volta la sensazione era la stessa: sono di fronte ad un genio! O al più distratto dei cretini. Distratto al tal punto da non accorgersene.
- Non la capisco la gente... - spesso H. iniziava un discorso riferendosi in maniea vaga al "concettto gente"; senza specificare. Ne erano seguiti un paio di minuti di invettive contro i suoi simili, senza il minimo sospetto di trovarsi, in fondo, di fronte ad uno specchio che rifletteva la sua immagine.
Per quanto lo riguardava, H. non differiva dagli altri quanto lui. Il problema nasceva dal fatto che questa differenza era virata al nero, al negativo. Poco fascino, poco eloquio, poco gusto ne vestire...e si potrebbe contunuare all'infinito.
E durante una di queste feste, nacque in lui l'idea...
[...continua...?]