24 dicembre 2010

I don't believe in christmas!!!

Auguri a chi giudica e non fa mai, MAI, un pò di autocritica!
Auguri a chi ha sempre ragione (beati loro)!
Auguri a chi rovescia sugli altri le colpe delle proprie insicurezze!
Auguri a chi scrive cose tipo questa (di un'inutilità abbacinante)!
Auguri a chi sa cosa vuol dire "abbacinante"!
Auguri alla forma e non alla sotanza!
Auguri MODERATI anche a tutti gli altri!
I don't believe in xmas!!!

29 ottobre 2010

Il BelPaese

Escort
Lodo
Bunga Bunga
Minorenni
Impedimenti
Opposizione
Aggressioni
Rifiuti
Terremoto
Precariato
Debito pubblico
Corruzione
Faziosità
Paparazzi
Ricatto
Censura

27 ottobre 2010

Niente

Mi fermo.
Immobile.
Tutti i sensi acuiti dal silenzio.
Fisico e mentale.
E' assordante!
Il rumore dei passi che si allontanano!

17 ottobre 2010

Fuga

Ho il fiato grosso. il fiatone, si direbbe.
Il sudore ha imbevuto la maglietta, cola dalla fronte, mi riga il collo.
Le gambe vanno avanti quasi per inerzia. Sanno che devono muoversi e lo fanno. Senza chiedere perchè.
Il cuore pompa sangue, veloce, ritmico, forse troppo.
Sto scappando. Sto correndo via di la. Cerco di farlo nel modo più veloce e regolare possibile. Evito di inciampare, provo a non fermarmi finchè non mi sento al sicuro.
Finalmente una sensazione di benessere e la certezza di essere in salvo. Allora decido di fermarmi.
Ora che riprendo fiato, mi guardo intorno e non vedo niente. E' buio. Vado avanti con le braccia tese ed i sensi allertati: per non picchiare la faccia.
Trovo una parete e decido di seguirla. Arrivo ad un angolo e giro, poi un altro ed un altro. Infine un quarto. Mi accorgo sgomento di essere rinchiuso in una stanza senza porte, senza vie di fuga.
L'essere da solo lascia spazio alla consapevolezza che si tratti di un cosa non vera.
Cerco la tasca dei jeans e tiro fuori un accendino.
Faccio girare la rotella e accendo.
E sono tutti li.
Mi fissano.
Aspettano che io dica qualcosa.
In attesa.
Tutti i miei fantasmi, tutte le cose successe negli ultimi mesi, sono li che mi guardano e, adesso, io guardo loro.
La fuga è stata una parentesi inutile, un mero esercizio fisico. Non c'erano posti in cui scappare.
Questa stanza è la mia testa e, ora lo so, è popolata da fantasmi con i quali devo fare i conti.
Ogni singolo momento.
L'accendino si spenge.
Di nuovo notte...

13 ottobre 2010

Spolverando

Spolverando i cd, alcune considerazioni...
Quando cazzo li ascolterò mai tutti?
La discografia dei Nirvana ce l'ho tutta originale...
Mi manca il triplo singolo di "Dissident" dei Pearl Jam originale...
I bootleg dei Pearl Jam saranno almeno un centinaio...
Non esiste una discografia senza i Metallica...
Ho più cd stranieri che italiani ma il mondo è più grande dell'Italia...
Toh! Il cd solista di James Iha!
Waits, Young e Dylan devono essere originali. Almeno alcuni.
Se arriva la finanza, me se 'ncula!!!
Naturalmente, signor finanziere, gli originali sono custoditi in una banca di Santa Lucia
Chi cazzo sono i Phantom Planet?
Perchè ho un cd dei Phantom Planet?
Mad season...un album solo...peccato...

14 settembre 2010

Vorrei scrivere di molte cose. Del Messico e del suo spettacolo, di come mi sento, di come, purtroppo, credo di far sentire gli altri, di cosa vorrei, di cosa mi manca, di chi mi manca.
Vorrei scriver per metafore, per indizi, per supposizioni argute e ficcanti.
Vorrei...ma non ci riesco...
Quindi...
(Clicca per ingrandire) Diego Rivera - El hombre en cruce de caminos. 1934. Bellas Artes, Ciudad de México.  

