8 marzo 2011

Only the good die young

Quando ero piccolo andavo al pratone vicino casa e per ore giocavo con gli amici. Partite di calcio dalla durata interminabile, squadre fatte con l'antica tecnica del pari o dispari e sempre qualcuno che veniva messo in porta, esempio fanciullo di discriminazione, perchè non capace con i piedi.  C'era anche un ciliegio. A turno, a coppie, a terzetti, ci arrampicavamo. Il fatto che ci fossere le ciliegie, o meno, era puramente ornamentale.
Un pò meno piccolo, sopratutto d'estate, andavo al campetto a giocare a pallacanestro. Praticamente tutti i giorni. D'inverno, solo il sabato. Un paio di volte anche il giorno di natale con temperature proibitive.
Si giocava e si parlava. Si parlava e si andava alla bottega a fare merenda. E poi si tornava a giocare. Cinque contro cinque, quattro contro quattro, fino all'uno contro uno. Bastava ci fosse una palla, un canestro e qualcosa di semovente come avversario. Per i normali ma ricordo anche di uno che giocava spalle a canestro contro un albero...
Oggi, ancora meno piccolo, noto la differenza che c'è tra sbagliare o sbagliare un gol, un passaggio o un canestro.
L'importante, oggi come ieri, è non cadere dal ciliegio.

Nessun commento: