19 novembre 2012

Mattina d'autunno

Non importa quando te ne vai.
Conta solo quando torni.

15 novembre 2012

E ti scrivo perchè per cantare è tardi...

Caro amico, questa sera riascoltavo vecchie registrazioni. Quelle fatte insieme quasi 10 anni fa.
Spesso mi attacco al passato, quando il presente me lo richiede. Mi fa capire da dove vengo e mi restitutisce una nuova dimensione; un nuovo punto di vista.
Mi tuffo nei ricordi di quegli anni splendidi passati insieme a suonare. Quando eravamo tu ed io. E la tua attuale moglie, che ci seguiva sempre: fotografa e portatrice di grazia.
Ricordi e immagini si accavallano ma, con un pò di concentrazione, tutto appare nitido e chiaro, come è sempre stato chiaro quello che volevamo fare.
E' stato un gran bel gioco fatto di note, chiacchere, birre, chilometri in macchina,
Ti ricordi quando siamo andati a suonare in Francia?
Decines-Charpieu si chiamava il posto. Vicino Lione. Praticamente imbucati in mezzo a tanti musicisti veri o in procinto di diventarlo. A bere birra e pensare che, in fondo, essere li non era del tutto immeritato.
Il primo demo te lo ricordi? Registrato a casa di quel tuo amico, sopra il Pirobutirro, il locale dove tutto è iniziato.
Ne avrei, e son sicuro che anche tu ne avresti, di cose da ricordare.
Magari, un giorno, ti prenderai una pausa di qualche ora dalla famiglia e, davanti ad un bicchiere di vino, sarebbe bello ricordare come eravamo.
Sarebbe bello ricordarmi che, anche se adesso c'è più gente davanti a me quando suono, ce n'è sempre meno al mio fianco.


3 ottobre 2012

Incontri

Vai al supermercato e incontri un ex compagno di classe che non vedevi da anni. Te lo avevano detto che non aveva fatto una bella fine, che si era fuso il cervello, che non era più quel ragazzino secco con gli occhi azzurri. Timido e tranquillo.
E, allora, pensi che nella vita, per lui, ci poteva essere qualcosa di meglio.
E pensi che, a vent'anni, si è troppo stupidi e distratti per cogliere certi segnali.
Dopo è troppo tardi.

1 ottobre 2012

Roma perchè...

1.Perchè è bella pure se piove
2.Perchè la metro C è (da) sempre in costruzione
3.Perchè ci sono persone a cui voglio bene
4.Perchè custodice ricordi meravigliosi
5.Perchè, per la strada, capita di sentire: "rigore pa' 'a lazio!"
6.Perchè c'è la Roma e il Capitano
7.Perchè mi fa venire una spelndida allegra malinconia
8.Perchè mi sembra di tornare a casa (anche se non ne faccio parte)
9.Perchè il romanesco dovrebbe diventare lingua nazionale
10.Perchè ci sono via Cortina, via Rocca di mezzo, il quattro piotte, il Calasanzio, Piazza Giochi, Mondi, ecc...

PS: 11. Perchè Roma è Roma e l'artre città nun so' 'n cazzo!

23 settembre 2012

FdG

De Gregori mi fa sempre uno strano effetto.
Per me, è un pò diverso rispetto agli altri cantautori italiani.
De Andrè è quello della poesia pura, intellettuale che parla di emarginati. Forma e sostanza.
Guccini è Guccini. Una sorta di padre aggiunto. E' quello di quando ero ragazzino, quello dell'esser fieri del proprio sognare; anche attraverso il suo sguardo lucido sul mondo.
Francesco De Gregori di Roma è, per me, particolare.
E' quello della memoria. Del ricordo. Non legato a qualcuno o qualcosa, necessariamente.
Il suo scrivere e cantare odora di Roma, di storie, di occasioni perse, di personaggi realisticamente inventati.
De Gregori è malinconia. Splendida malinconia.
Mi ricorda lei. Anche se non ci sono canzoni legate a quel periodo.
O forse sono io che non dimentico e do la colpa a lui...

 "...nessun calcolo, nessun senso, dentro questa paralisi..."


5 settembre 2012

Archivio magnetico: 20 settembre 2009

 Dicono che settembre sia il reale inizio dell'anno. Non credo però voglio ripartire da qua...

"In rete non è difficile trovare album di fotografie appartenenti ad altre persone.
Vedo le foto di questa ragazza, della sua vita, dei suoi viaggi e posso solo immaginarne i sogni.
Primi piani, paesaggi, figura intera.
Scatti del passato, di un passato che non conosco e che non importa io conosca.
Sorrisi ed espressioni pensierose.
E consapevolezza del luogo in cui si trova, della sua storia.
Lo sguardo che rispecchia la volontà di scoprire posti nuovi alimentando la curiosità di una mente in rapido movimento:  nello spazio e nel tempo."

31 agosto 2012

Appunti di fine estate: dialoghi sull'uomo

Hey Ramos! Cosa hai fatto questa estate?