2 agosto 2010

Dell'impagabile attrazione del differire. Pt. 1

Per quanto rifuggisse l'approvazione del prossimo, in realtà ne era fortemente attratto.
Dire o fare cose che potessero anche solo infastidire leggermente gli altri lo repelleva. Doveva, per questo condurre vita morigerata e sana: niente eccessi. Il suo credo.
Lo aveva visto a quella festa. Ritrovo fotocopia di molti altri. In piedi tra la gente, bicchiere in mano, sorriso di presenza e livello alcolemico in crecita esponenziale. Forse un pò lo invidiava. Ammettiamolo: invidiava Herbert per la sua capacità di relazionarsi con gli altri, di essere sempre al posto giusto, di piacere alle donne senza il minimo sforzo.
Era capitato solo in rare occasioni che potessero scambiare due parole ed ogni volta la sensazione era la stessa: sono di fronte ad un genio! O al più distratto dei cretini. Distratto al tal punto da non accorgersene.
- Non la capisco la gente... - spesso H. iniziava un discorso riferendosi in maniea vaga al "concettto gente"; senza specificare. Ne erano seguiti un paio di minuti di invettive contro i suoi simili, senza il minimo sospetto di trovarsi, in fondo, di fronte ad uno specchio che rifletteva la sua immagine.
Per quanto lo riguardava, H. non differiva dagli altri quanto lui. Il problema nasceva dal fatto che questa differenza era virata al nero, al negativo. Poco fascino, poco eloquio, poco gusto ne vestire...e si potrebbe contunuare all'infinito.
E durante una di queste feste, nacque in lui l'idea...
[...continua...?]

27 luglio 2010

GB

Nella vita bisogna essere pronti a fare anche delle rinunce. 
Il problema sorge quando non lo si è.

1 giugno 2010

Not to be

Ascolto "My city of ruins". Pur guardando al peggio, auspica un momento in cui risollevarsi e riprendere a camminare. Commovente speranza perchè poi butto un occhio al mondo che mi circonda. Quello in cui vivo.
Non per scelta ma perchè l'unico che mi è concesso.
La diversità fa paura. Un'idea differente spaventa. Voltaire - mi pare ma potrei sbagliare - sosteneva che avrebbe dato la vita per difendere anche idee opposte alle sue.
Oggi non ci siamo.
Ieri ancor meno.
Domani non lo so...
Si spara a persone inermi. Si costruiscono muri dove le ruspe hanno abbattuto case.
Ragazzi muoiono in carcere e non ci è dato sapere in che modo. O per mano di chi.
Chi si ama viene pestato perchè non corrisponde a canoni socio-culturali, predeterminati non si sa da chi.
Chi governa finge che sia tutto a posto.
Sostiene che il paese stia vivendo un momento passeggero, che i giovani non lavorano perchè non ne hanno voglia. Chè sono viziati.
Chi ci rappresenta nel mondo è convinto che la stampa sia prevenuta, che i comunisti ci siano ancora e passino il proprio tempo a trovare modi per gettar discredito.
Chi si dovrebbe opporre istituzionalmente perde tempo a farsi la guerra in casa. Non ha obiettivi comuni, non ha idee da portare avanti, non smuove le masse (nell'accezione più nobile del termine). Sta lì. Seduto sulla sua bella poltrona rossa e finge di interessarsi a chi la poltrona non ce l'ha.
Mentre ancora il mondo salta in aria, non ci siamo.
Come ieri e, forse, come domani...difficile imparare da quel che è già accaduto.

Per avere il campionato di calcio più bello del mondo, ce ne vogliono centinaia di migliaia che fanno schifo... (1992, Puerto Escondido).

10 maggio 2010

And THE radio plays...

