28 maggio 2020

Fino al tramonto

Reliegos è un paesino di, forse, 20 case.
La bottega è gestita da un signore in canotta.
Per accedere bisogna suonare un campanello, lui si affaccia dalla finestra del primo piano e scende ad aprire.
Il concetto di "casa e bottega" assume un senso totalmente nuovo e più calzante.
Naturalmente, essendo in situazione di monopolio, Er Canotta ha prezzi leggermente più alti del solito. Ma se lo può permettere, vista la situazione.
Ritrovo Miguel ed altri.
Passo il pomeriggio all'Elvis Bar.
Una casa tutta azzurra con le pareti esterne piene di scritte.
Riconoscibile e famosa lungo il cammino.
L'Elvis di Reliegos è circa un metro e settanta, pelato e con i baffoni a manubrio.
Peso con vestiti addosso: 45 chili scarsi.
Bagnato: poco sotto i cinquanta.
All'interno non si possono fare foto e video.
Le pareti sono addobbate con un'accozzaglia di foto, ritagli, poster, mensole ed oggetti che è difficile ricordare.
Insieme a Claudio, ci beviamo una birra dietro l'altra. Lui è di Crema e ricorda vagamente il Russell Crowe de Il Gladiatore, un pò meno in forma, con il cappello di paglia ed un gilet multitasche.
Sul bancone del bar c'è un prosciutto da affettare ormai a fine corsa.
Ne fanno guardia mosche ovunque.
L'odore del locale è alquanto particolare; credo sia dovuto alla morte del suddetto prosciutto.
Elvis si muove affabile dietro il bancone. Sempre se, per affabilità, accettiamo l'accezione di "non sorridere, dire due parole a mezza bocca e sembrare piuttosto scocciato".
Dopo un paio di ore, arriva il nuovo prosciutto. Lo mettono sulle staffe e portano via il cadavere.
Miguel è già ubriaco, la moglie non si vede. Probabilemente, sarà da qualche parte a imprecare contro questo marito vagamente assente.
Cominciano ad arrivare gli abitanti di quei luoghi. Deve essere l'unico posto "giovane" nel raggio di qualche chilometro.
Elvis alza la musica, serve da bere a due amiche, si accende una canna e si accende pure lui.
Inizia a ballare dietro il bancone.
Scomposto ma con una certa dignità anche se credo stia ballando una canzone che ha in cuffia perchè non va a tempo con quella che esce dalle casse del bar.
Adesso è più aperto con il prossimo. Non entusiasta. Diciamo che, forse, comincia a tollerare gli stranieri.
Sono in mezzo alla Spagna, in un micro paese senza niente, all'esterno di un bar tipo "Dal tramonto all'alba", con amici appena conosciuti e penso che non vorrei essere da nessuna altra parte.
La via verso Santiago mi fa entrare in contatto con piccole realtà che, un turista normale, non vedrebbe mai.
In questo pellegrinaggio, invece, si attraversano borghi che, snobbati dalle strade turistiche canoniche, si animano di pellegrini.
Sembra sempre di essere fuori dal mondo mentre, con ogni probabilità, una cittadina più grande è solo a pochi chilometri.
Il fatto di doverli fare a piedi, questi chilometri, cambia la prospettiva e le distanze.
Essere lontani da tutto e tutti diventa uno stato mentale e non un'effettivo stato fisico.
Il sole tramonta, finisco la birra e vado a dormire
Lascio gli altri alla Noche de Elvis.
Domani arriverò a Leon, con un giorno di anticipo rispetto all'arrivo di ESSE.

Reliegos, 14 Agosto 2018



27 maggio 2020

Massaggi per la birrra

Il pomeriggio, a Sahagun, lo passo con Miguel.
Viene dal Ciudad de Mexico ed è partito con la moglie.
Uso il termine partito perchè, ogni volta che l'ho incrociato, era sempre con altra gente.
Ho incrociato anche lei e le ho chiesto dove lui fosse.
Il suo "no se" ringhiato mi ha fatto capire tante cose.
Quando lo trovo, andiamo a prendere la Compostela di metà Cammino.
Questo foglio stampato è un ricordo da prendere anche se, oggettivamente, è un'iniziativa oltremodo turistica. Insomma, tre euro e passa la paura.
Ho i polpacci parecchio indolenziti e Miguel si offre di farmi un massaggio in cambio di una birra.
Ah! Il baratto ai tempi del Cammino!
Sul marciapiede, davanti a dove dormiamo, mi fa sdraiare su di un tappetino e, mentre massaggia mi dice di buttare fuori i brutti pensieri, di concentrarmi sul respiro, rilassarmi.
Finito mi porta in un supermarket per la birra perchè, anche se offerta, preferisce che si spenda il meno possibile.
Mentre camminiamo gli chiedo se fa il massaggiatore e mi risponde che, in realtà, è psicologo.
Meno male che non si è offerto di operarmi in artroscopia al ginocchio.
Mentre beviamo mi illumina con un'osservazione, secondo me, per niente banale.
Mi dice che, quando ci troviamo di fronte ad una difficoltà, quindi ad un quesito o decisione da prendere, se non riusciamo a trovare una risposta, dobbiamo cambiare domanda.
Me lo dice in messicano ma credo che il senso fosse centrato sul cambiare punto di vista di fronte ai problemi per risolverli.
Ci salutiamo e concludo la giornata facendo due chiacchiere con una ragazza italiana che viaggia con il padre. Sta leggendo. Parliamo di libri. Facilmente prevedibile.
Infine, mi dirigo verso il letto perchè domani si ricomincia.
Il Viaggio prosegue.

Sahagun, 13 Agosto 2018

26 maggio 2020

Cammino, che Sorpresa!

Lasciata Calzadilla, mi metto in cammino verso Sahagun, il centro geografico del Cammino Francese.
Ho deciso di allungare le tappe e arrivare prima a Leon.
Alle porte di Sahagun, trovo un gruppo di persone che si riposano.
Mi fermo per fare due parole.
Provengono un pò da tutta Italia e, per la legge dei grandi numeri, inizia una sorta di Carramba, che sorpresa!
Massimo è di Montelupo Fiorentino.
Gli racconto che una volta ho suonato in un locale del paese e scopriamo che lui si ricorda benissimo della mia band perchè quella sera lavorava al bar.
Con lui, ripercorro uno dei momenti memorabili donati dal poter suonare nei locali.
Quella sera, con la mia tribute dei Pearl Jam, arrivammo al locale, montammo gli strumenti e facemmo il soundcheck.
Subito dopo, il titolare ci disse che, per colpa della crisi, avrebbe chiuso nel giro di un mese (indizio numero 1).
La cena offerta si rivelò un piatto di pasta e, su richiesta, del prosciutto che aveva visto molte lune (indizio numero 2).
Il gestore pubblicizzò poco la serata e poca gente venne a sentirci (indizio numero 3).
Ricordo che tre indizi fanno una prova.
A fine serata, sempre il gestore, ci disse che ci avrebbe pagato un decimo di quanto pattuito, anche in virtù del fatto che avevamo preso da bere.
Prendo in giro Massimo, ricordandogli che avrebbe un debito con me.
Scherzo perchè, chiaramente, lui lavorava nel locale e non era suo.
Danilo, invece, lo scopro esser parente di una ragazza che alleno settimanalmente.
E' di Napoli ma ha parenti anche in Toscana.
Arrivato a Sahagun rifletto sul fatto che il Cammino è lungo, le persone sono tante ma può capitare di ritrovare tracce di casa lungo la via.
In un bar, davanti a dove alloggio, ritrovo anche Antonio con il quale vivo la stranezza di festeggiare gioiosamente il ritrovarsi con chi, fino al giorno prima, era un perfetto sconosciuto.
E scatta il bicchiere di vino delle unidici e trenta del mattino...
Incontro, chiaramente nei pressi di una farmacia, Zoe.
E' arrivata col bus e spedirà lo zaino per provare a terminare il cammino.
Adesso sta per prenderne un altro che la porterà direttamente a Leon. Cerca di preservare le gambe ma di andare avanti per vedere se le sue condizioni, migliorando, le permetteranno di concludere il Cammino.
Questo cominciare a ritrovare facce conosciute è una delle cose che preferisco.
Tendo a camminare da solo ma, una volta fermo, poter condividere l'esperienza con altri la trovo una delle essenze di questo Viaggio.
Davanti ad una birra, of course.