Ho bevuto pastis!

Appunti di fine estate: come quando una luce ti colpisce e ti sveglia

Il vero problema è che passiamo senza neanche farci caso dall'età in cui si dice "un giorno farò così" all'età in cui si dice "è andata così" 
(Cheyenne)

Non è vero, ma è bello che tu me lo dica
(Cheyenne)

Non sto cercando me stesso. Sono in New Mexico, non in India 
(Cheyenne)

Qui nessuno lavora più, tutti fanno qualcosa di artistico 
(Cheyenne)

La solitudine è il teatro dei risentimenti
 
(Cheyenne)

Mio padre sta morendo di vecchiaia... Una malattia che non esiste! 
(Cheyenne)

La cosa più brutta della morte è continuare a vivere!
 
(Cheyenne)

Chiedo scusa, però è giusto che sappiate che l'ho fatto apposta! 
(Cheyenne)

Stanotte mamma mi ha preso la mano e ha detto che il dolore non è la destinazione finale. Io ho capito solo che a volte la gente se ne va. Se ne è andato mio fratello, te ne sei andato tu. Mi senti Cheyenne? 
(Mary)

Jane: Torna presto che senza di te non riesco a vivere.
Cheyenne
: Non è vero, però sei carina a dirlo.

                                                                           Tatuatore: Ti piacciono i tatuaggi?
Cheyenne : È la domanda che mi sto facendo da quando ti ho visto, e ancora non so rispondere.

29 agosto 2012

Appunti di fine estate: fuori tempo massimo.



Alla fine, ho capito...
Per quanti locali possa aver frequentato...
Per quante bevute e sbronze con gli amici possa aver preso...
Per quante donne possa aver scopato...
Per quante feste possano avermi visto tirare mattino...
Per quanti concerti e film possa aver visto...
Si arriva ad un momento nel quale niente è più interessante.
E conta solo amare un’unica persona. Ma solo quella.
E vivere con lei. E per lei

28 agosto 2012

Appunti di fine estate: diamo i voti



Estate in città (paese?).
Mi sono dedicato alla visione di alcuni film italiani.
In generale, li consiglio. Anche perché il mio giudizio vuole essere quello di uno spettatore qualsiasi e non di un esperto togato.

Gianni e le donne di Gianni di Girolamo.
Dopo Pranzo di ferragosto, torna il buon Di Girolamo con la sua pattuglia di non-attori. Film molto carino che tratta con leggerezza la decadenza socio-ormonale di un sessantenne circondato da donne. Voto 7,5

Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino
Con andamento lento e ipnotico, seguiamo la quotidianità misteriosa di un Toni Servillo misurato nel caratterizzare la solitudine del personaggio che interpreta. Voto 7,5

Gorbaciof di Stefano Incerti
Il film, praticamente privo di dialoghi, scorre piuttosto sotto tono. Purtroppo, non bastano le espressioni e le camminate di Toni Servillo per fare un film. Incerto come il cognome del regista. Voto 5,5

Tatanka di Giuseppe Gagliardi
Da Saviano, film in dialetto per raccontare la storia di un pugile mai diventato campione, della voglia di emergere e del crimine organizzato che lo riporta sempre sotto. Consigliati i sottotitoli.  Voto 6,5

Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu di Marco Turco
Opera per la tv che ripercorre la vita del cantautore della gente, morto troppo giovane. Forse troppo stereotipato il taglio della narrazione ma la musica (si tratta sempre di uno dei migliori talenti che la penisola abbia mai espresso) ed un Santamaria in perfetta mimesi rendono all’opera un certo valore. Voto 7

A.C.A.B. di Stefano Sollima
Una specie di compendio dei difetti delle nostre forze dell’ordine in salsa romana. Il punto di vista del celerino disilluso prova a renderci i personaggi più umani. Non ci riesce. Voto 7

L’uomo in più di Paolo Sorrentino
Esordio di Sorrentino. Due vite che si sfiorano, accomunate dal declino. Su tutto campeggia il brano "La notte" e l'interpretazione di un convincente Toni Servillo. Voto 7

L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino
Senza l'attore feticcio Servillo, si resta spiazzati ma Giacomo Rizzo con fascia di patate in testa, passo zoppicante e braccio al collo, regala fastidio dando al film un ritmo nero nella quiete bianca del girato.
E c'è anche Fabrizio Bentivoglio!
Voto 8

Mozzarella stories di Edoardo De Angelis
Camorra, mozzarella e cinesi. Un dramma dai toni leggeri che si fa guardare. Voto 6,5

Il siero della vanità di Alex Infascelli
Voto 5
Benvenuti al nord di Luca miniero
Voto 5
La kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo
Voto 7

23 agosto 2012

Ineluttabilità

Un serial killer porta una bambina nel bosco.
La bambina: ho paura. E' tutto buio qui...
E lui: lo dici a me, che devo tornare da solo?