In un paese dal cuore nero, averlo rosso non rende le cose facili. Una schiatta di sangueblu marcia incontrastata verso il dominio dei corpi, delle mani e delle menti.
Una voce che parla come radio a onde anomale.
Una voce che scoperchia vasi da non aprire e mette in piazza quel che mai si pensava sarebbe stato reso visibile.
Il pensiero di quel ragazzo era anche il verbo di quel ragazzo ed il messaggio doveva arrivare a cento passi da casa sua o a centomilioni di falcate di distanza. Non importava come, importante era che quella voce potesse essere udita. Importante era che orecchie, più o meno addestrate, cogliessero l'essenziale, capissero.
La denuncia, troppo spesso, è un lamento di Cassandra che il vento spazza come la scopa fa con la polvere.
La denuncia, troppo spesso, ha effetti che l'uomo ancora oggi non è in grado di concepire come appartenenti al suo essere umanità.
Questo voleva essere un racconto, voleva sembrar metafora ma certi episodi non possono esserlo. Certi episodi sono realtà. Certe vite sono già, di per se, romanzi e, quindi, non romanzabili. Sono romanzi massacrati a sassate e fatti saltare in aria come marmo in miniera, come se la vita non avesse valore o anima.
Orecchie, si diceva. Alcune l'hanno inteso. Altre hanno capito e avuto paura. Quelle stesse orecchie hanno armato il braccio di chi, dalla sua montagna di merda, in una notte di maggio, ha deciso di spengere per sempre quella radio.
E non conta tutta la pioggia che laverà le lacrime versate. Ogni cazzo di goccia salata portata via, verrà sostituita da una nuova, perchè ricordare è l'unica strada.
Una strada che in soli cento passi riuscirà a non far dimenticare che, una radio spenta, conta più di mille accese ma che non hanno più niente da dire.
Ciao G.

11 marzo 2010

Il caso Prezzemolina

Una donna incinta ruba prezzemolo alle fate. Loro, furbe, la colgono in flagrante e le fanno promettere che, appena nato, il frutto del ventre le sarebbe stato loro.
Appena può, la neo mamma obbedisce, probabilmente per non pagare le future tasse universitarie o cliniche abortive.
C’è poi una torre ed un principe (in alcune versione, un parente delle fate) che sale usando i di lei capelli come scala. Appuntare: ricordare a Cesare Ragazzi di pensare a nuovo testimonial.
Prezzemolina fugge insieme al principe con le ghiande in mano. Non quelle del principe.
In realtà la storia s’ingarbuglia perché ci sono varie versioni e, a volte, le fate sono un’orca.
Non avevo voglia di leggermi tutte le versioni ma forse basta aspettare che se ne accorga Tim Burton, in modo che possa rifilarci altre due ore tridimensionali e di una noia mortale.

Quello che colpisce è una frase che, in una delle versioni, la nostra eroina pronuncia: “preferisco dalle fate esser mangiata, che da un uomo esser baciata”.
La confusione impera nel cervello di fantasia di Prezzemolina.
Primo, le fate non mangiano nessuno ma sono brave e buone. Al limite sono le streghe che fanno cose brutte. Poteva almeno chiedere alle colleghe Biancaneve, Gretel o a quell’altra che dorme nel bosco.
Secondo, il rifuggire il bacio di un uomo denota in lei un’ambiguità dovuta alla poca chiarezza nella sfera sessuale.
Cala capelli ma non cala le brache. Ed il principe rischia la vita per cosa?
Il quesito che resta, in definitiva, è: Prezzemolina è omosessuale?
O solo omofoba?
E se lo fosse? Lo sa oppure rimanda tutto ad un’incapacità di relazionarsi con il prossimo, specie se uomo?
E' proprio vero che tira più un...? Va bene, si è capito.

Quesiti che resteranno irrisolti, attendendo il secondo capitolo della saga.
Per l'occasione, sembra sia stata contattata anche la quattrocchia volante da Hogwartz ,anche se ,alcuni maligni sostengono che un giovane maghetto di ormai cinquant'anni sia poco credibile.
Si preannuncia, in ogni caso, un sequel denso di eventi: la solita lotta bene contro male arriverà al proprio climax nello scontro con il granchio cameriere.

Stay tuned!

7 marzo 2010

Dal 2006: In vino veritas?


Sto guardando Barfly, un film degli anni credo-ottanta. Scritto da Hank Cinaski e interpretato da Mickey Rourke.
E mi viene in mente: ubriacarsi.

La prima volta non la si scorda mai. Ero in Sardegna, ospite di una delle fidanzate radical-chic di mio fratello. Una specie di comprensorio di villini, pieno di giovani. Avevo quindici anni e tra cotal juventudine c’erano tre ragazzi inglesi. Ricordarsi i nomi avrebbe del miracoloso.
Verso le cinque si giocava a calcio e la sera, non saprei, ero un ragazzino. Solo una sera ricordo. Spiaggiata con falò. Mi metto insieme a questi tre giovani sudditi della Regina e parliamo e intanto loro bevono. Ed io non posso declinare l’invito. I numerosi inviti a brindare.
Mi insegnano alcuni cori da stadio delle loro terre. Si ride e si scherza.
Intanto mi nutro del profano nettare. Insomma, a fine serata non mi reggo in piedi. Ricordo che non riuscivo a levarmi la sabbia da una scarpa, stando in equilibrio sul piede con calzatura. Ricordo che son tornato e sono crollato di testa sul divano dell'appartamento. Peccato che fosse in muratura.
Questa è storia vecchia.
 
