20 aprile 2020

Riprendo un vecchio post, mi immergo e provo a finirlo per ricominciare

Il cliché dell'anziano, oggi, è entrato nell'immaginario collettivo come una figura con le mani giunte dietro la schiena che osserva un cantiere. Meglio se dando consigli o commentando con i propri simili.
Io, purtroppo, ho ancora qualche anno prima di potermi unire a tale combriccola. 
Sono, però, troppo avanti con le lune per far parte del meraviglioso mondo dei gggiovani. 
I giovani di oggi vanno a comandare, comprano esami all'università, portano il cappello con la visiera dritta, o ciufferie che sfidano le leggi della fisica. 
Il giovane non ascolta musica. La subisce. 
Talent e radio lo addestrano a riconoscere solo determinate sonorità.
Gli "artisti" un po' seguono le mode, un po' le lanciano. Il confine è molto sottile. 
La sola cosa che conta è tenere l'ascoltatore in una zona di comfort auditivo. Quasi a non voler spaventare il fruitore medio che, per onor della verità, può anche non essere giovane.
Questo porta ad una situazione di stallo: da un lato, si perde la curiosità; dall'altro, si perde il motivo principale per fare "arte".
Chi ascolta resta in piedi senza scoprire niente di nuovo.
Chi produce si siede comodo sul divano del già sentito.
Non voglio dire che, anche in passato, la musica non fosse produzione e vendita di qualcosa ma, negli anni, il lato commerciale è diventato predominante. Forse, sarebbe più corretto dire "commerciabile".
In tutto questo, nutro una grande invidia per tutti quelli che: ascoltano la radio, "la musica mi piace tutta", "hai sentito l'ultima canzone di...", ecc...
Sono persone musicalmente ingenue con una grande fortuna: hanno tantissima musica da scoprire.
Spero prendano uno zaino, una sacco a pelo ed una tenda e si avventurino in un trekking a ritroso nel tempo che li conduca a conoscere artisti e dischi che, ad oggi, ignorano.

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