22 agosto 2012

In quiete estiva


Questa estate…
Ho lavorato...un pò
Mi sono tatuato...un bel pezzo
Sono andato in vacanza...per niente
Ho bevuto...abbastanza
Ho fumato...tanto
Mi sono drogato...una canna dopo anni
Ho dormito...quanto basta
Ho fatto all'amore...ma un gentiluomo non scende mai in particolari...
Ho sentito mancanze...definitive
Ho pensato...come sempre
Ho programmato...vagamente
Ho suonato...nella giusta quantità
Mi sono annoiato...mai
Mi sono divertito...sporadicamente

20 agosto 2012

Mezza estate e mezzo autunno


Nel giardino dei suoni, Alice è in catene.
Miele di fango e marmellata di perla le bastano per sopravvivere al tempio di pietra e ai suoi piloti.
Intanto, il Nirvana è un buco lontano ma, durante una cattiva e folle stagione, è normale sentire alberi che, sulle rive del fiume verde, urlano
"MADRE!!!"
"AMORE!!!"
"OSSA!!!"

17 agosto 2012

Appunti di mezza estate


Vorrei una ragazza che si prenda cura di me e dei miei difetti.
Una persona che mi educhi.
Dovrebbe essere una donna che mi lancia il cuscino ed urla che dormirò sul divano dopo una litigata; giusto per far passare un po’ di tempo prima di fare la pace.
Dovrebbe essere gelosa per il solo fatto che io possa spiegarle che non ce n’è motivo. E questo motivo sono tutti i motivi per cui voglio prendermi cura di lei.
Vorrei ammantarmi di quella luce che posso vedere solo riflessa nei suoi occhi. Uno specchio che rimanda esattamente la mia immagine.
Vorrei litigate furibonde e momenti di quiete assoluta.
Vorrei svegliarmi con lei accanto ma, ogni tanto, pensare a come sarebbe svegliarsi da solo.
Vorrei che lei mi aiutasse a difendermi da me stesso perché, anche lei, sta facendo la stessa identica cosa.
Vorrei avere abbracci e baci.
Vorrei, anche, desiderare altre donne per il solo fatto che sarebbero un prontuario dei motivi per cui, in realtà, voglio lei.
Vorrei, per lei, partire e lasciare tutto.
Di colpo.
Come quando mi sveglio di soprassalto…

22 giugno 2012

Once upon a time...

Per me, il basket si ferma a Michael Jordan (senza dimenticare Magic e Larry)...
Per me, il tennis si ferma ad Andrè Agassi...
Per me, la musica si ferma agli anni novanta...
Sono vecchio? Non credo.
Sono un nostalgico? Di sicuro.
Preferivo, però, telefonare e dover parlare con i genitori, se erano loro a rispondere.
Mi piaceva la televisione uguale per tutti, bella o brutta che fosse, e non quella odierna che ci divide in fasce di prezzo. In pacchetti.
Mi manca il periodo nel quale non sapevo mai i cognomi delle persone perchè non avevo un social network che me lo diceva. E non mi informava neanche sulle altrui vacanze, amicizie, posizioni in tempo reale.
C'è stato un tempo nel quale con le persone ci dovevo parlare faccia a faccia perchè non c'era altro modo. Quando per comunicare potevo usare solo la voce. E cazzi miei se ero intorverso (che fa più figo di "timido").
Ricordo che quando prendevo un appuntamento per un incontro, ad eccezione dei ritardatari cronici, eravamo tutti puntuali perchè non c'era modo di avvetire dieci minuti prima del proprio ritardo. Ed il posto scelto restava, invariabilmente, quello concordato.
Ripenso a quando, quasi ogni ragazza conosciuta, era un mondo da scoprire e non una da portarsi a letto. E, spesso, tendevo a pianificare, mentalmente, un futuro insieme, pur sapendo inconsciamente che non si sarebbe realizzato.
Tempo fa, le persone erano Persone e non numeri. Con gli amici, mi trovavo sempre nello stesso posto e le cose da fare erano limitate dal minor flusso d'informazioni.
L'eco di "eventi" lontani non mi raggiungeva, se non in forma mitica. Facevo quello che conoscevo.
L'impressione era che ci fossero meno possibilità ma migliori. Maggior isolamento ma meno solitudine.
Oggi, ho la quasi-certezza che davo maggior valore alle cose e alle persone che potevano essere importanti per me.
E i punti di riferimento non esistono più, anche se tutto sembra più facile.

