9 maggio 2020

Burgos non vale un borgo

Dopo giorni in mezzo al quasi niente, tra campagna e piccoli paesi, l'impatto con Burgos è deflagrante.
Troppa confusione, troppa gente, troppi non-pellegrini.
Cioè, è una città e le città sono così. Mica lo fanno apposta.
Solo che non ce la faccio. Tutto torna vagamente soffocante.
Dalla partenza, ho sentito come se, un laccio che mi stringeva, si stesse allentando. 
Adesso ricominciava chiudersi.
La partenza di Ale, la città, il fatto che manca poco all'obbligatorio ritorno in a casa sono componenti di malessere. Leggero ma presente.
Sono giorni che la mia casa è questo camminare, che la mia famiglia sono i pellegrini, che natale è ogni volta che arrivo ad una delle destinazioni parziali.
Per fortuna c'è ESSE con la quale, pare, si stia creando una bella intesa. "Chimica" la chiamerebbero nei programmi del marito di Maurizio Costanzo.
Alloggiamo in un ostello (non un albergue...).
Camera da quattro insieme ad un ragazzo tedesco.
Il giovane rientra in camera a sorpresa e, trovando una situazione, diciamo, di "lotta imbarazzante", fa volare tutto quello che ha in mano, chiede scusa mille volte e se la da a gambe. Esilarante.
Per terra lascia, documenti e carta di credito. Per sempre, lascia la capacità di guardarci in faccia senza vergognarsi. Anche quando lo fermo per dargli le sue cose che, ancora oggi, ritengo alquanto essenziali per viaggiare.
Ma il premio "viaggiatore dell'anno" gli viene assegnato all'unanimità quando vediamo come si è preparato per dormire.
Ha rincalzato l'asciugamano tra la rete ed il materasso del letto sopra il suo, creando un separè che lo tenga separato ed al sicuro da questi italiani che fanno la lotta.
Del resto nel suo mondo, probabilmente, api e fiori non fanno il miele.

Burgos, 21 Agosto 2017

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