Sahagun, 13 Agosto 2018

25 maggio 2020

Hermanos y Americanos

Il senso del cammino?
Non lo so.
Ognuno ha il proprio.
Ma sono certo che per tutti, una porzione fondamentale della ritualità verso Santiago, sia il lento scorrere del tempo davanti ad una birra (o cerveza y lemon, o quel che piace) insieme agli altri.
Raccontarsi la giornata, raccontarsi chi siamo, parlare dei giorni a venire.
Chiedere e ricevere consigli. Ascoltare le storie degli altri e narrare le proprie.
E cazzeggiare.
Componente fondamentale di questo stare insieme senza orari ed obblighi.
Oltre a Zoe, a Calzadilla, faccio la conoscenza di Alessandro, runner bergamasco, e di un ragazzo bresciano che, a posteriori, scoprirò esser titolare di un canale Youtube di trekking piuttosto seguito.
Ma la persona che mi "rapisce" completamente è Alberto.
Originario di Algeciras, il porto più vicino al Marocco, ha circa 50 o 60 anni.
E' al suo quarto cammino.
Brizzolato e con i capelli raccolti in una piccola coda.
Decine di braccialetti, catenine e ciondoli.
Qualche tatuaggio.
L'aria è quella del viaggiatore che sa le cose.
Dopo la prima birra, siamo già amici.
Mi racconta dei motivi che lo hanno spinto a fare i cammini, di posti nei quali consiglia di pernottare.
Andiamo a cena e proseguiamo la chiacchierata.
Si unisce a noi anche Zoe, che partecipa alla conversazione, e tre americani che si distinguono per scarsa educazione ed un tasso alcolico da chiusura dell'OktoberFest.
Per esperienze passate, ammetto di essere un pò prevenuto nei confronti dei nordamericani.
Vero è che loro non fanno niente per smentire miei eventuali preconcetti.
Bevono tantissimo per il gusto di ubriacarsi.
Sono rumorosi.
Maleducati con chi lavora nel ristorante che ci ospita.
Lo sguardo di Alberto nei loro confronti mi fa capire che, lui ed io, siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
Arrivata l'ora di andare a letto, finita l'ultima cerveza, ci abbracciamo con un "Buen Camino, Hermano" e, davanti all'ingresso dell'albergue Casa Rural, affidiamo alla sorte la possibilità di incontrarci nuovamente lungo la strada.

Calzadilla de La Cueza, 12 Agosto 2018

23 maggio 2020

Adesso si comincia

Decido di partire più tardi.
Mi metto in marcia alle sette e non alle 5/6.
Partire presto ha il pregio del fresco ma, con distanze brevi da coprire, arriverei a metà mattina. Anche prendendomela comoda e girando intorno ad ogni albero che incontro.
Anche per questo, mi sembra un'esperienza diversa.
Cammino ma mi devo quasi trattenere.
Sembra tutto più statico.
Oggi ho da fare un tratto di Mesetas che, Terre di Mezzo, definisce privo di tutto.
Circa 18 chilometri senza niente.
In realtà, incontro una roulotte con due ragazzi che vendono da bere e da mangiare.
Hanno l'estrattore della Coop!!!
Due con ciabattoni e pantaloni bracaloni, che vivono alla giornata, che vivono in giro ed hanno l'estrattore disegnato da Pininfarina.
Le concatenazioni della vita sono qualcosa di imprevedibile. Gli incroci oggettivi di elementi distanti,  rendono il vivere mediamente sorprendente.
A tratti, interessante; a volte, ridicolo.
Arrivo verso mezzogiorno. Ho raggiunto Calzadilla de La cueza.
Comincio a respirare aria di cammino.
Intanto, ritrovo la solita piscina pozzanghera (piscinghera?).
Poi, primi gruppi di pellegrini che socializzano al termine della giornata.
Sono arrivati tutti dopo di me (per i motivi che ho già espresso e sui quali vorrei evitare di ritornare).
Al mio arrivo, sono praticamente solo.
I bagni sono appena stati puliti, posso scegliere il letto con calma e mi posso lavare senza eventuali code.
Vantaggi miseri rispetto ad una piccola dose di noia che mi accompagna.
A bordo piscinghera c'è solo una ragazza croata con la tendinite. E' ferma qua da ieri perchè non può camminare.
Negli albergue, vige la regola di una notte sola ma, se si sta male, si può rimanere più notti.
Zoe è mora, parla italiano ed è alta pure da seduta. Carina e azzoppata.
Facciamo due chiacchiere e mi racconta che vive in Italia per lavoro, per il lavoro che aveva prima di partire.
Dopo pranzo, arrivano gli altri pellegrini.
Le voci ed il sano disordine della camerata mi annunciano che il cammino è ufficialmente iniziato.
Mi dicono che si può ripartire con i giri di birra e radler tutti insieme.
Mi comunicano che, anche quest'anno, sarà una cosa da vivere in pieno.

Calzadilla de la Cueza, 12 Agosto 2018

22 maggio 2020

Essere leggeri

Mi rendo conto, fin dalla prima tappa, che ho calcolato, in eccesso, i giorni necessari per arrivare a Leon.
I giorni sarebbero 6 ed i chilometri, 120.
Questo comporta il camminare per 20 chilometri al giorno.
Farei quasi in tempo a tornare alla partenza, nel caso mi fossi scordato le ciabatte.
Ho portato un libro che ho già finito.
Decido, quindi, di lasciarlo qua.
In cammino, ogni grammo in più nello zaino fa la differenza.
Lo zaino sarà la mia casa, per ogni passo che andrò a fare. E dovrà essere una casa abbastanza leggera.
Lo scorso anno, avevo portato molta roba.
Al ritorno, avevo fatto tre mucchi: le cose utilizzate, quelle utilizzate poco e quelle mai usate.
Il terzo gruppo l'ho lasciato a casa; dal secondo ho selezionato poche cose.
Del primo fanno parte le cose indispensabili. Per me.
Quindi, escluse le cose che indosso, ho un cambio solo e pantaloncini da ginnastica per la sera.
Sacchetto da bagno ridotto al minimo. Ciabatte e asciugamano. Sacco-lenzuolo. K-Way (o come diavolo si chiama).
Tutto scelto in base al peso.
Per il libro avevo fatto una scelta in base al peso ed alla lunghezza.
Ne avevo selezionati quattro e portato uno.
Da adesso, mi cimenterò nella lettura da Kindle, via cellulare.
Perderò il fascino discreto della carta in favore della praticità e dell'invasività della lettura da strumento tecnologico.

Carrion de Los Condes, 11 Agosto 2018

20 maggio 2020

Le apparenze ingannano ma le mosche rompono i coglioni

Dopo la sveglia alle 5 e la colazione, mi sono messo nuovamente in cammino.
Fromista è deserta. Sento risuonare i miei passi per la via principale. Torno a vedere l'ombra delle  mie gambe che mi precede.
Cammino in solitudine, cercando qualcosa.
Sento che sarà un cammino di ricerca. Una nuova ricerca del senso che ancora mi è oscuro.
Avendo giorni in abbondanza, mi limito ad una ventina di chilometri ed arrivo a Carrion de Los Condes (la "Cluny Spagnola", pare).
E' molto presto. Saranno circa le dieci del mattino e gli albergue sono ancora chiusi.
Mi dirigo verso il Monasterio de Santa Clara ed attendo che arrivi l'ora nella quale faranno accedere i pellegrini della giornata.
Alla fine, mi accoglie Ignacio.
Ripete ad ognuno, singolarmente, una sorta di mantra di benvenuto:
- posa lo zaino
- siediti pure
- prepara passaporto e credencial
- i costi sono questi
E così via...
Mi da l'idea che sia stato "adottato" dal monastero. Pacchetto completo: il suo modo di fare altalenante e la sua cantilena.
Lo sento parlare anche in inglese. A me, ha dedicato un ottimo spagnolo stretto. Per rendermi agile la comprensione anche dei concetti più basilari.
Scelgo una tripla.
Siamo nel chiostro e per accedere alla porzione di edificio dove sono le camere, si deve usare una chiave, "nascosta" sopra ad un davanzale. Non proprio Fort Knox, mi dico. La chiave va presa, usata e rimessa li, precisa Er Cantilena.
Mi spiega come farla girare nella toppa. E' un'operazione che richiede mano ferma e due movimenti precisi. 
Provo.
Non riesco.
Lo fa lui ed apre.
Riprovo.
Porta chiusa.
Lui apre in un secondo.
Molto meglio di Fort Knox. Mi correggo.
Mi lascia solo a giocare con la porta e, dopo 10 minuti, capisco.
Bisogna usare la mano sinistra.
Il palmo parte rivolto verso l'alto.
Da quella posizione è una passeggiata.
Solo adesso comprendo perchè continuava a insistere su questa storia del palmo.
Vecchia volpe, Er Cantilena.
Entro in camera e scelgo il letto.
Ci sono mosche.
Non alcune mosche. La stanza è letteralmente abitata da mosche che svolazzano.
Sui muri, le compagne cadute sotto i colpi dei pellegrini che son stati qua prima di me.
Immagino lotte notturne a suon di ciabatte, mani, piedi, o chissà cos'altro.
Sono mosche tenaci.
Se la scacci, tornano.
Se ne uccidi una, temo possano arrivare i parenti in città a chiedere soddisfazione.

