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9 febbraio 2016

Esce dalla memoria: fotografia

Ho questa foto di pura gioia...no, questa è una canzone.
Ricominciamo.
Ho questa foto. In bianco e nero.
Ci sono due ragazzi che si guardano. Dietro di loro si vede la scritta "sport" di un negozio che non c'è più.
Lui indossa una maglietta di Superman sopra ad un'altra con le maniche lunghe, secondo una moda che si è portato dietro dagli anni novanta.
Lei ha i capelli scuri, legati, una giacca scura, un orecchino che pare fatto con la linguetta di una lattina. Ma forse non è così.
Lui beve da un bicchiere.
Lei lo guarda. Ha probabilmente un bicchiere anche lei.
E lui ricambia lo sguardo.
Lui ricorda bene quel giorno, quel pranzo in strada, l'alcol e la fatica e tutte le sensazioni che respiravano in quei momenti. Quando ancora si respiravano le possibilità molteplici che potevano arrivare.
Lui ricorda un foglietto con sopra il suo nome ed un cuore disegnato.
Gli torna in mente il continuo incontrarsi e sfiorarsi per strada. Per fermarsi. Come, con ogni probabilità, era successo pochi attimi prima che la foto venisse scattata.
Lei, probabilmente, lo ricorda ugualmente.
Lei, oggi, è lontana. Lei, oggi, lo ha allontanato ma senza rancore. Come succede quando la vita accellera e prende altre direzioni.
Lui spera che, oggi, lei sia felice. Lo spera davvero e, in alcuni momenti, sente dentro di se che è proprio così.
Lui non si è mai perdonato alcune cose. Lui non si è mai perdonato. Fino a questa notte. Nel buio silenzioso ha capito che, adesso, si può perdonare e ricordare senza maledirsi. Sa che si può perdonare perchè ha lasciato che le cose andassero in un certo modo solo perchè era la cosa migliore per entrambi.
Lei, probabilmente, non lo ha mai perdonato anche se il rancore si è diluito in una pozzanghera di ricordi in movimento.
Lui, questa notte, la pensa e le manda un abbraccio.
E anche se lei non lo saprà mai, lui spera che il suo corpo possa percepire una stretta improvvisa.
L'abbraccio di chi, ormai lontano nel tempo e nello spazio, questa notte, si è perdonato.

"...a tratti percepisco, in assordante brusio, particolari in chiaro..."

11 marzo 2013

One more drink...

 Dave Matthews - Grace is gone

"...Neon shines through smoky eyes tonight
It's 2 AM, I'm drunk again
It's heavy on my mind
I could never love again
So much as I love you
Where you end where I begin
Is like a river going through
Take my heart, take my eyes
´Cause I'll need them no more
If never again they'll fall upon
The one I so adore

Excuse me please, one more drink
Could you make it strong
'Cause I don't need to think
She broke my heart
My Grace is gone
Another drink and I'll move on

One drink to remember, another to forget
How could I ever dream to find a love like this again?
One drink to remember, another to forget...

Excuse me please, one more drink
Could you make it strong
'Cause I don't need to think
She broke my heart
My Grace is gone
Another drink and I'll move on
One more drink and I´ll move on ...

You think of things impossible
Then the sun refuses to shine
I woke with you beside me
Your cold hand lay in mine

Excuse me please, one more drink
Could you make it strong
'Cause I don't need to think
She broke my heart
My Grace is gone
Another drink and I'll move on
One more drink and I´ll move on
One more drink, my Grace is gone..."

27 febbraio 2013

Impressioni di febbraio

"...Quando è stata quell'ultima volta
che ti ho vista e poi forse baciata
dimmi adesso ragazza d'allora
quando e dove te ne sei andata
perchè e quando ti ho dimenticata.
Ti sembrava durasse per sempre
quell'amore assoluto e violento
quando è stato che finito il niente
perchè è stato che tutto si è spento
non ha visto nemmeno settembre..."

29 gennaio 2013

Il paradosso del gatto di Schrödinger

Supponiamo di avere un gatto chiuso in una scatola dove un meccanismo (col quale il gatto non può ovviamente interferire) può fare o non fare da grilletto all'emissione di un gas velenoso. Per entrambe le situazioni la probabilità è esattamente del 50%. Secondo Schrödinger, visto che è impossibile sapere, prima di aprire la scatola, se il gas sia stato rilasciato o meno, fintanto che la scatola rimane chiusa il gatto si trova in uno stato indeterminato: sia vivo sia morto. Solo aprendo la scatola questa "sovrapposizione di stati" si risolverà, in un modo o nell'altro. La vita del gatto è di fatto nelle nostre mani: può sembrare paradossale, ma il senso è che l'osservazione determina il risultato dell'osservazione stessa.