Dicevo, ubriacarsi. Bere in maniera del tutto lecita. Riempirsi di libagioni alcoliche senza darsi un freno. Continuare a buttare giù roba anche quando la sete è ormai placata da ore.
Mi chiedo che sensazione da?
Quali ricercate idee si producono in quei momenti?
È proprio vero che in vino veritas?
La sensazione più viva che ricordo sono gli alberi, pardon, i rami degli alberi che girano, girano, girano.
Sento la mente molto leggera come a voler dimenticare i problemi, grandi o piccoli che siano. Sento la voglia di comunicare con il prossimo, che di solito latita.
Sento la voglia di correre, la testa gira e se ne va per conto proprio e l’essere ubriachi consiste solamente nel fatto che la si lascia fare. Perché non concederle un giro turistico del mondo libera da guinzagli e legami?
Sto finendo la seconda birra e non sarò mai come Bukowski. In realtà, non lo voglio essere anche perché, a dirla tutta, i suoi scritti non è che siano tutta sta bellezza: monotoni, volgari, ripetitivi. Geniali, a volte. Glielo concedo.
È finita l’era della beat generation, dei poeti maledetti, delle rock-star “sesso-droga-rockenroll”.
Questo è l’anno duemilasei, del millenium bug se ne ride e questo è semplicemente un venerdì sera in un paesino della Toscana.

Forse si beve per dimenticare…
Forse si beve per ricordare…
Forse si beve perché i ricordi così fanno meno male…
Forse si beve perché, insieme al tabacco e ai sogni, è l’unica droga rimasta legale…
Ognuno beve per i propri motivi personali. Molti non si sono mai ubriacati in vita loro.
Io bevo perchè mi piace fuggire al controllo di me stesso.

6 marzo 2010

S.P.Q.R.

Sono andato via che erano gli inizi degli anni 90. Un pezzo di elementari, le medie, una classe e mezzo delle superiori.
Non possedevo mezzo proprio di locomozione ma avevo le gambe, i mezzi pubblici e gli amici.
Con un autobus si arrivava a Ponte Milvio. Non era quello dei lucchetti. Era quello del forno, della gelateria, del videonoleggio (videocassette!!!), del negozio che affittava giochi per il GameBoy. Era il mio piccolo regno. Pomeriggi sempre li a non fare niente di speciale se non respirare il Tevere e riempire le orecchie con la musica del traffico. E non c'è alcuna ironia in quello che dico.
Abitavo in un quartiere residenziale, oggi gettonatissimo e con prezzi al metroquadro da far accapponare la pelle.
Ma le mie classi, erano quanto di più all'avanguardia ci fosse.
Oltre ai classici "pariolini" e figli di papà, c'erano i figli delle famiglie delle case occupate e i bambini di colore in affido alle suore. E tutto era normale!!! Nessuna distinzione di classe sociale. Nessuna menata per crocifissi o metodi di integrazione. Alla fine degli anni ottanta avevo una classe multietnica e non lo sapevo perchè il termine ancora non andava di moda. Avevo vicini con situazioni complicate ma non li compativo. Semmai, fin dove potevo, cercavo di capire. E basta.
Sapevo solo di avere dei compagni di classe e degli amici. Eravamo persone. Al liceo qualcosa era cambiato. Evidentemente crescendo, alcuni ritengono che le differenze contino più delle cose in comune. In effetti, una differenza palese c'era. Chi aveva il motorino e chi, invece, no. Sorvoliamo volentieri sul voler sapere di quale delle due caste io facessi parte, per favore.

Al cinema andavo ma solo in quelli che potevano essere raggiunti con massimo due autobus. Aumentandone il numero si sarebbe trasformato in un viaggio. Di base il 446, o "quattro piotte", e poi a scelta. Al Cola di Rienzo ho visto "Batman". Era il 1989 e nessuno parlava di "teniamo in casa i bambini che l'uomo nero ce li porta via". Le raccomandazioni dei genitori c'erano ma, forse,  si aveva meno paura.