Carrion de Los Condes, 11 Agosto 2018

19 maggio 2020

Attese

Aereoporto.
Attendo il volo.
La vita è fatta di attese, di arrivi, partenze. Spesso sono di più le seconde ma me ne faccio una ragione.
Sta per cominciare la seconda parte del MIO Cammino: il Francese.
Quest'anno non sarà solo mio ma nostro fin dall'inizio, dalle intenzioni.
ESSE arriverà a Leon. Io avrò circa 120 chilometri in solitaria. Da fare in sei giorni.
Ancora 450 chilometri per giungere a Santiago. A quella meta che mi ha tenuto la testa occupata per tutti e dodici i mesi passati.
Molti dicono che ogni cammino sia diverso. Non per morfologia del percorso, distanze o roba simile. Dicono sia diverso perchè le sensazioni non saranno le stesse del precedente.
Forse, lo riconoscerò nei dolori.
Attendo questi ultimi così come aspetto nuove sensazioni.
In testa ho la speranza di lasciare a casa le tensioni, le preoccupazioni, quelle quotidianità costruite sul banale.

Aereoporto Orio al Serio, 10 Agosto 2018

18 maggio 2020

Dedicato a noi

E' passato circa un anno dal mio primo Cammino.
Ho preso il treno e sono venuto a Milano.
L'ho fatto spesso nelle ultime quattro stagioni. Almeno un paio di volte al mese.
Con Esse, avevamo detto di provarci e ci stiamo riuscendo.
Mi sembra molto strano ma, anche se lontani, siamo molto più vicini da quanto potessi sperare.
Ho la sensazione che questa storia resterà con me. Comunque vada.
La sua alba comincia dal Viaggio dello scorso anno.
Il suo tramonto non mi interessa; fa parte dei pensieri distanti da quello che voglio e che sento.
In mezzo, la nostra è una lunga giornata di sole che, ancora oggi, prosegue.
Domani prenderò l'aereo per Madrid perchè dopodomani inizierò a finire il Cammino Francese.
L'avevo abbandonato a Fromista. Da li ripartirò.
ESSE, avendo più giorni di ferie, si era spinta fino a Leon. Ed è li che, tra qualche giorno, il nostro Cammino riprenderà insieme.
In verità, non si è mai interrotto.
Abbiamo avuto la fortuna di cominciare a camminare insieme, da Roncisvalle, ed abbiamo proseguito. Tra treni, attese, abbracci liberatori, arrivederci imbarazzati tra la folla di Stazione Centrale.
Abbiamo costruito i nostri ritmi sulla distanza; inventato alcuni riti che ci tenessero legati il più possibile.
Senza fatica. Senza programmare. Senza paura.
Il sole tramonta, dietro il campanile della chiesa di Hontanas.
Davanti ci siamo noi. Abbracciati. Che ci vogliamo e che vogliamo stare insieme.
Il sole tramonta, dietro il campanile della chiesa di Hontanas, in una foto incorniciata che mi ha regalato e che nasconde una dedica che porto con me.
Sempre.
Una dedica che svela il suo essere ed il suo esserci, per me.
Come io ci sono, per lei.
Come voglio esserci.
Presente anche se fisicamente lontano.
Presente per colmare quelle tristezze passeggere che la mancanza di noi due ci fa provare.
Presente quando è il momento di ritrovarci.
Lei.
Io.
NoiDue.

Milano, 9 Agosto 2018



17 maggio 2020

Per te

In Cammino

Ho fatto dei progetti allo specchio
Preso scelte e un indirizzo
che ormai è vecchio

Ho fatto i conti per finire sempre in pari
Ho preso a calci anche le mie paure
per non dover aver paura di volare

E mi addormento stanco e mi sveglio con te
E faccio incubi ma la paura non c'è 
Schiaccio insetti su letti sfatti
di uomini pavidi e cuori inetti

Ho separato la strada in tappe
tra vie sbagliate e insoddisfatte 
Ho preso calci e stonato canzoni,
quella più bella per tempi migliori 

E faccio sogni che vegliano su di te
Dormo leggero e la paura non c'è 
Percorro strade con gambe dolenti
ma il cuore è pieno di dolci intenti

Sono gli incontri che fermano il tempo                                                               
Sono le emozioni che rendono il viaggio intenso
È la mancanza che posso colmare
Basta il tempo, è ora di andare

Sono gli incontri che ferman l’andare
in un istante che posso colmare
Ogni momento per averti vicino
E’ ora di andare y Buen Camino!

Spagna, Cammino Francese 2017

16 maggio 2020

Avere il Cammino dentro

Ho disdetto il volo da poche ore.
Simbolo definitivo di una resa.
Mi arrendo. So che, ad agosto, non sarà possibile tornare in Spagna, tornare sul mio amato e necessario Cammino di Santiago.
Per tre anni è stato il centro nevralgico dell'anno. Il momento tanto atteso per poter lasciar tutto e partire, ignaro di cosa e chi avrei potuto trovare.
Ma, adesso, siamo in una situazione insolita e totalmente inaspettata. Pare propio che, in questa fase storica, tutto il mondo sia paese. Sul serio.
Siamo tutti chiusi in casa per evitare contagi dovuti a questo CoronaVirus.
Che nome del cazzo!
Ho iniziato a scrivere dei vecchi cammini su questo blog per ricordare, per fissare, per mettere nero su bianco.
Spero, fino ad ora, di essere riuscito a far capire, anche in minima parte, che tipo di esperienza sia.
Esteriore e faticosa.
Interiore ed eterna.
Questa estate, dopo tre anni, non partirò e la tristezza mi affossa.
Non credo di riuscire a spiegare questa cosa a parole. E non ci proverò.
Sopporto l'isolamento casalingo, non mi interessa di uscire per aperitivi e altre amenità, posso sopportare una flessione temporanea del lavoro.
Ma chiedere il rimborso del volo e dover accettare che non ci sarà Cammino mi uccide dentro.
Mi consola il fatto che, quello che ho vissuto nelle ultime tre estati, me lo porto dentro.
Sempre.
Anche adesso che questa sensazione di vuoto sale dallo stomaco e mi stritola il cuore, annebbiandomi la vista ed i pensieri.
Devo ripensare alle cose successe in Spagna. Devo continuare a scriverne.
Devo tirare fuori, per quanto mi possa riuscire, tutto il bello che si è sedimentato dentro di me.