26 gennaio 2013

Essere umano povero coglione

Per quanto ci si possa allontanare...
...alla fine, si vuole solo tornare a casa

25 gennaio 2013

Ti devo una canzone...

La vita è fatta di promesse e compromessi.
E' costellata di fermate obbligatorie e carte firmate volontariamente.
Ritengo che ogni promessa vada mantenuta a meno che non incida sulla propria libertà personale, sul desiderio di migliorare la propria esistenza.
Nella vita ho pronunciato, a volte, alcune parole che sono risuonate come una promessa. E, forse, volevano esserlo. Promessa che ho sitematicamente tradito. E, oggi, posso prendermela con chi voglio: il governo, la mafia, i fascisti, il mio vicino, ecc.. Il fatto è che il vero colpevole sono io.
Se il concetto di Karma fosse applicabile nella relatà, non mi si prospetterebbe un futuro roseo.
E, purtroppo, mi sono reso conto che, il fermarsi a riflettere, capire gli errori e cercare in ogni modo di porvi rimedio, non serve. Non è servito. La magia che sarebbe servita non c'è stata. E quel "qualcosa" che sembra rimasto sospeso è, relamente, così...sospeso. E' li sopra. Lo potremmo quasi afferrare e tirare in mezzo a noi.
Sospeso come una melodia, come un riff di chitarra, come le parole di una canzone...



Questo non giorno per ridere o morire

Stanze vuote cicliche e aride

Patina opaca copre il candore

il colore del lutto unico a brillare



E mi ammanto di aridità impeccabile

E mi mostro con lucidità nobile

E mi mostro senza volgarità inutile

E mi vesto di vuoto colpevole



Il silenzio ha sguardo truce

È come un’alba senza la luce

Restan risate e sbuffi d’estasi

Sotto un giogo di aridità cremisi



Siamo venere apparsa nei cieli meno neri

Siamo labbra sfiorate di pioggia e sole

Pugni stretti più chiari di mille parole

Siamo polvere tenuta insieme dai pensieri

23 settembre 2012

FdG

De Gregori mi fa sempre uno strano effetto.
Per me, è un pò diverso rispetto agli altri cantautori italiani.
De Andrè è quello della poesia pura, intellettuale che parla di emarginati. Forma e sostanza.
Guccini è Guccini. Una sorta di padre aggiunto. E' quello di quando ero ragazzino, quello dell'esser fieri del proprio sognare; anche attraverso il suo sguardo lucido sul mondo.
Francesco De Gregori di Roma è, per me, particolare.
E' quello della memoria. Del ricordo. Non legato a qualcuno o qualcosa, necessariamente.
Il suo scrivere e cantare odora di Roma, di storie, di occasioni perse, di personaggi realisticamente inventati.
De Gregori è malinconia. Splendida malinconia.
Mi ricorda lei. Anche se non ci sono canzoni legate a quel periodo.
O forse sono io che non dimentico e do la colpa a lui...

 "...nessun calcolo, nessun senso, dentro questa paralisi..."


29 agosto 2012

Appunti di fine estate: fuori tempo massimo.



Alla fine, ho capito...
Per quanti locali possa aver frequentato...
Per quante bevute e sbronze con gli amici possa aver preso...
Per quante donne possa aver scopato...
Per quante feste possano avermi visto tirare mattino...
Per quanti concerti e film possa aver visto...
Si arriva ad un momento nel quale niente è più interessante.
E conta solo amare un’unica persona. Ma solo quella.
E vivere con lei. E per lei

8 aprile 2012

Dreams & Visions #2


Sono nell’androne di un palazzo vecchio. Meglio dire, storico.
Dove raggiungere il tuo appartamento.
Le scale, all’inizio normali, diventano sempre più impervie. Prima strette, poi ripide. Poi passano attraverso alcuni cunicoli.
Devo reggermi al muro, abbassarmi, inginocchiarmi, quasi sdraiarmi.
Arrivo al piano più alto dell’edificio, senza trovare casa tua, e mi ritrovo in una camera da letto dove una coppia dorme.
Le pareti ed i mobili sono bianchi, così come le lenzuola. Tutto candido e luminoso.
I due si svegliano e mi guardano. Chiedo scusa e mi giustifico, dicendo che mi sono perduto.
Mi dicono di non preoccuparmi e che la cosa importante è conoscere cosa si vuole per potersi ritrovare.
Inizio a scendere. Scivolo. Cado dalle scale, rotolando senza sentire dolore, solo il rumore di ossa in frantumi e pelle che si lacera.
La caduta si arresta su qualcosa di morbido. Apro gli occhi.
Sono seduto su un divano rosso, in un bel salotto. E tu sei accanto a me e mi guardi.
Provo a spiegarti il perché della mia presenza ma il tuo sguardo mi fa capire che già lo sai.
Hai, finalmente, già capito tutto.
Mentre sono indeciso su cosa fare, entrano, ridendo, i tuoi genitori.
Provo imbarazzo e, di nuovo, sono pronto a dare spiegazioni non necessariamente richieste.
Loro, invece, mi salutano come se fosse normale trovarmi lì. Come se fossi una presenza definita e consueta.

