17 ottobre 2010

Fuga

Ho il fiato grosso. il fiatone, si direbbe.
Il sudore ha imbevuto la maglietta, cola dalla fronte, mi riga il collo.
Le gambe vanno avanti quasi per inerzia. Sanno che devono muoversi e lo fanno. Senza chiedere perchè.
Il cuore pompa sangue, veloce, ritmico, forse troppo.
Sto scappando. Sto correndo via di la. Cerco di farlo nel modo più veloce e regolare possibile. Evito di inciampare, provo a non fermarmi finchè non mi sento al sicuro.
Finalmente una sensazione di benessere e la certezza di essere in salvo. Allora decido di fermarmi.
Ora che riprendo fiato, mi guardo intorno e non vedo niente. E' buio. Vado avanti con le braccia tese ed i sensi allertati: per non picchiare la faccia.
Trovo una parete e decido di seguirla. Arrivo ad un angolo e giro, poi un altro ed un altro. Infine un quarto. Mi accorgo sgomento di essere rinchiuso in una stanza senza porte, senza vie di fuga.
L'essere da solo lascia spazio alla consapevolezza che si tratti di un cosa non vera.
Cerco la tasca dei jeans e tiro fuori un accendino.
Faccio girare la rotella e accendo.
E sono tutti li.
Mi fissano.
Aspettano che io dica qualcosa.
In attesa.
Tutti i miei fantasmi, tutte le cose successe negli ultimi mesi, sono li che mi guardano e, adesso, io guardo loro.
La fuga è stata una parentesi inutile, un mero esercizio fisico. Non c'erano posti in cui scappare.
Questa stanza è la mia testa e, ora lo so, è popolata da fantasmi con i quali devo fare i conti.
Ogni singolo momento.
L'accendino si spenge.
Di nuovo notte...

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