Via del Corso era la giornata "una volta ogni tanto". Quello era il centro. Anche se distava solo una decina di minuti, forse quindici, ma senza traffico. C'era McDonald's ed era novità assoluta in quasi tutto il resto d'Italia. Le strade dei grandi. I negozi da grandi. I grandi.
Scendevamo dal "quattro piotte" in piazza Mancini (suo capolinea) e salivamo sul tram (che ora non c'è più).  Ci portava diretti in Piazza del Popolo in meno di cinque minuti (aveva corsia preferenziale, chiaramente). Ma era già un tram moderno e nuovo di pacca. Alle spalle l'Olimpico ci faceva la guardia, restando l'arena inviolabile dei nostri eroi. In giallo e rosso o in bianco e azzurro, secondo i gusti. Il tifo calcistico era un'altra differenza che contava solo nelle prese per culo e non portava mai a contrasti reali.
Con il mio migliore amico, laziale, avevamo scommesso per un derby. Chi avesse perso, avrebbe dovuto indossare per una settimana la sciarpa della squadra "nemica". Io ho perso. Il fatto che non si fosse specificato come andasse portata, però, mi permetteva di trascinarla per terra e nei cassonetti, nel fango e nelle pozzanghere. La "penitenza" è durata circa quindici minuti.
Queste cose, e molte altre, sono Roma, per me.

Roma è una città che resta dentro. Che mi è rimasta dentro. Nel cuore. Nel modo di pensare. Nella parlata, in parte. Nella testa. Roma non è, per me, una metà turistica, è una parte di casa mia, ovunque essa sia.

25 febbraio 2010

Sonico. Parte seconda

A volte sono di una banalità sconcertante. Quando ero piccolo mi piaceva il Festival di SanRemo. Mi piaceva il fatto di poter stare alzato fino alla fine, almeno il sabato.
Un anno, ricordo che, per SanRemo, mi chiusi in camera di mio fratello maggiore, assente per l'occasione,  armato di radio-mangiacassette e tv. Per registrare, la prima; col volume a zero la seconda.
Dimenticavo, a quei tempi SR veniva passato per radio in STEREO!!! La mattina dopo avevo la mia cassetta con le canzoni.
In gita alle medie, andavo al microfono del pulmann e cantavo "Adesso tu" di Ramazzotti o "Ragazzi di oggi" di Luis Miguel.

Oggi SanRemo non lo guardo. Ne sento parlare. Ascolto commenti o le canzoni alla radio, per puro caso. Guardo video di parodie.
Per quel poco che ho sentito/ascoltato/letto, qualche considerazione, anche se inutile per l'umanità, , mi viene da farla.

Morgan: eroe dei diversi eliminato perchè ammette di fumare crack per curare la depressione. Ma chi cazzo se ne frega!!! Parliamo di una persona che probabilmente ha bisogno di soldi e partecipa da anni ad un reality show. Di un artista eccezionale che forse ha perso la strada. Per questo non lo si doveva far andare al festival e non perchè si droga.

Orchestra: mi pare di aver capito che quest'anno votasse ed ho visto un filmato nel quale contesta alcune eliminazioni, fischiando e lanciando spartiti per terra. Ma ci vogliamo lasciare prendere per il culo davvero? Lo fanno ridendo, gettano fogli a caso e sono professionisti preparati e pagati per suonare qualsiasi merda gli venga messa sotto il naso. E ci vogliono raccontare che hanno fortemente contestato? Su! Forse siamo un pò più intelligenti di come ci credono.

Povia: del suo SanRemo ne ho senttito parlare lo scorso anno quando ha "minacciato" una canzone sulla Englaro. Secondo me è partito un pò lungo per sperare che la polemica fosse efficace anche adesso.

Cristicchi: osannatissimo! Grande canzone! Intelligente! Ironica! Un capolavoro, ho pensato. Poi l'ho sentita e sembra la canzone di uno molto furbo, che richiama la cronaca politica e pseudo-politica , e che con un ritornellino orecchiabile si accattiva i favori di gente che non si sa cosa si aspetti dalla gara canora. Del resto, nella merda, anche il fango sembra abbia valore. Per favore...Non sarai diventato come Biagio Antonacci ma Rino Gaetano non lo vedi neanche col binocolo.