12 giugno 2012

2012.06.10 - Stadio "Artemio Franchi", Firenze. Bruce Springsteen & The E-Street Band": Who’ll stop…

Acclamato, desiderato, atteso…alle venti e trenta sale sul palco con le sue Telecaster e la sua E-Street Band. Non scenderà prima che siano passate tre ore e venti.
Il Boss parte forte: “Badlands e “No Surrender”. Un “uno-due” che ti stacca i piedi dal suolo, che spinge in alto le mani e fa uscire la voce.
Dopo la coppia iniziale e un terzetto dal nuovo disco, è il momento di “My city of ruins”. E la mente corre a tre anni fa, a Roma, quando la dedicò a L’Aquila, mentre oggi si pensa anche all’Emilia mentre si ascolta una versione piuttosto gospel e dilatata che, forse, ha tolto un po’ di carica emotiva al brano.
E poi avanti, alternando vecchi cavalli di battaglia ai brani del nuovo disco (non tutti riuscitissimi, a mio parere).
E poi...pronti? via!...Dopo venti minuti inizia a piovere. Una pioggia di canzoni accompagnata dalla pioggia, quella vera. Qualcuno abbandona e va a cercare riparo,  il resto, quasi tutti, resta in posizione e continua ad urlare alle nuvole il sentimento comune che lega chi ama certe canzoni e certi artisti.
Acconciature preparate con cura perdono volume, ombrelli si aprono, cerate vengono dispiegate. Altri, non trovando di meglio si tolgono anche la maglietta.
Springsteen non si risparmia quando si tratta di avvicinarsi al proprio pubblico; così, buona parte del concerto la passa sotto la pioggia, suonando e cantando ma, soprattutto stringendo mani che a loro volta gli afferrano i polpacci come fossero la base di un statua dedicata ad una divinità pagana.
“Waitin’ on a sunny day” è il brano che fa sentir tutti eroi sotto il diluvio (ma doveva ancora peggiorare) ed il Boss lo sa. Gode del suo pubblico che, pur sapendo che il sole non andrà a splendere, vede nella sua musica quel sole che potrebbe asciugar loro almeno il cuore. Prende un bambino e lo fa cantare, così come, su “Dancing in the dark”, prende una ragazza dal pubblico per il solito balletto. Loro sono solo la punta dell’iceberg dei 45.000 del “Franchi” perché tutti cantano e tutti ballano, perché la pioggia che cade spinge a muoversi ancora di più, perché malgrado il maltempo, ogni tanto si sente la voglia di assistere ad uno spettacolo musicale che possa far dimenticare quello che c’è al di fuori di queste tre ore di musica.
E prima della micropausa c’è tempo per tre delle migliori frecce nella farestra del buon Bruce: "The River", "The Rising" e "Backstreets".
Mentre sparge, qua e la, alcune cover, si arriva al massimo della potenza della pioggia e, come se fosse stato scritto nel grande libro dello spettacolo, parte “Born to run”. ”One, two, three, four…” e non c’è più pioggia, c’è solo una delle migliori rock-band del pianeta e della storia della musica, uno dei migliori songwriter che, fortuna ha voluto, io potessi ascoltare e uno dei migliori brani mai concepiti.
Tutti cantiamo di come “i vagabondi come noi sono nati per correre”; anche sotto l’acquazzone che ci bagna il viso ed inzuppa i vestiti, perché, forse, dietro le nuvole, c’è una Wendy con cui poter costruire qualcosa.
Sembra che niente e nessuno possa impedirci di fare quello per cui siamo nati; possa fermare la nostra "corsa".
Così come niente e nessuno ferma Springsteen. Nemmeno l’assenza pesante di Big Man che, già al primo solo di sax, mi è sembrata ancor più evidente. Eravamo solo alla prima canzone in scaletta e già la commozione per il vuoto fisico, musicale ed emozionale faceva tremare i dotti lacrimali. Almeno i miei.
Parafrasando, la sua assenza è stato un assedio che si è sciolto solo verso la fine, durante “Tenth Avenue Freeze-Out”, quando “…the change was made uptown and the Big Man joined the band…”, quella stessa band ha smesso di suonare, le luci si sono abbassate ed è partito un filmato tributo al grande Clarence. E, non so perchè, ma una sensazione di pace mi ha pervaso. Musica, immagini e silenzio sono stati catarsi, per il solo fatto che hanno reso protagonista del proscenio, un’assente. E ci sarebbe stato da piangere se la musica non fosse ripartita come a ricordare che lo spettacolo continua e che Clemons sembra, e sembrerà per sempre, incastonato nelle note che escono dalla chitarra del Boss, al di la del dolore, come a dargli ancora più forza. Una forza che, passati i sessanta, pare quasi innaturale.
Forza trasmessa fino alla fine. “Twist and Shout” e “Who'll Stop the Rain?” ballate e cantate a squarciagola senza maglietta (perchè “ormai..bagnato per bagnato”) e che hanno messo la parola fine alla serata che, in realtà, sa tanto di arrivederci, perché malgrado tutto, Springsteen e la E-Street band non possono essere fermati.
In fondo, come si fa a fermare quarant’anni di musica che batte con il ritmo del nostro cuore?

…and i wonder…still i wonder…who’ll stop the rain?...