15 maggio 2020

Love vuol dire parità

Mi scuso se, in questi ultimi mesi, non sono stato un virologo.
Se non ho pontificato su virus, sue evoluzioni e soluzioni.
Mi scuso se non ho dato sfogo alle mie intuizioni politiche, esponendo teorie dietrologiche sulla gestione della crisi.
Mi perdonerete se non ho fatto sfoggio delle mie numerose competenze in materia di economia; se ho tenuto per me le soluzioni per contrastare la crisi presente e imminente.
Mi scuso se non ho partecipato a Masterchef Casa.
Il format sarebbe anche valido: isolati in casa, cuciniamo come mai prima ed il giudizio sarà affidato a prove fotografiche.
In generale, mi scuso se non ho abusato dei social per far sapere il mio pensiero su qualunque argomento fosse inerente alla situazione.
Se non vi ho deliziati con lamentele da 130 caratteri; o con foto di torte, pizza e pane o animali che fanno...beh...gli animali.
Mi scuso se me ne sono stato quieto e tranquillo, cercando di interiorizzare questo momento per riuscire ad essere sereno.
Mi scuso se non ho reagito come un bambino, gridando di una libertà negata perchè non mi è stato concesso di correre, fare aperitivi, vedere gli amici.
Non mi scuso, invece, perchè sono riuscito a restare allegro anche se solo e fisicamente isolato dal resto. Se, per due mesi, ho cercato di essere forte per i miei congiunti (ho trovato il modo di utilizzare questa parola!!!) ma anche per me stesso.
Non mi scuso se son riuscito a programmare la mia giornata come se fosse normale, dedicandomi a formazione professionale ed hobby. Se mi sono preso cura del mio corpo e, sopratutto, della mia mente.
Se ho fatto tante dirette nelle quali ho cantato e suonato, letto Pinocchio per i bambini e improvvisato.
Non posso chiedere scusa se ho trasformato le mie IG Stories in 30 secondi durante i quali raccontarmi la giornata trascorsa, come se fosse stata piena di consuetudini e normalità, al pari di quelle di tre mesi fa.
Però, esiste sempre un "però".
Quindi...
Vorrei le scuse di chi, in diretta, finge che tutto sia pianificato.
Vorrei che si scusasse chi ci ha sedato con "fase 1", "fase 2" e succedanei.
Le scuse da parte di chi snocciola disponibilità economiche erogate dallo stato. Per tutti ma senza spiegare se ci saranno coperture o se, cosa peggiore, si creerà un debito che ci annichilirà in un secondo momento.
Mi dovrebbero porgere le scuse quelli che  ci hanno fatto i complimenti perchè siamo stati disciplinati. Dovrebbero scusarsi perchè non siamo, in toto, un popolo di scemi.
Alcuni di noi riescono a riconoscere quale sia il proprio dovere.
E questo DOVERE è l'essere cittadino responsabile.
E' vivere come cittadino ATTIVO quando la situazione ti chiede di non "attivarti" per vivere la quotidianità a cui si è abituati.
Per concludere, vorrei ringraziare chi mi è stato di supporto senza saperlo. Non siete tantissimi ma siete in numero sufficiente.
Chi, forse, ha capito che il mio non far pesare sugli altri miei pensieri negativi non voleva dire che non ne avessi.
Infine, mi ringrazio. Perchè so di non essermi inaridito, di esser migliorato (anche se di poco), di essere rimasto semplicemente ME.

Non mi scuso, mi scuso, chiedo scuse e ringrazio.
Facciamo che siam pari e ognuno a casa propria.
Questa mi è uscita male...



14 maggio 2020

Che ore sono? E' ora di cerveza y lemon!

Una persona che ha fatto un viaggio a piedi. Fisico e mentale.
Che ha attraversato un paese, mentre la propria testa veniva attraversata da tantissimi pensieri.
Un pellegrino. Questo è il senso che, in maniera riduttiva, voglio dare al termine.
Riduttiva perchè molto ci sarebbe da dire.
Pensieri e riflessioni.
Che mi sono portato a casa.
Sono tornato e niente sembra come prima.
Rifletto sul mio lavoro e sono convinto serva un'azione di rottura, un cambiamento di rotta.
Mi prometto che, entro un anno, proverò a fare un salto in avanti. Nelle modalità, nelle priorità, nei rapporti di forza.
Seduto sul terrazzo di casa, la mia mente non può che andare ad ESSE.
Temo che il ritorno alla "normalità" possa incrinare la magia che si era creata in viaggio; che lei possa cambiare idea; che io possa rovinare tutto.
Ci siamo detti che ci avremmo provato. Così sarà.
Siamo distanti. Fisicamente, per anno di nascita, per educazione sociale.
Ma ci vogliamo provare.
Vogliamo che i nostri due cammini, una volta che si sono incrociati, possano proseguire insieme.
Mi ha scritto "sei il mio cammino più bello".
Non ho niente da aggiungere a quanto ha detto. E' la pura e sola verità e vale anche per me.
In generale, mi sento diverso, rispetto a quando sono partito. Mi sembra di riuscire ad ordinare le cose per importanza.
Mi sento pieno di vita ma ci sono dei buchi. Delle mancanze.
Mi mancano gli incontri con gli altri pellegrini.
Mi manca Ale.
Mi manca il MIO trio.
Mi manca ESSE. Una di quelle mancanze positive, create da un'assenza importante. Mancanze momentanee che renderanno più bello il nostro nuovo incontrarci.
Lei è ancora in cammino ma tra qualche giorno potrò abbracciarla nuovamente, come ho fatto spesso nelle ultime settimane. Come se fosse una cosa che ho sempre fatto.
Mi manca la strada; mi mancano i suoi ritmi.
Alzarsi presto e camminare. Arrivare a destinazione e avere ancora una porzione importante della giornata davanti. Avere, per un momento, la sensazione che il tempo potrebbe passare lentissimo. Invece, come per incantesimo, il tempo statico dell'albergue si impenna. A parte le cose pratiche, ci sono gli altri, ci sono scambi verbali,  ci sono i racconti personali (della propria vita e del Viaggio), ci sono ESSE ed Ale con cui non mi annoio mai.
Un paio di cerveza y lemon più tardi è già ora di cena.
Il tempo, che pareva fermarsi, mi portava direttamente a dormire. Mi depositava tra le braccia delle immagini della giornata. Mi cullava tra i chilometri fatti e quelli che ancora avrei percorso.
Domani, ricomincia la mia vita quotidiana.
Sono pronto a viverla con il cuore che, adesso, è stato riempito di cose belle; il mio animo sembra più forte; i miei pensieri più ariosi.
Cuore, animo e pensieri sono quelli di un pellegrino appena nato.

Toscana, 28 Agosto, 2017

13 maggio 2020

Esser e poter essere

Con ESSE abbiamo deciso di passare un paio di giorni a Madrid. Insieme.
Dopo, lei tornerà sul cammino.
Io prenderò il volo di ritorno.
Dopo soli cinque chilometri siamo arrivati a Fromista, abbiamo preso un paio di bus ed abbiamo raggiunto la capitale spagnola, via Palencia.
Mentre aspettavamo il cambio del bus, ci siamo sorpresi a vicenda, decidendo di farci un tatuaggio appena possibile.
A Madrid alloggiamo in un B&B vicino Puerta del Sol.
Il posto è lussuoso per i canoni del cammino. Ed anche per quelli miei.
Il bagno in camera ha una doccia, tutta in vetro e grande come il bagno di casa mia.
Al piano interrato c'è una lounge room dove si possono consumare, gratuitamente, caffè e simili, succhi, biscotti e frutta.
Una botta di benessere inaspettata.
Giriamo Madrid in maniera confusa, fingendo di sapere dove andare. Mi mancano i segnali del cammino. Frecce e conchiglie che indicano la via.
Malasana e dintorni, senza il buio della notte, sono carini e niente più.
Arriviamo alla Cattedrale ed al Palacio Real.
Facciamo due passi e mangiamo al Parque del Buen Retiro. L'affollamento viene diluito da questo angolo verde che infonde una gran pace.
La Gran Via e Puerta del Sol, invece, vivono del caos turistico.
Ceniamo due volte al giapponese.
Mi rendo conto che, adesso, sto pensando al plurale.
Avevo già abbandonato il singolare ma, se prima eravamo un trio, adesso cosa siamo? Una coppia?
Camminiamo e ridiamo e ci baciamo e parliamo e.
Poter stare con lei mi rende felice.
Entriamo da Tiger e facciamo un gioco: con una spesa massima di 5 euro, dobbiamo farci un regalo, pensando a cosa potrebbe piacere all'altro.
Come deciso, ci tatuiamo e, a me, viene in mente il Diego Abatantuono di Marrakesh Express.
Io scelgo una conchiglia da tatuare sul petto; lei, un girasole sulla caviglia.
Madrid è solo uno scalo prolungato.
Dall'ultima notte a Boadilla, avevo cominciato a sentire che il mio cammino sarebbe finito presto. Sento la vita normale che bussa alla mia finestra.
Non alla porta perchè lo fa come un ospite che si non vuole invitare ad entrare.
Vampe di tristezza vengono sopite solo dalla presenza si ESSE che, per il solo esserci, rende tutto più lieve. Riesce a coccolare il mio animo che sta tornando pesante come prima di partire.
Ormai esiste un prima ed un dopo.
Va oltre il tanto camminare e si ferma sugli avvenimenti che si sono succeduti.
Una carrellata di eventi, volti ed emozioni, che si ferma sul volto di lei. Sempre.
Solo che prima di mettermi in viaggio non conoscevo l'esistenza di questo dopo.
Ripenso alla paura che avevo prima di partire. Ormai, lascia il posto al timore non riuscire a riportare a casa i cambiamenti che sento essere avvenuti in me.
Temo di essere risucchiato, di nuovo, in una vita che possa cancellare il mio nuovo Io-Pellegrino.
Pellegrino: concetto antico che, per me, ha assunto un significato personale.
E' diventato il capire che esiste un modo diverso di vivere, di relazionarsi, di sentire.
E' un "poter essere altro".
Altro da quello che la routine quotidiana permette.
Essere spaventato ma poter essere consapevole.
Essere fallibile ma poter esser capace di fare.
Essere solo ma poter essere in due.
Essere felice e sapere di esserlo.