Elio e le storie tese: lo so! non c'erano ma le loro parodie a "Parla con me" sono semplicemente eccezionali. Unico motivo per sentire gli originali.

Antonella Clerici: dopo un'ottima (e iper-pubblicizzata) dieta, si presenta sul palco dando l'impressione di ingrassare tra un pezzo e l'altro. Almeno è piacevole e solare.

Quei tre: Pupo, Filiberto e quell'altro. Assolutamente trash ed eccezionali nel loro essere tremendi. Il Ghinazzi era meglio se continuava a fare pacchi. Il principe "de 'sto cazzo" pare convinto. Parte bene, ci crede, ama un paese che non se lo incula e si atteggia a grande interprete di sofferenze passate. Chissà ancora le notti insonni, quando ripensa all'esilio e alle lacrime spese bagnando il volante della Lamborghini.
Il terzo, invece, chi è? Sti tenori che si danno al pop spuntano ogni cinque minuti e se la lirica è in crisi, se lo meritano, così imparano a perdere tempo.

(Continua...)

14 febbraio 2010

Sonico. Parte prima

Sono nato a metà degli anni 70.
Questo vuol dire che mi sono perso (in ordine sparso) il '68, gli anni d'oro degli Who e dei Beatles, gli anni settanta, il punk.
Nascevo mentre nascevano i Ramones e forse avrebbe potuto essere un buon segno.
Ne ho ignorato l'esistenza per circa un decennio e mezzo.
Li ho scoperti quando ormai erano incamminati verso il viale del tramonto e lanciati verso l'immortalità atraverso la loro musica.

Da ragazzino sono stato imboccato di schifezze grazie a Dj television. Poi è arrivato Jovanotti.
L'estate la passavo dai miei nonni in Toscana. Di fronte al loro terrazzo di cucina abitava una ragazza un pò più grande di me. A lei, avevo saputo dopo varie indagini, Jovanotti piaceva. Erano gli anni de "La mia moto".
Mi mettevo sul terrazzo con un  vecchio stereo del nonno e quella cassetta (di cd neanche l'ombra, figurarsi ipod ed mp3) a tutto volume. Pensavo, stolto, di fare colpo così.
Lei era avanti. La immaginavo abbracciata in storie ad alto potenziale erotico. Circondata da amanti occasionali dai quali prendeva ciò che voleva e tanti saluti.
Io ero piccolo in confronto. Piccolo e paffuto. Prodotto culinario del benessere familiare.
Inutile dire che, mentre Jovanotti cavalcava l'onda del suo successo personale, io, all'interno del mondo della fanciulla, sprofondavo sempre di più nell'anonimato.
Poi, quando il buon Lorenzo era più verso i trenta che i venti e cominciava a capire che serviva l'impegno per essere più figo, il suo mentore, Cecchetto, mi buttava addosso gli 883.
Tra omicidi di uomini ragno, moto, case che non erano alberghi, io cercavo di uscire dal pantano auditivo nel quale la società mi stava facendo sprofondare.
Quando riuscivo a mettere fuori la testa, arrivava un compagno di classe scafato che, in gita, metteva nello stereo la "tre". Quest'ultima non era nient'altro che una compilation di una discoteca del luogo. Fatta da un dj che, venerato come un dio, sembrava per i suoi seguaci la chiave che avrebbe aperto le porte delle camere da letto di tutte le donne del mondo.
Il ballo scomposto, il ciuffo ed il gel erano il grimaldello per essere accettati in società.
Con mezza faccia nel fango, annaspavo, sperando in un "arrivano i nostri".
Per il momento mi dovevo accontentare di un "arrivano i mostri".
(continua...)