Setlist:
Badlands
No Surrender
We Take Care Of Our Own
Wrecking Ball
Death to My Hometown
My City of Ruins
Spirit in the Night
Be True (Premiere: Tour debut)
Jack of All Trades
Trapped (Jimmy Cliff cover)
Prove It All Night
Darlington County (With Honky Tonk Woman intro)
Burning Love (Elvis Presley cover) (Premier: Tour debut - Sign Request)
Working on the Highway
Shackled and Drawn
Waitin' on a Sunny Day
Apollo Medley
The River
The Rising
Backstreets
Land of Hope and Dreams
Encore:
Rocky Ground
Born in the U.S.A.
Born to Run
Hungry Heart
Seven Nights to Rock (Moon Mullican cover)
Dancing in the Dark
Tenth Avenue Freeze-Out
Encore 2:
Twist and Shout (The Isley Brothers cover)
Who'll Stop the Rain? (Creedence Clearwater Revival cover)

4 giugno 2012

Nion Story: Piccola 2007

Piccola


E ritrovarsi qui davanti ad un bicchiere di vino
Come se il tempo fosse quello la...

Come se volessi vedere due bicchieri e una bottiglia
non volessi pensare a quello che in testa hai impresso tu
che ti tormenta e ti ha fatta crescere l’unico mio regalo per te

E non sapere che sogni progetti
e che utopie si spezzeranno
sui tuoi sogni di piccola bambina
cullata dal sogno infranto
di frasi dette e urlate

E ritrovarsi qui davanti ad un bicchiere di vino
Solitario monolite di una vita sbagliata...

Ricordare soli in una stanza e sapere che
fuggire non è mai la strada migliore
Che seguire sarebbe più saggio
ma saggio io non sono stato mai

E non sapere che sogni progetti
e che utopie si spezzeranno
sui tuoi sogni di piccola bambina
cullata dal sogno infranto
di frasi dette e urlate
maledette e ripetute
E sapere che non esistono magie o treni in ritardo
da compiere o da salire
Lasciare rivoli sul vetro
che ti dicono che il gioco è finito
Mendicando un altro giro di giostra...

27 maggio 2012

Cinque versi - Pearl Jam #3


“I wish I was the pedal brake that you depended on 
I wish I was the verb 'to trust' and never let you down”
(Wishlist)

“i got scratches, all over my arms
one for each day, since i fell apart
i did...oh, what i had to do, if there was a reason, it was you”
(Footsteps)

 
“now the man of the hour
has taken his final bow
as the curtain comes down
i feel that this is just
goodbye for now”
(Man of the hour)

“Like a tear in all we know
Once dissolved we are free to grow

What is human, what is more?

I'll answer this when I get home”
(Severed Hands)

“so sing just like him, fuckers
it won't offend him
just me
because he's dead”
(04/20/2002)



3 maggio 2012

Canzoni e onestà

Non ho mai combattuto e posso scrivere la mia indignazione per la guerra...
Cerco di non prevaricare il prossimo e posso scrivere di chi lo fa...
Sono laureato in storia (anche se non sembra) e posso scrivere di fatti storici...
Sono stato a contatto con i "matti" e posso scriver di loro...
Ho amato (credo) e posso cantar d'amore...
Ho sofferto e posso scrivere come catarsi...
Tutto sommato ed in maniera involontaria, ho una certa casuale onestà intellettuale.

27 aprile 2012

Oggi è venerdì, domani si muore

Non sono la terapia, sono il male
Non sono la cura ma la malattia

Non sono mattine di sole,
sono catene oscure
Non sono luce, ne festa di liberazione

Ineludibile nell'adattare me stesso
ai segnali smorzati nell'andare
di passi incrinati

Esser aria che intorno si scosta
e ti protegge con virtù nascosta

Spazziamo l'incubo che, stolti!, 
speriamo sia vita
Arrendevoli sotto i dardi
di gioia non goduta

22 aprile 2012

Donne: manuale di sopravvivenza


Tipo 1: La dea della disperazione alcolica (quella con cui, tempo addietro, hai scambiato effusioni sessuali e poi non hai più frequentato).
Si ripresenta dopo essere stata lasciata dal fidanzato che pensava sarebbe diventato compagno di una vita. Vagamente ubriaca, ti abbraccia e ti parla a due centimetri dalla faccia facendo proposte quasi oscene. Le alterna a frasi del tipo “e poi mi ha lasciato, quello stronzo”. E tu la guardi e ti chiedi cosa sarebbe il caso di dire.
Ci possono essere tre risposte tipo:
1.la qualunquista: non ti meritava
2.la veritiera: te credo!!! Dopo cinque minuti passati con te anche un convegno sulle prospettive future dei giovani cambogiani sembra molto interessante
3.la triste da non usare mai (per portarsela di nuovo a letto): posso consolarti io
Io opto per un silenzio qualunquista e reale e che non esclude il “ritorno”.

Tipo 2: La straniera (quella che si capisce che vorrebbe scambiare effusioni sessuali).
La conosci da qualche anno e hai mantenuto sempre un rapporto socialmente professionale. Cioè, non ha mai dato segni di volere andare al di la di una bibita, di giorno ed in luogo affollato.
Quella che potremmo definire un pseudo-amicizia a tempo perso senza secondi fini.
Costei, invece, ti ricontatta perché offesa del fatto che non le hai prestato particolari attenzioni. Il tutto in una situazione nella quale l’unica cosa che vi unisce è chi versa la birra al bancone.
Dopo la recriminazione tu, povero inetto, resti a chiederti: se non è mai successo in questi anni, ha bisogno di uno schema per capire che non se ne farà mai di niente? E ti autoconvinci che venga da un paese estero con usanze sociali dissimili dalle tue.

Tipo 3: Le fanS
L’amico ti preleva da amichevoli chiacchere dicendo “ti porto dalle fie che ti vogliono conoscere”. Già la frase di per se crea l’idea di una gita da un ginecologo amico suo. E poi, è proprio il termine “fie” che non sopporto. Cos’è? La parte per il tutto?
In più, non sai mai cosa dire in queste situazioni. Ti vogliono conoscere per sapere il tuo punto di vista su questioni filosofiche di importanza capitale per il mondo? Nella realtà, si limitano a dirti che assomigli all’attore Tizio o all’attore Caio e tu scuoti la testa. Questo è il segnale che le obbliga a dire “macomenontelohamaidettonessuno?!?!”. Come se la popolazione mondiale che incroci non avesse altro da fare. Mentre, in verità, tu pensi di essere un Sempronio qualsiasi.

Tipo 4: Miss De ja-vù (quella che non ti vuole)
È sempre esistita. Ha cambiato aspetto e nome negli anni ma alla fine, col passare del tempo, assomiglia a tutte le altre portatrici del vessillo regale del diniego.
Ma che ci possiamo fare? Niente. È sempre un piacevole de ja-vù!

G-Luck, Folks!

13 aprile 2012

Alcune verità

  1. non andare mai dal barbiere la mattina dopo una sbronza colossale e con poche ore di sonno alle spalle…
  2. se il buon giorno si vede dal mattino…questa sarà una giornata di merda
  3. non vendere mai la pelle dell’orso…al mare
  4. correre è inutile quando si sa che prima o poi bisogna fermarsi
  5. meglio riflettere e poi specchiarsi
  6. mai darsi per vinti ma nemmeno vincenti
  7. Ad ogni azione deve corrispondere una reazione. Possibilmente più forte e incisiva
  8. Scoparsi una di destra è fottere i fascisti dall'interno

12 aprile 2012

No matter how cold the winter...

Sarebbe bello riuscire a fare una lista degli errori commessi. Potrebbe essere utile. Ma anche no.
Perchè sono vivo e ho voce e mani per dare vita a canzoni. Di altri o mie.
E poi le risento e sto bene.
Un benessere diverso da quello dell'esecuzione ma si tratta sempre di vibrazioni positive.
Durante un'esibizione devo stare attento a chi suona con me, buttare un occhio alla gente davanti, evitare di fare errori o di esagerare. Ogni tanto ci sono degli istanti in cui mi ritrovo ad esser parte di un unico organismo regolato dalla musica. Può essere una frase. Oppure una nota. O uno sguardo con qualcuno. A volte, un movimento con il braccio o con la mano. Si accende una spia nella testa, di colore verde, che mi dice che va tutto bene e che la via è quella giusta.
Risentendomi, invece, evitando di far troppo la conta degli errori o delle cose migliorabili, si avvia un senso di deja-vù con cadenza fluttuante tra presente e passato. E, in alcuni momenti, ritorna netta la sensazione di esserci per restare. Perchè niente e nessuno potrebbe smuovermi da quella melodia.
Perchè mi basta una chitarra o semplicemente la mia voce e sono contento così. Aver imparato un modo di esprimermi che può raggiungere chi ascolta ma, cosa più importante, raggiunge me stesso. Dentro. In profondità.
E va bene così.
E alcune canzoni mi dicono che andrà tutto per il meglio.
Tutto il resto serve come sfondo. Mentre resto piantato in terra con i piedi ben saldi e la testa lucida e pronta.
E, tra una frase e l'altra, quello che conta è solo respirare.

9 aprile 2012

Cinque Versi - Pearl Jam #2


Vacate is the word...vengeance has no place so near to her
 (Immortality)

 “You're an angel when you sleep...
How I want your soul to keep of and all around the bend
 (Around The Bend)
I am ahead, I am advanced
I am the first mammal to make plans, yeah
I crawled the earth, but now I'm higher
Twenty-ten, watch it go to fire
It's evolution, baby
(Do the evolution)
And fuck me if I say something you don't wanna hear from me
And fuck me if you only hear what you wanna hear
Fuck me if I care,... but I'm not leaving here
(Save You)
 
It's an art to live with pain,... mix the light into grey...
(Love Boat Captain)

8 aprile 2012

Cinque Versi - Pearl Jam


Oh, dear dad, can you see me now?
I am myself, like you somehow
(Release)

Escape is never the safest path
(Dissident)

My god it's been so long, never dreamed you'd return
But now here you are, and here I am
Hearts and thoughts they fade...away...
 