Madrid, 25 Agosto 2017

12 maggio 2020

Chiedilo al vento

La fine vicina mi spinge a provare a fare un bilancio interiore.
Ho imparato che il dolore fisico e la stanchezza sono due compagni di viaggio molto fedeli.
Loro son sempre stati con me ed io ci ho convissuto.
Un modo diverso per sentirmi vivo.
Sono i miei nuovi fratelli, il mio nuovo canone per approcciarmi alla realtà.
La via per trovare la forza mentale alla resistenza, di qualunque tipo.
La strada è stata la mia via per capire.
Ho compreso perchè mi sono messo in Viaggio.
Sono stato spinto dalla necessità inconscia di allontanarmi dal quotidiano.
Ho superato la paura per l'ignoto che sarebbe arrivato.
Il timore di restare solo superato da una spinta socializzante che solo in queste condizioni ha caratteristiche di normalità.
Ho avuto timore dei miei limiti ma li ho imparati a conoscere e riconoscere per superarli.
Ho sconfitto il me stesso debole ed impaurito, mettendomi alla prova.
Il pregiudizio ed il preventivato sono stati smentiti.
Ho fatto tappe più lunghe del previsto, da Roncisvalle non ho mai camminato da solo. Lungo il Cammino, ho scoperto, non si è mai soli: gli altri, gli autoctoni, il sole ed i propri pensieri.
I tratti in solitaria sono stati momenti di intimità personale profonda, di pensieri in libertà, di ricerca del senso di questa cosa.
Tenere un determinato ritmo, la spinta a raggiungere paesi o altri pellegrini sono stati sana competizione contro me stesso ed i miei supposti limiti.
Tutto è stato un modo per andare avanti, per dirmi "ancora un altro passo"..."ancora un pezzo in più".
Ed oggi, sono ad Boadilla del Camino, con i piedi dentro la piscina dell'albergue e non sono più solo.
Sono con ESSE. Il nostro trovarci ha un qualcosa di magico, per me.
Sono con tutti gli altri compagni di viaggio incrociati, visti e vissuti, anche solo parzialmente.
Sono grato della scelta che ho fatto e felice di come ho vissuto questi giorni insoliti.
Mi trovo a chiedermi se sarebbe potuta andare in modo diverso e mi rispondo che, probabilmente, ci sarebbero stati mille modi, mille strade, mille decisioni, mille incontri possibili.
Ma sarebbe come chiedere al vento se conosce il posto nel quale soffierà via la prossima foglia.

Boadilla del Camino, 23 Agosto 2017

11 maggio 2020

Ultimi Passi

A Hontanas abbiamo ritrovato Fabio di Senigallia ed una cena comune.
A tavola, ho lodato un giapponese per la gentilezza ed ospitalità che ho trovato quando son stato in vacanza nel suo paese.
Mi sono esibito in un lungo monologo in inglese, saltando di palo in frasca, costruendo le frasi con la cura dell'ubriaco.
Pare che mi abbia capito e così anche gli altri commensali.
Poi, a letto presto.
Oggi, lasciamo Hontanas per Boadilla e, praticamente, sono alla mia ultima tappa.
ESSE proseguirà fino a Leon perchè ha il volo di ritorno qualche giorno dopo il mio.
Il Cammino trovato in questa esperienza me lo porterò dentro per sempre.
Il Cammino ritrovato dopo Burgos me lo ha fatto apprezzare ancora di più.
Un pò di tristezza accompagna i miei passi.
Dovrò salutare ESSE, dopo giorni sempre insieme.
Dopo che ci siamo trovati, letteralmente, per strada.
Mi son chiesto, spesso, come sarà al di fuori di questa esperienza.
Che persone saremo, agli occhi dell'altro, quando saremo vestiti di normalità e vita quotidiana.
Ci siamo detti che ci rivedremo e mi chiedo se accadrà.
Le risposte non le conosco ma so che voglio fermamente che i nostri due cammini, adesso che si sono incrociati, possano proseguire paralleli per poi confluire in uno solo.

Boadilla del Camino, 23 Agosto 2017

10 maggio 2020

Mesetas vuol dire Cammino

E Mesetas siano!!!
Il tratto tra Burgos e Leon è composto prevalentemente da questo altopiano, a circa 800 metri, sul quale si sente dire di tutto.
Chilometri senza acqua.
Caldo soffocante.
Niente vegetazione e quindi, ombra.
In realtà, qua una volta era tutta campagna e, per inciso, lo è ancora.
ESSE ed io, al solito, partiamo presto.
Abbiamo questi ritmi naturalmente pratici.
Partenza presto, arrivo e doccia. Lavaggio panni. Ozio. Cena.
Il tutto mentre, tendenzialmente, gli altri hanno il tempo solo di levarsi lo zaino dalle spalle.
Già dalla formazione del trio, ci eravamo accordati silenziosamente su questo tipo di modalità.
Sbrigare tutte le incombenze dell'arrivo in fretta, permette di riposarsi ed oziare più a lungo e senza interruzioni.
Partire presto permette di evitare il caldo e di camminare tropo sotto il sole post mezzogiorno.
Diciamo che permetterebbe. Le tappe da circa 40 chilometri, finivano inesorabilmente in un bagno di sole e sudore, pur partendo presto.
Ora che siamo in due abbiamo deciso di fare tappe più brevi.
Il piano sarebbe ottimo se solo non bucassimo il bivio per Arroyo San Bol.
Questo ci porta ad arrivare fino ad Hontanas e dover fare 10 chilometri in più.
Ricordate i discorsi sulle Mesetas?
Abbiamo mangiato un panino sotto un cespuglio alto 50 centimetri che lasciava al suolo giusto un'idea di ombra.
I 10 chilometri aggiuntivi han portato con se la totale mancanza di acqua e luoghi per rifornirsi.
Malgrado tutto, arriviamo ad Hontanas dopo poco più di 30 chilometri. Giusto per mantener fede al proposito "meno chilometri".
All'inizio del paese, c'è una fontanella.
Ma non beviamo. La aggrediamo. Ma senza farle male.
Stasera, camera privata in albergue privato per un minimo di comodità e privacy in più dopo la giornata caliente.
Mesetas, però, vuol dire cammino!
Quel cammino che mi è così mancato nelle 24 ore scarse a Burgos.
Quel cammino che mi sta facendo capire perchè ho scelto di farlo.
Quel cammino che mi ha fatto incontrare persone speciali.
Quel cammino che mi ha reso un pellegrino.
Per sempre.