23 gennaio 2010

Solo spettatori autorizzati

Aprire un libro, un bel libro, è come cascarci dentro. La sensazione è quella di essere risucchiati in un altro mondo. Si ha l'impressione di cominciare a frequentare altre persone. Ci sono quelle simpatiche e quelle antipatiche. Gli amici e quelli che non lo sono. Ci si sente coinvolti negli accadimenti e si spera che le cose vadano come si crede sarebbe meglio


Leggendo "A sangue freddo", mi sono sentito catapultato in un mondo che non c'è più ma, al contrario di altre volte, mi sentivo estraneo, un osservatore neutrale. Il taglio del romanzo porta a questo e, tra le altre cose, testimonia al meglio la grandezza letteraria di chi lo ha partorito.
Capote scrive un freddo e distaccato resoconto di un delitto. Come un giornalista ci narra i fatti e filtra le sensazioni ed i sentimenti dei personaggi. Quest'ultimi diventano persone con poco di romanzesco. E la freddezza diventa abilità affabulatoria.
Il buon Truman mi ha lasciato alla finestra ma senza farmelo pesare, senza che in me nascesse il desiderio di scendere per le strade di Holcomb (o Garden City) e diventarne cittadino momentaneo. Mi ha accordato il permesso di assistere agli eventi e, per far ciò, mi ha nutrito di scrittura asciutta e lucidità.
Beh...grazie...

3 gennaio 2010

Senza distinzione

Un immigrato, residente da circa vent'anni nel nostro paese e che per dovere di stereotipo chiamerò Abdul, parla con un sociologo americano.
Quest'ultimo gli fa domande sulla condizione degli immigrati. Abdul risponde che gli autoctoni trattano meglio le persone come lui dal lunedì al venerdì, cioè quando lavorano, rispetto al sabato, la domenica ed i giorni festivi.
Questo mi spinge a riflettere su come ci vedano, come paese intendo, quelli che ci osservano da esterni residenti all'interno.
Posso supporre che per lui tutti gli italiani siano così. Cioè, partendo da una minoranza che la pensa in quel modo, generalizza. Così facendo, ripete, cambiando punto di vista, ciò che molti di "noi" fanno con "loro": ritenere tutti gli immigrati degli scansafatiche, deliquenti o peggio (se c'è).
Io non mi rivedo nella definizione di Abdul. Così come non ci rivedo molte persone che conosco e frequento.
Quindi? Anche lui crea un clichè, uno stereotipo. Prende il tutto, partendo da una parte.
Di conseguenza, rafforza, in me,  la convinzione nel concetto di relatività e l'amara considerazione che l'essere umano tende a giudicare senza conoscere. Senza distinzione di razza, religione, genere, colore o altro.
Non mi fa arrabbiare detto da Abdul, perchè lo posso capire. O meglio, posso intuire come si senta uno straniero in mezzo a sguardi, per lo più, ostili. Tacciato, ad ogni pretesto, delle peggiori azioni che l'uomo possa compiere. Lo capisco.
Capisco che le differenze sono relative. Che se un marocchino è un diverso in Italia, io sarò diverso in Marocco. Tutto è relativo. Sono stato per venti giorni un diverso, circondato da sguardi a mandorla. Però, mai invadenti, mai sospettosi, sempre cortesi.
La differenza deve partorire curiosità e interesse. Empatia, anche. Mai diffidenza. Conoscenza, semmai. Solo conoscendo è possibile integrare mondi diversi, mantenendo inalterate le loro peculiarità.
Ma forse richiede troppo sforzo. Senza distinzione di razza, religione, genere, colore o altro.

2 gennaio 2010

2009. Niente da capire

L'anno è finito come è iniziato. Allontanando persone. Vestendo i panni dello stronzo, o peggio, dell'immaturo.
Nel mezzo, la conferma che non riesco ad uscire dagli anni 90. Musica, vestiti, pensieri. Gli stessi.
Il Giappone. Matrimoni e figli che nascono. Dagli altri, per fortuna.
Infortuni ripetuti sul campo da gioco col timore di dover smettere e la volontà di continuare.
Poi che altro?
Le solite prove di esilio volontario dal mondo che si sono andate a scontrare con una nuova "avventura" intrapresa. Avventura tra virgolette perchè qua nessuno si è sentito eroe. Qua nessuno è fiero di se stesso ma neanche deluso. La delusione che creo la cedo, al solito, a quella parte del genere umano che, brillantemente, decide di avvicinarmi.
Poi, il Giappone. L'ho già detto ma è stato un viaggio che ricorderò anche quando sarò vecchio e rincoglionito, dimenticando, giorno dopo giorno, piccoli particolari e rafforzando la visione d'insieme.
Qualche bel libro letto. Qualche scoperta. Birra & birra. Un paio di "alligatori" (da leggere e da bere).
Riflessioni continue nel tentativo vano di capire. Gli altri, me stesso, il nulla.
Direi basta...visto che non c'è niente da capire.