(Elderly woman)

I'll swallow poison, until I grow immune 
I will scream my lungs out till it fills this room
(Indifference)

Nothing's changed, but the surrounding bullshit, that has grown...
(Off He goes)

Dreams & Visions #2


Sono nell’androne di un palazzo vecchio. Meglio dire, storico.
Dove raggiungere il tuo appartamento.
Le scale, all’inizio normali, diventano sempre più impervie. Prima strette, poi ripide. Poi passano attraverso alcuni cunicoli.
Devo reggermi al muro, abbassarmi, inginocchiarmi, quasi sdraiarmi.
Arrivo al piano più alto dell’edificio, senza trovare casa tua, e mi ritrovo in una camera da letto dove una coppia dorme.
Le pareti ed i mobili sono bianchi, così come le lenzuola. Tutto candido e luminoso.
I due si svegliano e mi guardano. Chiedo scusa e mi giustifico, dicendo che mi sono perduto.
Mi dicono di non preoccuparmi e che la cosa importante è conoscere cosa si vuole per potersi ritrovare.
Inizio a scendere. Scivolo. Cado dalle scale, rotolando senza sentire dolore, solo il rumore di ossa in frantumi e pelle che si lacera.
La caduta si arresta su qualcosa di morbido. Apro gli occhi.
Sono seduto su un divano rosso, in un bel salotto. E tu sei accanto a me e mi guardi.
Provo a spiegarti il perché della mia presenza ma il tuo sguardo mi fa capire che già lo sai.
Hai, finalmente, già capito tutto.
Mentre sono indeciso su cosa fare, entrano, ridendo, i tuoi genitori.
Provo imbarazzo e, di nuovo, sono pronto a dare spiegazioni non necessariamente richieste.
Loro, invece, mi salutano come se fosse normale trovarmi lì. Come se fossi una presenza definita e consueta.

Apro gli occhi. Sono le 8:12 della mattina di pasqua e non ho più voglia di dormire e sognare.

7 aprile 2012

Cinque Luoghi

1.Tarifa, Spagna. 1995
2.Isla Mujeres, Messico. 2010
3.Tokio, Giappone. 2009
4.Parigi, Francia. 1997
5."casa"

6 aprile 2012

3 years ago...

Aveva messo i bambini a letto. Non sapeva che sarebbe successo. Tutti lo avevano rassicurato che non c'era alcun pericolo. Ricorda che le chimavano "scosse di assestamento". Una cosa normale, niente di grave. Sapeva che l'Italia era zona sismica e che alcuni lievi fenomeni erano alquanto frequenti.
Ogni tanto pensava che, in passato, in altre parti del paese, c'era stati episodi drammatici legati ai movimenti della terra ma confidava nella scienza e nella tecnologia che usava.
Prima di andare a dormire, aveva finito di vedere un film in dvd. I bambini ormai dormivano ma teneva il volume della tv contenuto per non svegliarli.
Li aveva salutati come sempre. Un abbraccio, un bacio, un "buonanotte", un "andate a letto che domani c'è scuola".
Domani non ci sarebbe stata scuola. Domani non ci sarebbe stata la sua casa. Non ci sarebbe stata la sua città.
E, cosa che non avrebbe mai immaginato, non ci sarebbero stati i suoi figli a ridere con i compagni di classe, a camminare quelle strade.
Schiacciati dal crollo di una parte dell'appartamento che un tempo chiamava Casa.
Nei giorni successivi la disperazione si era mischiata alla voglia di ricostruire e di veder ricostruite le sue strade ed i suoi palazzi.
La rabbia era sgorgata inesorabile di fronte alla certezza che chi aveva promesso di aiutare le persone come lui, preferiva spostarle in altro luogo piuttosto che far di tutto perchè potessero tornare a casa a vivere e a ricordare il passato prima del dolore.
Quella casa dove aveva toccato e annusato i bambini per l'ultima volta.
Quella casa nella quale aveva scoperto che gli sarebbe sopravvissuto e non li avrebbe visti diventare uomini.