Hontanas, 21 Agosto 2017



9 maggio 2020

Burgos non vale un borgo

Dopo giorni in mezzo al quasi niente, tra campagna e piccoli paesi, l'impatto con Burgos è deflagrante.
Troppa confusione, troppa gente, troppi non-pellegrini.
Cioè, è una città e le città sono così. Mica lo fanno apposta.
Solo che non ce la faccio. Tutto torna vagamente soffocante.
Dalla partenza, ho sentito come se, un laccio che mi stringeva, si stesse allentando. 
Adesso ricominciava chiudersi.
La partenza di Ale, la città, il fatto che manca poco all'obbligatorio ritorno in a casa sono componenti di malessere. Leggero ma presente.
Sono giorni che la mia casa è questo camminare, che la mia famiglia sono i pellegrini, che natale è ogni volta che arrivo ad una delle destinazioni parziali.
Per fortuna c'è ESSE con la quale, pare, si stia creando una bella intesa. "Chimica" la chiamerebbero nei programmi del marito di Maurizio Costanzo.
Alloggiamo in un ostello (non un albergue...).
Camera da quattro insieme ad un ragazzo tedesco.
Il giovane rientra in camera a sorpresa e, trovando una situazione, diciamo, di "lotta imbarazzante", fa volare tutto quello che ha in mano, chiede scusa mille volte e se la da a gambe. Esilarante.
Per terra lascia, documenti e carta di credito. Per sempre, lascia la capacità di guardarci in faccia senza vergognarsi. Anche quando lo fermo per dargli le sue cose che, ancora oggi, ritengo alquanto essenziali per viaggiare.
Ma il premio "viaggiatore dell'anno" gli viene assegnato all'unanimità quando vediamo come si è preparato per dormire.
Ha rincalzato l'asciugamano tra la rete ed il materasso del letto sopra il suo, creando un separè che lo tenga separato ed al sicuro da questi italiani che fanno la lotta.
Del resto nel suo mondo, probabilmente, api e fiori non fanno il miele.

Burgos, 21 Agosto 2017

8 maggio 2020

Buen Camino

Come ogni mattina, da quando ci siamo incontrati, ESSE mi sveglia.
Ha assunto il ruolo di sveglia umana per due motivi: evitare di mettere troppe sveglie e disturbare gli altri pellegrini; evitare la mia sveglia che ha, come suoneria, un poco rassicurante allarme antiaereo.
Adesso è solo cambiato il modo nel quale lo fa.
Iniziamo una tappa brevissima, solo 15 chilometri, che ci porterà a Burgos, la prima vera città dall'inizio.
E' lunedì mattina e, per arrivare al centro, bisogna attraversare la zona industriale, che si sta vegliando dopo il letargo del fine settimana.
Quasi metà tappa va via tra rotonde, fabbriche, camion, auto, asfalto, clacson, strisce pedonali e semafori.
Mi avevano detto che l'accesso alle città più grandi era orrendo. Confermo.
Abbiamo deciso di fare pochi chilometri ed arrivare a Burgos; da qua, Ale potrà trovare con facilità un mezzo pubblico per proseguire. Il suo obiettivo è quello di saltare una tratta di scarso interesse e guadagnare tempo sul poco tempo che ha a disposizione.
Le prime ore a Burgos sono un Luna Park alla ricerca di informazioni per trovarle un trasporto.
Prima visitiamo la Cattedrale e ci facciamo fare il sello.
Prendo l'audio-guida ma, per la stanchezza, mi trascino come un non-morto, indossando al collo questo simil-cordless che pare un ornamento più che un oggetto che dispensa informazioni.
La voce registrata, in italiano, è monotona e vecchia. Una cosa che uccide la veglia.
Tornati all'aperto, comincia il tour "Leaving Burgos".
Ricerca dell'ufficio informazioni. Chiediamo a voce, usiamo il navigatore del telefono, giriamo in tondo e lo troviamo chiuso. Si parte bene.
Troviamo la stazione dei bus.
E' necessario sapere che, in Spagna, le biglietterie delle numerose compagnie di trasporto su gomme non sono sempre aperte. Restano chiuse fino a circa un'ora dalla partenza. Oltre a questo non c'è traccia di tabellone con arrivi/partenze.
Si può chiedere, sempre se si individua una persona vestita come si potrebbe vestire un impiegato di ALSA (per dirne una).
Ale entra in modalità "ansia"; io in quella "minchiachepalle"; ESSE prova a consolarmi con sguardi ripetuti.
Mi allontano e le lascio a chiedere. Trovo un omarino di ALSA e mi faccio dare orari per Madrid. Mi serviranno tra qualche giorno.
Quando torno, la scena che mi si presenta è la seguente.
ESSE è in piedi in solitaria compagnia del suo zaino.
Ale sta parlando con un signore.
Mi si avvicina e mi dice che lui potrebbe accompagnarla in auto e farle evitare i mezzi pubblici.
Costui è un over 50, con camicia a maniche corte aperta sul petto, pantaloni color scureggia, ciabattoni da passeggio e due buste di plastica che, suppongo, siano la sua versione di trolley.
In più, è in fila alla biglietteria ma ha l'auto.
Mi ritrovo, così, a sconsigliare vivamente questa soluzione alla "The Hitcher".
Il tempo passa e optiamo per un taxi.
Trenta euro e passa la paura.
Adesso è arrivato il momento dei saluti.
Tutta la giornata è stata invasa da un senso di tristezza latente. Sapevamo che con Ale ci saremmo salutati e non avremmo potuto proseguire insieme.
Ci siamo ripromessi che in futuro avremmo fatto Santiago-Fisterre per dare una conclusione comune.
Ci siamo detti che ci saremmo rivisti in Italia.
Ma, adesso, i programmi per il futuro non mi consolano dal fatto che ci stiamo separando.
La abbraccio.
La abbraccio e la sollevo da terra. Forse, per non lasciarla partire e portarla con me.
Abbraccio questa giovane madre coraggiosa.
Abbraccio questa persona che non riusciva a capire come prendere un mezzo pubblico.
Abbraccio questa giovane donna a cui mancano da morire i propri figli.
Abbraccio questa persona che in spagnolo sa dire solo cerveza e jamon y queso.
Abbraccio la prima persona che ho conosciuto in questo cammino.
Eravamo nel cortile della Collegiata di Roncisvalle. In quel piccolo paese, ai piedi dei Pirenei, ci siamo incontrati, abbiamo cenato, abbiamo parlato, abbiamo preso  la benedizione del pellegrino.
Ci siamo augurati Buen Camino, la sera, ma ci siamo ritrovati la mattina dopo.
Oggi, ce lo diciamo di nuovo ed ha tutto un altro senso.
Abbraccio la mia Amica.
Buen Camino
Mi mancherai...

Burgos, 21 Agosto 2017

7 maggio 2020

Per sempre

Andiamo a dormire. Una stanza adiacente ad altre con due letti a castello per noi tre. Anche perchè in un letto manca il materasso...
Fa un pò freddo ed io ho solo il mio leggerissimo sacco lenzuolo del decatlone.
ESSE mi propone di dormire sotto il suo nel letto sotto quello di Ale.
Ale che già se la dorme. Ignara.
Cambiamo stanza. Oltre a noi, non c'è nessuno. Le altre stanze sono vuote.
Decidiamo poi di tornare al nostro posto.
Appena in tempo, aggiungo.
Cinque minuti dopo, si apre la porta di questa sorta di appartamento ed entra una famigliola spagnola che, probabilmente vive li.
Sentiamo solo i rumori e ci sentiamo tanto Biancaneve quando viene trovata dai Sette Nani.
Solo che noi siamo più fortunati e non ci beccano.
Inoltre, si sappia che non avremmo mai accettato una mela da una vecchia con una faccia lombrosianamente da delinquente.
E' una notte particolare. Forse la più strana dall'inizio. Forse la più bella.
Da ieri sera, il cammino è cambiato di nuovo.
Ero partito pensando che si cammina soli.
Ho camminato in compagnia.
Ho pensato più volte di ritornare a farlo in solitudine.
Mi sono reso conto che queste due persone erano diventate una parte importante di questa esperienza.
Con ESSE ci siamo ulteriormente avvicinati, cementando ancora di più il nostro rapporto e quello di questo trio nato dalla sorte.
Sembrano passati tantissimi giorni da quando ci siamo conosciuti.
In realtà ne sono passati solo sette.
La dilatazione del tempo è la pazienza nel mettere un passo dopo l'altro.
La predisposizione ad essere se stessi è la carta d'identità naturale che si mostra agli altri.
Noi tre volevamo avvicinarci a Santiago.
Noi tre ci siamo avvicinati in maniera indissolubile.
Ale è diventata un'amica come lo potrebbero essere solo quelle amicizie di vecchissima data.
ESSE sta diventando qualcosa di più e lo fa in maniera inaspettata, veloce e molto bella.
Mentre scrivo so che il futuro ci vedrà ancora insieme.
Non riesco ad immaginare nessun universo, alternativo a questo, nel quale ci si possa perdere di vista.
Ogni saluto sarà seguito da un nuovo incontro.
Resteremo quelli di adesso. Sudati, con le scarpe polverose e le gambe doloranti.
L'affetto per Ale non verrà mai meno.
ESSE sarà il futuro radioso nel quale continueremo a ritrovarci.
E sarà come in questa notte strana nel mezzo di questa altrettanto strana avventura.
Ogni "buonanotte" sarà seguita da un "buongiorno".
Ogni addio sarà solo un arrivederci.
Ogni volta, come questa notte, a ricordarci come è stato; a dirci l'un l'altro "facciamo paradiso".
Di nuovo e per sempre.