Apro gli occhi. Sono le 8:12 della mattina di pasqua e non ho più voglia di dormire e sognare.

5 aprile 2012

Dreams & Visions


Vedo un uomo seduto alla scrivania. Ha un computer davanti ed una chitarra in braccio.
Sta suonando e ogni tanto scrive qualcosa con la tastiera. Con il mouse fa partire la registrazione. Microfono e chitarra sono collegati ad una scatoletta grigia collegata, a sua volta, al retro dello schermo.
Suona il telefono ed è costretto ad interrompere, sbuffando. Risponde. Dall’altro capo del filo si scusano per il disturbo domenicale ma si tratta di una cosa breve e urgente. L’uomo risponde che non c’è alcun problema. Parlotta un po’. Alla fine saluta e riattacca. Pensa che i problemi più urgenti, sono sempre i più semplici da risolvere.
Si volta verso la cornice sul lato destro della scrivania e si ritrova ad osservare, ancora una volta, la foto al suo interno.
C’è un lui di un paio di anni più giovane.
Pensa che, tutto sommato, non è cambiato molto.
Dalle sue spalle, calano due gambe e sopra la propria testa ne vede un’altra. Gli occhi sono i suoi, le trecce sono di un nero identico a quello che conosce bene, per tutte le volte che ci ha tuffato il viso negli ultimi anni. Delle mani si reggono alla testa. Avvicinandosi, nota che intorno alle unghie sono un po’ mangiate. Quasi fosse un segno distintivo della famiglia.
Sorride e pensa che, in fondo, è cambiato tanto, negli ultimi anni.
Quello che lo ha sempre colpito di quella foto, ricordo di una giornata all’aria aperta, è sempre stato l’occhio che il fotografo ha usato. O meglio, l’occhio della fotografa. In quella foto c’è tutto lo sguardo di lei.
Lo stesso sguardo che ricorda lei aveva una sera di tanti anni prima.
Erano sdraiati sul letto e lei lo guardava in quel modo: come se quello fosse lo sguardo definitvo, come se nessun altro lo avrebbe mai guardato così in futuro. Era quello sguardo che, malgrado tutto, gli dava forza in quel momento.
Era una serata strana: di promesse non accettate, di desideri repressi, di sofferenza. Ma erano anche risate e scherzi. Come sempre. Il suo modo di sdrammatizzare lo portava a cercare di farla ridere e di ridere con lei. Non voleva sminuire l’importanza delle cose dette; voleva, soltanto, allentare un po’ la tensione.
In quel momento sembrava che tutto stesse finendo. Malgrado gli abbracci, i baci, le carezze, il bisogno rivelato con gli occhi, i gesti o le parole.
In quei giorni ogni saluto era stato l’ultimo e non potrà mai scordare il terrore di perderla; o la paura che le cose andassero in una direzione nella quale a lui era vietato andare; oppure il sentirsi bloccato in una situazione senza via d’uscita.
La paralisi data dalla sensazione che il suo futuro sarebbe stato compromesso inevitabilmente per errori commessi in passato.
I suoi pensieri vengono interrotti dal rumore della porta che si apre.
Distoglie gli occhi dalla foto e fa in tempo a salvare quanto registrato prima che, la bambina della foto, arrivi di corsa e gli salti in braccio. Con la bocca sporca di gelato ed un quadrifoglio in mano: “E’ per te! Porta fortuna!”, urla, abbracciandolo.
La ringrazia con un bacio sulla fronte.
Dopo pochi istanti, ecco quello sguardo entrare nella stanza e lui pensa che la fortuna lo ha già premiato anni prima.
E nessun portafortuna potrà mai incrementarla.
E nessun piccone potrà mai abbattere la solidità del muro di quelle sensazioni…neanche dopo tutti quegli anni.

Io sono un'isola


L’isola negli anni, è andata sempre peggiorando.
Il regime instaurato ha avuto alti e bassi ma è rimasto sempre fedele a se stesso.
La volontà di bastare a se è stata la base della politica estera da sempre.
Ci sono stati periodi di apertura, nei quali venivano accolte presenze dall’esterno mentre altre venivano rifiutate in partenza.
Questi periodi sono sempre stati seguiti, in alternanza come le stagioni, da altri di isolazionismo e totale chiusura.
Quando finivano si diceva che era stato meglio così e che la ripresa ci sarebbe stata. Seppur con difficoltà momentanee, è andata sempre in questo modo. Che fossero stati i paesi esteri a ritirarsi o fosse stato il governo a rifiutarli, si restava sempre in piedi.
Oggi, non si vedono tracce di miglioramenti e ripresa. Gli analisti s’interrogano sui perché e non trovano risposta. La razionalità degli studiosi non serve, adesso. La saggezza popolare ed il cuore dell’isola ci puossono venire in aiuto: l’isola non si regge più sulle sole sue gambe.
Si avverte il bisogno di essere affiancati da altri per andare avanti e far si che le cose assumano connotati decisamente più favorevoli.
Perché ogni isola ha bisogno di legami. E non legami qualsiasi. Legami scelti e selezionati. Fino a questo momento, per ogni accordo stipulato si è fatta la valutazione sulla sua effettiva fattibilità e, sempre, il risultato ha portato ad un’interruzione.
Dopo anni di ricerca e tentativi si è giunti alla situazione ideale ed al partner ideale con il quale intraprendere un’esistenza condivisa basata su appoggio e continui scambi.
Sembra però che eventi passati e situazioni odierne contingenti non permettano che tutto ciò avvenga e, mentre il governo dell’isola cerca soluzioni alternative, il suo cuore non riesce a riprendersi. Non riesce a battere come prima. Non riesce a far si che l’organismo funzioni e torni a respirare come sempre.
Ci sono momenti nei quali si dice che tutto andrà bene, ma ce ne sono altri nei quali si resta immobili a fissare un punto ne vuoto che, però, non ha risposte. Ci si trova a prefigurare scenari apocalittici di lento declino.
Forse sarà così. O forse si tratta solo di aspettare tempi migliori. Lasciando che la storia faccia il suo corso e che l’isola torni ad avere quello che si merita, anche se non sempre è stata così meritevole.

1 aprile 2012

...non...
...ci...
...riesco...

31 marzo 2012

Gusci di noccioline

Intanto, da qualche parte nel mondo...
“Ciao Charles”
“Ciao! Come te la passi?”
“Bene. Torno adesso da trovare mio fratello. Ora vive lontano e, quando si sente solo, io sono l’unica che gli da sicurezza”
“Mi ricordo quando andava in giro con quella coperta pensando che lo avrebbe protetto”
“Già! Fossi stata meno irascibile e stronza forse non gli sarebbe servita…E tu? Come stai? Come è finita poi con la ragazzina dai capelli rossi?”
“Alla fine mi sono dichiarato e siamo anche stati insieme per un periodo. Poi  ho mandato tutto all’aria. Ricordi quando eravamo piccoli e pensavo di essere sbagliato? La penso ancora così”
“Non è vero. Sei una delle persone migliori che abbia mai conosciuto anche se non lo davo a vedere. O, forse, non lo capivo e, di sicuro, ero troppo presa da me stessa. Oggi sono diversa. Per fortuna. Mia e degli altri. È successo tutto in un attimo. Quando, con la famiglia, ci siamo trasferiti, Schroeder si è accorto di cosa stava perdendo e si è dichiarato, ho avuto come un’illuminazione”.
“Ah Ah! Anni e anni appoggiata a quel pianoforte e lui se n’è accorto solo quando ti sei alzata per andare via”.
“Si. Mi sono resa conto che non gli piacevo per il tipo di persona che ero in quel momento. Mi ha detto che sarebbe bastato che io fossi cambiata perché dentro avevo cose belle da donare. Purtroppo era tardi. Sono anni che non lo vedo ma so che, alla fine, è riuscito a diventare un musicista affermato. Leggo di lui ogni tanto sulla stampa nazionale”.
“L’ho incontrato un paio di anni fa. Stava bene. Sempre concentrato su quelle sette note. Anche se, nei suoi occhi, ho intravisto il segno delle occasioni perse. A dirla tutta, ho il sospetto che ritenga che tu sia stata la sua più grande occasione persa…”
“È  capitato, purtroppo”.
“Adesso ti saluto. Devo rimuovere la cuccia di Snoopy. Da quando è morto, non ne ho mai avuto il coraggio ed è diventata un rifugio per gli uccelli”.
“E perché la togli?”
“Con mia sorella, abbiam deciso di vendere il terreno intorno alla casa e non voglio che venga gettata tra i rifiuti. È sempre stata il simbolo della nostra infanzia”.
“Ti capisco. Le cose importanti vanno tenute di conto. A presto allora”
“Ciao, Lucy…”.