5 aprile 2012

Dreams & Visions


Vedo un uomo seduto alla scrivania. Ha un computer davanti ed una chitarra in braccio.
Sta suonando e ogni tanto scrive qualcosa con la tastiera. Con il mouse fa partire la registrazione. Microfono e chitarra sono collegati ad una scatoletta grigia collegata, a sua volta, al retro dello schermo.
Suona il telefono ed è costretto ad interrompere, sbuffando. Risponde. Dall’altro capo del filo si scusano per il disturbo domenicale ma si tratta di una cosa breve e urgente. L’uomo risponde che non c’è alcun problema. Parlotta un po’. Alla fine saluta e riattacca. Pensa che i problemi più urgenti, sono sempre i più semplici da risolvere.
Si volta verso la cornice sul lato destro della scrivania e si ritrova ad osservare, ancora una volta, la foto al suo interno.
C’è un lui di un paio di anni più giovane.
Pensa che, tutto sommato, non è cambiato molto.
Dalle sue spalle, calano due gambe e sopra la propria testa ne vede un’altra. Gli occhi sono i suoi, le trecce sono di un nero identico a quello che conosce bene, per tutte le volte che ci ha tuffato il viso negli ultimi anni. Delle mani si reggono alla testa. Avvicinandosi, nota che intorno alle unghie sono un po’ mangiate. Quasi fosse un segno distintivo della famiglia.
Sorride e pensa che, in fondo, è cambiato tanto, negli ultimi anni.
Quello che lo ha sempre colpito di quella foto, ricordo di una giornata all’aria aperta, è sempre stato l’occhio che il fotografo ha usato. O meglio, l’occhio della fotografa. In quella foto c’è tutto lo sguardo di lei.
Lo stesso sguardo che ricorda lei aveva una sera di tanti anni prima.
Erano sdraiati sul letto e lei lo guardava in quel modo: come se quello fosse lo sguardo definitvo, come se nessun altro lo avrebbe mai guardato così in futuro. Era quello sguardo che, malgrado tutto, gli dava forza in quel momento.
Era una serata strana: di promesse non accettate, di desideri repressi, di sofferenza. Ma erano anche risate e scherzi. Come sempre. Il suo modo di sdrammatizzare lo portava a cercare di farla ridere e di ridere con lei. Non voleva sminuire l’importanza delle cose dette; voleva, soltanto, allentare un po’ la tensione.
In quel momento sembrava che tutto stesse finendo. Malgrado gli abbracci, i baci, le carezze, il bisogno rivelato con gli occhi, i gesti o le parole.
In quei giorni ogni saluto era stato l’ultimo e non potrà mai scordare il terrore di perderla; o la paura che le cose andassero in una direzione nella quale a lui era vietato andare; oppure il sentirsi bloccato in una situazione senza via d’uscita.
La paralisi data dalla sensazione che il suo futuro sarebbe stato compromesso inevitabilmente per errori commessi in passato.
I suoi pensieri vengono interrotti dal rumore della porta che si apre.
Distoglie gli occhi dalla foto e fa in tempo a salvare quanto registrato prima che, la bambina della foto, arrivi di corsa e gli salti in braccio. Con la bocca sporca di gelato ed un quadrifoglio in mano: “E’ per te! Porta fortuna!”, urla, abbracciandolo.
La ringrazia con un bacio sulla fronte.
Dopo pochi istanti, ecco quello sguardo entrare nella stanza e lui pensa che la fortuna lo ha già premiato anni prima.
E nessun portafortuna potrà mai incrementarla.
E nessun piccone potrà mai abbattere la solidità del muro di quelle sensazioni…neanche dopo tutti quegli anni.

Io sono un'isola


L’isola negli anni, è andata sempre peggiorando.
Il regime instaurato ha avuto alti e bassi ma è rimasto sempre fedele a se stesso.
La volontà di bastare a se è stata la base della politica estera da sempre.
Ci sono stati periodi di apertura, nei quali venivano accolte presenze dall’esterno mentre altre venivano rifiutate in partenza.
Questi periodi sono sempre stati seguiti, in alternanza come le stagioni, da altri di isolazionismo e totale chiusura.
Quando finivano si diceva che era stato meglio così e che la ripresa ci sarebbe stata. Seppur con difficoltà momentanee, è andata sempre in questo modo. Che fossero stati i paesi esteri a ritirarsi o fosse stato il governo a rifiutarli, si restava sempre in piedi.
Oggi, non si vedono tracce di miglioramenti e ripresa. Gli analisti s’interrogano sui perché e non trovano risposta. La razionalità degli studiosi non serve, adesso. La saggezza popolare ed il cuore dell’isola ci puossono venire in aiuto: l’isola non si regge più sulle sole sue gambe.
Si avverte il bisogno di essere affiancati da altri per andare avanti e far si che le cose assumano connotati decisamente più favorevoli.
Perché ogni isola ha bisogno di legami. E non legami qualsiasi. Legami scelti e selezionati. Fino a questo momento, per ogni accordo stipulato si è fatta la valutazione sulla sua effettiva fattibilità e, sempre, il risultato ha portato ad un’interruzione.
Dopo anni di ricerca e tentativi si è giunti alla situazione ideale ed al partner ideale con il quale intraprendere un’esistenza condivisa basata su appoggio e continui scambi.
Sembra però che eventi passati e situazioni odierne contingenti non permettano che tutto ciò avvenga e, mentre il governo dell’isola cerca soluzioni alternative, il suo cuore non riesce a riprendersi. Non riesce a battere come prima. Non riesce a far si che l’organismo funzioni e torni a respirare come sempre.
Ci sono momenti nei quali si dice che tutto andrà bene, ma ce ne sono altri nei quali si resta immobili a fissare un punto ne vuoto che, però, non ha risposte. Ci si trova a prefigurare scenari apocalittici di lento declino.
Forse sarà così. O forse si tratta solo di aspettare tempi migliori. Lasciando che la storia faccia il suo corso e che l’isola torni ad avere quello che si merita, anche se non sempre è stata così meritevole.