6 maggio 2020

La livella

Alla Casa Rural di Cardenuela Rio Pico si cena tutti insieme.
Sinceramente, uno dei momenti che preferisco del cammino.
Chi gestisce l'albergue prepara la cena e tutti i pellegrini si siedono allo stesso tavolo per condividere il cibo.
A volte, capita che l'hospitalero inviti gli ospiti a cucinare, apparecchiare, sparecchiare e lavare le stoviglie.
Detta così può sembrare una noia. In realtà, permette di avere un momento di unione con gli altri. Un'unione dettata dal fare qualcosa insieme.
Oltre al solerte venditore ed altri dal ruolo imprecisato, nella Casa Rural c'è Xabi.
Ha qualche problema per quanto riguarda la fluidità dei movimenti ma è comunque affabile e gentile. Ed è lui che mi porta il tabacco.
O meglio, lo è quasi sempre.
Mentre mi alzo da tavola, mi blocca e mi "suggerisce" di rimettermi a sedere.
Con un altro cenno mi fa capire che, prima di alzarsi, bisogna finire la cena perchè c'è ancora il cocomero da mangiare.
E va mangiato. Anche se io sono piuttosto pieno.
Praticamente un pranzo della domenica dalla nonna.
A cena faccio la conoscenza di Fabio. Marchigiano di Senigallia.
Sulle prime non mi sta molto simpatico ma, SPOILER ALERT, tra due tappe gli lascerò lo shampoo, il mio numero di telefono e l'invito a contattarmi, se passa dalla Toscana.
Il pregiudizio in una situazione atipica come questa è superfluo.
Come, probabilmente, lo è sempre.
In questa quotidianità fatta di milioni di passi, il giudizio sulle persone cambia in fretta.
Sempre in meglio.
In fondo, c'è un grande senso di uguaglianza e di comunità.
Siamo tutti in Viaggio. Seguiamo tutti la stessa direzione verso una meta geografica condivisa.
Si ha l'impressione di essere tutti uguali. Le differenze sociali ed economiche, la diversa provenienza, lo stile di vita vengono livellati.
In cammino, siamo tutti pellegrini, abbiamo tutti lo stesso ventaglio di problemi, possiamo aver bisogno o aiutare.
Si ha la voglia di dividere e condividere con gli altri.
Tutto questo al netto delle differenze motivazionali e degli intenti interiori.

Cardenuela Rio Pico, 20 Agosto 2017

5 maggio 2020

Pensavo fosse un'auto invece era un calesse

La tappa da Belorado è abbastanza lunga e finisce intorno alle 17:00, a Cardenuela Rio Pico.
Un non paese tra collinette e campagne.
Scegliamo una Casa Rural con piscina. Il posto sarà pure composto da 10 case ma, almeno 3 di queste, sono albergue privati per pellegrini.
Il gestore, venditore consumato, prende un tablet che ha avuto problemi di impatto con il suolo recenti e ci mostra le sistemazioni possibili.
Scorre foto, snocciola prezzi, aggiunge benefit, promette di andare in paese a prendere il tabacco.
Nel suo personalissimo stile ha...stile.
Non ha tempo da perdere: deve vendere e tu devi acquistare.
Non è maleducato ma solo sbrigativo.
Del resto, ha la forza di chi sa che intorno non c'è praticamente niente.
Nella vendita lo aiuta la lunga esperienza che lo porta a capire che i tre appena arrivati (noi) dormirebbero pure su una sedia, dopo le ultime due ore sotto il diversamente gentile sole estivo spagnolo.
Alla fine del suo spettacolo "tecnologico" chiudiamo a 20 euro per cena, letto e colazione.
Mi aveva convinto con la storia del tabacco ma non gliel'ho detto.
Siamo a 15 chilometri da Burgos e, probabilmente, sarà il posto dove saluteremo Ale.
Rinunciando alla piscina, una buca piastrellata nel terreno con acqua putrida, ci laviamo e laviamo i panni.
Parlo un pò con Ale e mi rendo conto che la sua scelta, il suo cammino, è stato un atto di grande coraggio per una mamma di due bimbi. Glielo dico perchè ha senso che gli si dica. 
Perchè è necessario che il suo coraggio venga riconosciuto dagli altri e le possa donare ancora più forza.
Segue l'intramontabile gioco del "se vincessi un milione di euro?"
Premesso che per vincerli bisognerebbe praticare almeno una delle possibilità date dal nostro amorevole Stato, si parte con la fantasia.
Io ammetto che eviterei macchine immoralmente costose ma assumerei un autista.
ESSE si comprerebbe una Golf.
Non so che macchina abbia adesso ma sono propenso a credere che possa essere un calesse o la macchina a pedali di quando era piccola.

Cardenuela Rio Pico, 20 Agosto 2017

4 maggio 2020

Il momento

Il buio ci inghiotte mentre cominciamo un altro giorno di cammino.
Lasciando Belorado, passiamo da una strada nella quale ci sono persone che stanno ancora festeggiando dalla sera prima.
Tutte molto composte e per niente moleste.
Questa gente di un certo livello, piscia nei vicoli ma anche in mezzo alla strada.
C'è proprio una ragazza che si accuccia in mezzo alla via e da libero sfogo al suo bisogno. Evidentemente impellente.
Ci guardano in modo un pò strano o, forse, sono solo sguardi diluiti in fiumi di alcol.
Ieri sera, poco prima della chiusura dell'albergue mi sono deciso.
Ho lasciato da parte uno dei miei lunghissimi monologhi per vedere se un l'incontro delle nostre labbra potesse essere l'inizio di qualcosa di bello.
Su quella panchina verde, continuavo a parlare ed ascoltare.
Sotto il suo sacco a pelo verde, ero presente esteriormente ma, in verità, pensavo se fosse il caso o meno.
Era quello che chiamerei IL momento.
Una situazione nella quale il mio cervello lavora il doppio.
Si divide tra ciò che sto facendo, conversare, e ciò che vorrei fare.
Mentre stavo raccontando qualcosa del passato, la testa si proiettava verso scenari futuri plausibili.
Scenari di armonia oppure di normale banalità.
Ho sempre rifuggito la banalità.
"Se c'è una cosa che è immorale è la banalità" cantava, negli anni 90, il leader degli Afterhours.
Mi chiedo sempre se non sia il caso di intraprendere percorsi meno sicuri. Magari rinunciando alle sicurezze della consuetudine.
Mi chiedo se non sia il caso di farsi vincere dalla banalità che la vita mi serve facile facile.
Oppure se, in alcuni casi, possa valer la pena di mettersi in gioco ed uscire dalla mia zona di comfort.
Capisco che la sto facendo lunga ma, certi eventi, non possono essere proposti dal fato per puro caso.
Certi momenti della vita potrebbero farle prendere direzioni che la potrebbero arricchire.
Ieri sera.
Su quella panchina verde.
Sotto il suo sacco a pelo verde.
Sotto ad un nugolo di pensieri confusi e scuri.
Abbiamo acceso la luce.
La nostra.