29 marzo 2012

Così vanno le cose, così...

A volte si fanno progetti.
A volte, non si realizzano.
A volte, ci si chiede perchè.
Sempre, si capisce tardi che vanno condivisi, che era cosa buona spiegarsi meglio, che non si "calano dall'alto".
O, forse, non sarebbe servito lo stesso.
O, forse, si è troppo avanti perchè gli altri capiscano.
Si!
Sono così avanti che, se mi guardo indietro, vedo il futuro!

E tu scrivi, scrivi se ti viene la voglia...

E allora scrivila sui muri questa tua felicità.
Come sempre. Come fai sempre quando cerchi la convinzione nelle tue scelte.
Applica equazioni finchè puoi. Sottrai quello che non vuoi e tieni quello che reputi importante.
E lascialo inciso sul bianco del foglio.
Siamo persone che hanno studiato, che hanno imparato come si usano le parole. Usale e lascia il tuo segno sulla parete.
Siamo persone che hanno capito come si formula un pensiero, una frase.
Purtroppo, però, siamo persone che non hanno capito come si formula un sentimento, come lo si nutre, come lo si perdona quando ci tradisce. Come lo si debba mostrare e non metterlo da parte.
Invece, andiamo per esclusione e nascondiamo paure dietro la semplicità delle sicurezze banali.
Teniamo la testa dentro chè la fuori è un brutto mondo.
Ma tu scrivi pure, che ti vien più facile...

19 marzo 2012

Wishlist

Vorrei avere un programma alla radio e mettere solo canzoni che mi scuotono
Vorrei scrivere versi e melodie che vengano da dentro e condividerle
Vorrei avere una famiglia meno disfunzionale anche se diversa da quella del mulinobianco
Vorrei poter giocare a basket come facevo prima
Vorrei avere la costanza di andare a correre ogni giorno senza pensare che sia una cosa alienante
Vorrei la macchina del tempo e tornare indietro a vedere cosa c'è che non va nella mia personale storia chiamata vita
Vorrei la bacchetta magica ma non gli occhiali di erripotter
Vorrei non aver perso di vista tante persone del passato solo perchè è successo
Vorrei che almeno ci fosse stato un motivo
Vorrei cercare di essere coerente con me stesso, anche negli errori
Vorrei non devermi giustificare ma incedere sempre a testa alta
Vorrei essere qualcun altro ma mi rendo conto che preferisco essere me
Vorrei capire perchè la vita è fatta di pieni e di vuoti
Vorrei capire perchè, spesso, ci costringiamo ad accettare i secondi e a non cercare i primi
Vorrei poter evitare la diplomazia
Vorrei prendere a calci in culo un pò di gente ma sono contraio all'uso della violenza
Vorrei non essere contrario all'uso della violenza
Vorrei tollerare come il Drugo
Vorrei poter non giocare di sabato come Walter
Vorrei non avere mai dubbi e, in loro presenza, prenderla come viene
Vorrei essere il riflesso della luna piena sul tetto della tua auto

18 marzo 2012

I'm still here...

"Preparati, perché quando passo [...] ti prendo e ti porto via"

16 marzo 2012

Vecchi amici
Nuovi amici
Note, toni e stoni
L'insostituibile ti sbatte in faccia la verità

6 marzo 2012

Out of order...again

Giorno due: Like Dylan in a movie

Sto correndo.
Come in ogni film di quel regista giovanilista italiano, serve una scena di corsa.
Corro.
Il cuore mi scoppia, i piedi appoggiano alternati per una frazione di secondo. Per andare il più veloce possibile, ogni appoggio deve durare il tempo della spinta in avanti. Senza indugi, senza bisogno di pensare a quale sarà il prossimo passo.
Prima ho imparato a camminare, col tempo, a correre.
Il mio corpo non si chiede mai come si faccia. Lo fa e basta.
La corsa è un sentimento. È dentro. C’è. Non ha altro da aggiungere e non deve convincere l’asfalto a venirgli incontro.
Corro perché temo che sia tardi e che possano essere prese decisioni che mi taglieranno fuori dalla vita che vorrei, per sempre.
So solo che più forte corro e più vento riuscirò ad alzare intorno a me.
Potrebbe portarmi dove voglio andare o spazzarmi via.
Spero nella prima ipotesi…