21 febbraio 2012

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 4

Così, nel cuore della notte, una domanda rimbalza nella testa di Herbert: chi lo ha detto che non si può tornare indietro?
Esiste una regola scritta, in una qualsiasi legislazione dell'universo spazio-temporale, che vieti di cambiare idea?
Spesso si era trovato a ridere con gli amici, i poschi rimasti, della massima autolesionista secondo la quale solo gli idioti non cambiano mai idea. E giù risate per coprire con il rumore quella giustificazione posticcia e di bassa lega intellettuale.
Volendo prenderla sul serio, appare chiaro che non lo si può fare in continuazione, il mutare la propria opinione. Sarebbe schizofrenia e si entrerebbe in un campo alquanto melmoso.
Restando alla vita quotidiana, Herbert, sa bene che nella vita si possono prendere decisioni errate ma vi si può porre rimedio.
Era solito usare, nei serrati e poco proficui colloqui con se stesso, la metafora scontata della corda. Il passaggio repentino e continuato tra il bianco ed il nero, tra accensione e spegnimento di una volontà, è sempre una corda che viene tirata. Sostanzialmente elastica ma sottoposta al rischio materiale del lacerarsi e lasciarti con il culo per terra.
Il suo ego ha sempre sostenuto che gente come loro ha innumerevoli possibilità di sbagliare e di cambiare, di ritornare sui propri passi, di ricalpestarli in continuazione, anche se con leggere deviazioni.
Lui, invece, teme che a volte le occasioni siano contate e che la corda possa spezzarsi.
Il timore si accompagna alla consapevolezza di aver fatto bene. In totale contrapposizione.
Nella sua testa si aggirano questi rapinatori neuronici di pace che fanno scempio del gusto che si prova nell'assaporare il momento.
Dualismi che lo dilaniano.
Paradossi poco zenonici e sempliciotti sui quali tenta di costruire un propria filosofia del quieto vivere.
Giusto o sbagliato?
Possibile o non possibile?
(Sopratutto) Accettato realmente da altri oppure rifiutato?
Bonnie e Clyde...

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