Cardenuela Rio Pico, 20 Agosto 2017


3 maggio 2020

Quel treno per Yuma e pollos a la plancha

Belorado è una cittadina gradevole.
Ha una piazza grandissima con al centro una sorta di rondò alberato.
Al nostro arrivo sta suonando una banda di strada formata da giovani, probabilmente facenti parte di una scuola di musica. Questa cosa si ripeterà fino al pomeriggio inoltrato, con bande differenti.
Dormiamo in un albergue parrocchiale. Spartano ma economico.
Camerate da circa otto letti e spazio fuori per lavare e stendere.
Ale è partita con la fissa dei mezzi pubblici.
Mi spiego.
Avendo solo 18 giorni per fare gli 800 chilometri, deve, necessariamente, fare alcuni tratti con i mezzi. Almeno quelli in entrata e/o uscita dai grossi centri, tipo Burgos o Leon.
Questo problema potrebbe apparire banale ma la collisione tra due pianeti è deflagrante.
Da un lato, il pianeta uno, i servizi pubblici spagnoli. Non ci si capisce una minchia. Orari che cambiano in base al giorno della settimana, in base alla stagione, al tempo e allo stato di salute del Re. Oltre al fatto che ci sono decine di compagnie di trasporto.
Dall'altro, pianeta due, Ale!
Quando viene colta dal raptus di raccolta informazioni il suo pensiero non si smuove da li. Inizia la ricerca.
Il problema è che la lingua straniera con la quale potrebbe comunicare senza problemi è il tedesco.
Ora, il tedesco, nel mezzo della Spagna, in un paese di 2000 abitanti, non è certo la lingua principe.
Così, novello interprete,  la accompagno all'ufficio informazioni dove prendiamo, nell'ordine: depliant casuali, un'inutile mappa di Belorado, qualche informazione e la certezza che li non sanno niente.
A Burgos dovremo richiedere per avere notizie certe.
Mentre siamo dentro all'ufficio, ESSE parla al telefono con il suo "morosino", come lo chiama lei, e lo lascia.
Così. Per telefono. Da lontanissimo. Punizione dritta nel sette! Che Roberto Carlos, in confronto, la toccava piano.
Questa notizia mi distrae dalla ricerca spasmodica all'interno di quella che vorrei chiamare operazione "Quel treno per Yuma".
Stremato, esco dal punto informazioni, e la novità mi lascia un pò perplesso sul da farsi.
O basito (F4)?
No, dubbioso.
Non c'è dubbio che ESSE mi piaccia. Molti dubbi sul fatto che la mia presenza possa aver influenzato la sua scelta. Anche in minima parte.
Radler prima di cena con Ale che, finalmente, si è placata e non cerca più il Sacro Graal del viaggiatore pubblico.
Aspettiamo che ESSE torni dalla messa e andiamo a cena più tardi del solito.
Tipo le 19:20...
Ancora oggi, mi ricordo che Esse ha detto una roba tipo "beh...se una persona ti piace, devi provarci. Mal che vada, ti dice di no e non succede niente".
Che sia un invito?
Nel dubbio finisco l'ennesimo petto di pollo alla piastra con patate fritte. Ma mi convinco che ci possa essere spazio per un tentativo.
La sera, lei ed io ci ritroviamo fuori dall'albergue.
Ci sediamo su di una panchina verde, dalla parte opposta dell'ingresso.
Ci copriamo con il suo sacco a pelo verde.
Parliamo.
Come tutte le altre sere.
Una delle consuetudini belle di questa avventura.
E mi sembra che ci si stia conoscendo.
Che ci si possa conoscere.
Che sarebbe bello conoscerci meglio.
Che potremmo stare bene insieme.
Forse, anche al di fuori del Cammino.
E le nostre conversazioni serali, ormai specchio riposato e rasserenato di quelle del giorno, sono diventate una cosa irrinunciabile.
Quasi come il pollo a la plancha.
Ma lei mi piace di più.

Belorado, 19 Agosto 2017

2 maggio 2020

Non al cuore, Ramon

Lasciamo Ciruena per una tappa leggera di 28 chilometri.
Arriviamo a Belorado
Sempre con partenza lenta per evitare di giocarmi le caviglie, complice il buio.
Con le scarpe nuove va molto meglio e, qualche giorno fa, ho bucato le vesciche.
E' una tecnica che riempie il web. Si tratta di passarle con ago e filo e lasciare il filo dentro.
Senza squarciarle la carne viva sotto la pelle rigonfia resta protetta ed il filo fa da canale per far uscire il liquido.
Lo so! Sembra una roba terribile e barbara. In realtà, lo è molto meno di quel che sembra. Oltre al fatto che ti può salvare dalla possibilità di zoppicare per decine di chilometri con conseguenze peggiori.
Conseguenze che si incontrano spesso.
Se la vescica è solo la punta dell'iceberg, andando in profondità, mi immergo nel mare delle tendiniti. Non è raro trovare persone con ghiaccio o fasciature improbabili. Un fai-da-te parecchio improvvisato e, spesso, inutile.
In linea generale, movimenti ripetuti ma scorretti possono portare a infiammazioni dei tendini che, a loro volta, portano a stop forzati. Oltre al fatto che il sovrappeso carica molto le articolazioni.
Andando avanti, capisco, se i doloretti si spostano in zone diverse del corpo, durante il cammino, va tutto bene.
Peggio sarebbe dolore fisso in un punto.
Per alcuni non è così.
Credo che il dolore più grande sia quello di non poter continuare a camminare.
Essere obbligati a fermarsi.
Non sapere se si potrà ricominciare dopo un paio di giorni di riposo o se si dovrà rinunciare e tornare a casa.
Lo leggo sui volti di queste persone.
Non c'entra il dolore fisico; i visi sono segnati da smorfie di tristezza e delusione.
La paura di dover abbandonare li rende tristemente arresi.
Ed è una paura che ti attaccano.
Che ti prende al primo fastidio al ginocchio.
La paura più grande.
Quella che ha preso il posto delle paure iniziali che, ormai, sembrano uno stupido e infantile ricordo.
Non ci penso mentre cammino. Non ci penso mentre sono fermo. O almeno ci provo.
Ancora una volta, si tratta di allenare il cuore. Stavolta per superare una paura nuova.
La forza di volontà mentale e la voglia di scoprire il cammino sono un motore potente contro la paura.
Non mi sparare al cuore, Ramon. Mi serve per camminare

Belorado, 19 Agosto 2017

1 maggio 2020

Gente dal mondo

Negli albergue, spesso, si fa vita comunitaria.
Si dorme in camerate, più o meno grandi, si usano bagni in comune e si può mangiare tutti insieme.
Ne esistono di municipali/parrocchiali dal costo contenuto (intorno ai 5/6 euro) oppure si trovano quelli privati.
Questi ultimi hanno costi un pò più elevati (al massimo una quindicina di euro) e capita spesso siano case che ospitano i pellegrini.
A Casa San Victoria siamo circa una decina.
Gli americani. Jim e Mrs Jim sono due pensionati. A cena, parlano di qualsiasi argomento. Sono americani, loro, e possono. Hanno il tipico atteggiamento di chi vive in un paese di serie A e, di conseguenza, hanno una visione del mondo che ne abbraccia tutti gli aspetti e possiede, di diritto, una saggezza derivata da una supposta posizione di predominio nei confronti del resto del mondo.
Non vorrei essere frainteso: non risultano antipatici.
Non come i vacanzieri americani più giovani.
Anni fa, in Messico, ne ho trovato un bel gruppetto nel Chiapas. Passavano le giornate ad oziare sui divani e, la sera, si muovevano in mandrie, alcolizzate e vocianti, mosse da atteggiamento di chi è "padroni di casa".
Oltre a Jim e consorte, c'è un ragazzo brasiliano che dorme al piano di sopra del mio stesso letto a castello. Il suo zaino è su di uno scaffale all'altezza del mio naso. Disperde un odore terribile. Lo deve aver usato per fare cose indicibili oppure si è scordato che al suo interno c'è un armadillo in decomposizione.
A memoria, ricordo anche un signore irlandese, simpatico e beone come tutti gli irlandesi.
L'età media è di circa sessant'anni. Quindi, rispetto ai 20 abitanti di Ciruena, una congrega di ragazzini.
Il pomeriggio lo passo con ESSE.
Prima la accompagno all'unico bar che c'è, per mangiare un panino. E mi bevo un paio di calimochos (El Cuba Libre del Pobre), metà vino rosso e metà cola.
Dopo, aspettiamo che finisca la lavadora per stendere i panni.
Alla sera, prima di andare a dormire mi fa un massaggio ai piedi vagamente doloranti.
Tiro fuori una scena di Pulp Fiction. Quella dove Vincent Vega e Jules Winnfield dissertano su massaggio ai piedi, sesso, campi da gioco e sport diversi. Per me, uno dei migliori dialoghi del film; film chè è un continuo susseguirsi di "dialoghi migliori del film". Per dire.
Lei non lo ha visto.
Dopo, ci mettiamo sul terrazzino, sotto il suo sacco a pelo, e continuiamo le nostre chiacchiere. Ormai un'abitudine serale, per me, irrinunciabile.
Senso di benessere.

Ciruena, 18 Agosto 2018